Corriere della Sera, 29 agosto 2024
Björn Höcke, candidato emergente dell’Afd
I tre passi con cui Björn Höcke salta sul palco, in jeans e camicia bianca, tra un autolavaggio e un supermercato d’una periferia di Erfurt, mostrano il fisico coltivato e il passato d’insegnante di ginnastica qual è stato. Le parole che ripete, in ogni combinazione, «deutsch», «deutsches Vaterland (patria tedesca)», «liebe Deutsche» (cari tedeschi) sono quelle di un rivoluzionario – ultranazionalista, conservatore, radicale – che ha incantato questo pezzo di Germania dell’Est. Quando domenica la sua Turingia e forse la Sassonia spingeranno l’estrema destra dell’Afd al primo posto in un’elezione di Land – in una drammatica cesura e rottura con 80 anni di dopoguerra tedesco —, anche se non troverà alleati per governare sarà lui l’uomo delle copertine. Perché Björn Höcke usa parole che dalla fine del nazismo nessuno più in Germania ha osato pronunciare in pubblico. Lui, sì. Pagando, per questo, anche le multe.
Chi è davvero Björn Höcke? Lo chiediamo, in due giorni in giro per il Land, a chi l’ha osservato all’opera. «È un ideologo, non un pragmatico», risponde il giornalista Ulrich Sondermann-Becker. «Della Turingia gli importa poco, ha per obiettivo la Germania. E usa queste elezioni per creare la sua piattaforma nazionale».
Bodo Ramelow, il governatore della Linke con alto gradimento personale e quasi nulle chance di riconferma, risponde così a un gruppo di giornalisti della stampa estera: «È un fascista tedesco. Ed è molto pericoloso». Höcke sul suo sito personale, dietro gli occhiali a specchio, si definisce in tre parole: «Amico del popolo. Prussiano. Dissidente».
Come ha fatto questo insegnante in congedo – anche di storia, oltre che di ginnastica – di 52 anni, occhi azzurri e capelli grigi tagliati corti a finire per simboleggiare i peggiori incubi tedeschi? Almeno di quella estesa maggioranza che lo ritiene un pericolo per la democrazia? Se concediamo che l’Afd – troppo tollerante con i criminali SS perfino per Marine Le Pen che l’ha fatta espellere dal proprio eurogruppo – ha più anime, quella rappresentata da Höcke è la più nera, e revanscista.
Höcke pesca nell’Est che sbeffeggia i partiti tradizionali, che subisce le sirene russe, che è elettoralmente un’altra Germania, ma dell’Est non è figlio. È nato in Renania. E se l’infanzia di un leader dice qualcosa, della sua ha raccontato che stretto nel lettone tra i due nonni fuggiti dalla Prussia orientale dopo la rotta della Wehrmacht, ascoltava la storia dell’esodo di 10 milioni di tedeschi, della grande «ingiustizia». Il nonno, il padre: una famiglia che d’aver ammirato il Führer non s’è mai vergognata. Era ossessionato, il giovane Höcke, dal bombardamento di Dresda, di cui in tempi più recenti ha detto che era un tentativo «di uccidere a fine guerra più tedeschi possibile».
Ci ha messo molti anni a passare dalla clandestinità del pensiero, dell’educazione privata, al palco dell’incantatore. I suoi studenti di Neuwied – come ha raccontato un bellissimo articolo del Tagesspiegel — ricordano che portava pantaloncini troppo corti in stile anni Cinquanta, che era un bravo insegnante, che si capiva quali idee avesse ma non le esprimeva. Però che a un certo punto gli fu vietato dal preside di insegnare l’Olocausto. Il passaggio d’obbligo, in cui Höcke sceglie la via pubblica è dopo il 2003 quando conosce e lavora con l’editore e figura chiave della neo-destra tedesca, Götz Kubitschek. Nel 2008 si trasferisce a Est, ha quattro figli cui dà nomi dalla mitologia nordica. Quando nel 2013 viene fondata l’Afd, ha trovato il suo partito. L’ala che guida in Turingia si è radicalizzata. E dal 2021 è sotto controllo dei servizi segreti, perché alcune sue attività sono state giudicate dai tribunali «anticostituzionali».
C’è una cosa che rende Höcke veramente rivoluzionario. L’uso della lingua tedesca. Emotivo, poetico, in altri tempi si direbbe da letterato post-dannunziano, si è spinto dove nessuno – nel codice asettico della politica tedesca – ha più osato. Alcune frasi. «I tedeschi hanno nostalgia di una figura storica che curi le loro ferite» (2018). «Quando arriva il tempo della svolta, i tedeschi non fanno le cose a metà». Sempre attento a non superare i limiti di legge. Sul palco di Erfurt parla del «cartello dei partiti» che vogliono mischiare i popoli, diluendo lo spirito tedesco. Con l’attentato a Solingen è andato a nozze. Ma non è per questo che sarà votato in Turingia. Bensì per qualcosa di più profondo e inafferrabile, forse indicibile, che decine di libri anche recenti sull’Est faticano a spiegare.