il Giornale, 29 agosto 2024
Durov in libertà vigilata: «Resti in Francia»
Il termine di 96 ore per il fermo è scaduto e così Pavel Durov, fondatore e Ceo di Telegram è stato scarcerato ieri, in un primo momento solo per essere trasferito in tribunale e poi, per ordine della Procura di Parigi, rimesso in libertà libertà vigilata, con divieto di lasciare la Francia, obbligo di cauzione da 5 milioni di euro e di presentarsi alla polizia due volte a settimana. Il miliardario russo, ma con passaporto francese e arabo, deve rispondere di dodici capi d’accusa tra cui l’utilizzo della sua piattaforma messaggistica per la diffusione di materiale pedopornografico e traffico di droga, frode e favoreggiamento di operazioni di criminalità organizzata e (forse soprattutto) il rifiuto di Telegram di condividere informazioni o documenti con gli investigatori quando richiesto dalla legge. E da ieri, secondo indiscrezioni, Durov dovrà rispondere di una nuova accusa: maltrattamenti gravi verso il figlio di 7 anni mentre studiava a Parigi. Il bimbo vive in Svizzera con la madre, che lo scorso anno aveva presentato denuncia formale, accusando l’ex compagno di violenza. Un altro caso, tra i molti misteri che restano tali intorno a Durov, la sua attività e anche la sua vita privata. Secondo il Wall Street Journal, l’imprenditore avrebbe incontrato il presidente francese Emmanuel Macron nel 2018, durante un pranzo. In quell’occasione, Macron avrebbe chiesto a Durov di trasferire Telegram a Parigi ma lui rifiutò. Secondo il quotidiano americano, Macron provò a convincere Durov anche con la concessione della cittadinanza francese ma non ottenne successo. Cittadinanza che per Durov arrivò poi nel 2021. Secondo Le Monde invece, i rapporti Macron-Durov sarebbero ancora più stretti e gli incontri personali molto numerosi. Al punto che i faccia a faccia con il presidente sono stati menzionati anche nel dossier di richiesta di cittadinanza presentato da Durov nel 2021, quando divenne cittadino francese attraverso il meccanismo chiamato «straniero emerito», che consente al all’influenza della Francia». Sempre secondo il Wsj, Durov era comunque da tempo nel mirino dei servizi segreti. Già nel 2017 gli 007 francesi, in un’operazione congiunta con gli Emirati Arabi Uniti, hackerarono il suo iPhone perché la sicurezza francese era preoccupata per il massiccio utilizzo di Telegram da parte dello Stato islamico che stava pianificando attacchi in Francia. Ma non è tutto qui. Secondo un’indiscrezione di Le canard enchainé, organo di stampa da sempre vicino ai servizi parigini, al momento dell’arresto al suo arrivo all’aeroporto di Parigi-Le Bourget, sabato 24 agosto, mister Telegram avrebbe detto agli agenti che lo hanno fermato che quella sera avrebbe dovuto cenare con Macron. L’Eliseo a stretto giro di posta ha formalmente smentito spiegando che «quella sera, il presidente era a Le Touquet», ben distante quindi da Parigi. Ma secondo altre indiscrezioni il mirino francese sarebbe orientato anche sul fratello Nikolai, co-fondatoe di Telegram e ritenuto il vero genio della famiglia. Giallo e mistero intorno a Durov hanno radici profonde. Dai rapporti in chiaroscuro con Putin, ai finanziamenti incassati da oligarchi vicini al Cremlino dopo viaggi ripetuti proprio a Mosca, fino all’ipotesi, nemmeno troppo fantasiosa, che l’imprenditore avesse un accordo con le autorità francesi per consegnarsi ed evitare problemi ben più gravi. Considerando che chi si trova ad avere opinioni discordanti con Putin, solitamente incappa in strani incidenti o avvelenamenti. Non è un caso che a sostegno di Durov si sia mosso soprattutto il Cremlino che ha scoperto una vena liberale nei confronti della libera espressione proprio ora che qualcuno ha «toccato» Telegram. Fingendo di ignorare che in Russia Facebook, Instagram, Whatsapp e in larga parte Youtube sono oscurati e inutilizzabili. Ma oltre al discusso Edward Snowden e a Elon Musk, a muoversi sono stati soltanto personaggi che pascolano dalle parti del Cremlino. Il vicepresidente della Duma Davankov e membri del suo partito hanno piazzato aeroplani di carta con la forma del logo di Telegram davanti all’ambasciata francese a Mosca. Il portavoce di Putin Dmitri Peskov ha attaccato Parigi parlando di tentativo di intimidazione e di arresto politico. Ambiguità e misteri restano tanti e tutti da risolvere. Così come un caso che, in un modo o nell’altro, resterà aperto.