la Repubblica, 29 agosto 2024
La classe nomade farà tremila chilometri in un anno
Nei sentieri tra i boschi il suono della campanella non arriva. E allora a scandire l’inizio e la fine delle lezioni saranno il sole e la pioggia, mentre i paesaggi saranno d’ispirazione per gli argomenti da studiare. E con oltre tremila chilometri di cammino, da Orvieto fino a Palermo, per poi risalire a Trieste in 240 giorni all’incirca, il progetto sperimentale Strade Maestre si propone di dare forma a un’idea di scuola nuova, in cui anche la fatica, la scoperta e l’impegno possano diventare insegnantid’eccezione. In comune con una classe tradizionale, oltre alle vacanze di Natale e Pasqua, rimane solo lo zaino in spalla. Ma dentro non ci sono libri, solo vestiti comodi, attrezzatura da trekking e un tablet per consultare il materiale didattico. Anna Scaramucci, 17 anni, sta cercando di farci stare anche le scarpe da corsa: «Miservono per smaltire lo stress. Sono ottimista, ho già fatto due cammini di qualche giorno e sono stati un’esperienza unica. Ma un anno fuori casa, lontana dalla famiglia, sarà complicato». Friulana, studentessa di Scienze umane a Udine, è una delle studentesse e studenti di quarta e quinta superiore che da tutta Italia hanno risposto all’appello della cooperativa sociale Cammina-Menti, promotrice del progetto in collaborazione con Aigae e Cai.Fatta eccezione per Lisa, che già studiava da privatista in casa con il supporto di genitori, libri e podcast, gli altri arrivano da scuole pubbliche e private, quasi tutti da indirizzi diversi. «Di certo questo complica le cose – sorride uno dei tre ideatori, Marco Saverio Loperfido,documentarista con una specializzazione in pedagogia —. Ma ci lavoriamo da mesi: abbiamo incrociato tutti i programmi per vedere quali argomenti sono comuni a più studenti e cosa invece è specifico. Le lezioni saranno personalizzate». Loperfido è anche una delle cinque persone che per l’intero anno scolastico accompagneranno la classe, vestendo i panni di docenti e di guide escursionistiche. A lui spettano la filosofia, la geografia e l’italiano, ad altri l’educazione civica e la storia. Roberta Cortella, docente alle scuole medie, coprirà le lingue, «ma ci sarà tanta trasversalità. Mi sono rimessa a studiare con un entusiasmo che non avevo nemmeno a 17 anni. Il fatto che i genitori ci affidino i loro figli è un grande segno di fiducia: non siamo perfetti e nemmeno così presuntuosi da credere di aver trovato un metodo didattico infallibile, ma sentiamo l’esigenza di costruire tutti insieme qualcosa di nuovo».Il cammino stesso suggerirà i temi da trattare: «Ad Agrigento parleremo di Pirandello, a Sutri dell’Orlando Furioso – prevede Loperfido–. Anche se l’iter risponde più a esigenze logistiche che didattiche, prima tra tutte quella di trascorrere i mesi invernali al Sud». Non mancheranno materie meno convenzionali, dall’ orienteering alla mappatura, ma anche falegnameria, teatro e podcast.I costi potrebbero essere proibitivi per qualcuno, perché la retta richiesta per coprire spostamenti, vitto e alloggi è di ottomila euro a studente. «Ma abbiamo aperto uncrowdfunding per aiutare chi non può permetterselo e una volta lì le spese saranno quasi pari a zero – assicura Loperfido –. La retta serve per far fronte all’essenziale, perché noi insegnanti partiamo tutti come volontari. Ma sappiamo che per le utopie bisogna sbilanciarsi, i frutti si raccolgono dopo». La speranza è di gettare le basi per un progetto che duri nel tempo. «Ho accettato subito, anche se per quest’anno ho dovuto prendere un’aspettativa», si accoda Cortella. Parte dei pernottamenti verranno poi offerti da enti e associazioni, una collaborazione non solo economica. Per alcune tratte, infatti, il cammino sarà diviso con sei ragazzi dell’Associazione italiana persone down, con altri dal dipartimento di salute mentale dell’Asl di Roma e con giovani migranti.Ad attendere gli studenti a giugno ci sarà poi lo svolgimento di una prova di idoneità per essere reinseriti nei rispettivi percorsi scolastici, mentre Anna e Lisa dovranno affrontare anche l’esame di Stato. «Faremo del nostro meglio per farli arrivare pronti, ma la speranza è che tornino anche con qualcosa in più – confessa il professor Cortella —. Credo che confrontarsi con la frustrazione e superare i propri limiti sia una soluzione a tanti disagi giovanili. E se non riusciremo a terminare l’intero programma poco importa, spesso non si riesce a farlo nemmeno a scuola».