Corriere della Sera, 29 agosto 2024
Sospetti sulla morte di altri due mariti di Carneiro
Milano - La «magia nera» e i sospetti su altre morti. Si allargano le indagini sulla brasiliana Adilma Pereira Carneiro, la «Mantide di Parabiago» accusata di aver commissionato il delitto del compagno Fabio Ravasio, travolto da un’auto pirata il 9 agosto mentre rientrava a casa da un giro in mountain bike.
La banda di complici ed esecutori materiali del delitto – sull’auto pirata c’erano il figlio Igor Benedito, brasiliano di 25 anni, e il marito (formalmente non erano separati) Marcello Trifone, 51 anni – s’è arricchita di un altro tassello. Si tratta di un meccanico di Parabiago, il 40enne Fabio Oliva, fermato ieri dai carabinieri di Legnano su ordine del pm di Busto Arsizio, Ciro Caramore. È accusato di aver aggiustato la Opel Corsa intestata alla donna e usata (con una targa falsa) per travolgere Ravasio. La macchina era ferma da tempo e il meccanico l’avrebbe resa «marciante» prima del finto incidente. Non un semplice intervento tecnico, perché il 40enne sarebbe stato a conoscenza del piano omicida e, secondo la Procura, avrebbe anche «consigliato agli esecutori di utilizzare proprio quella vettura» e non altre auto che avevano a disposizione.
Il nome di Fabio Oliva era emerso già nei primi interrogatori quando Fabio Lavezzo, fidanzato di una delle figlie della donna, assoldato come «palo» per segnalare il passaggio della vittima, a verbale aveva detto di conoscere Oliva come «meccanico della famiglia»: «Me lo avevano presentato a una festa». Circostanza confermata dall’altro «palo», Mirko Piazza, il «tuttofare» del marito della donna: «L’ho visto una volta a casa della mia fidanzata prima della progettazione dell’azione criminosa». Ai due arrestati «pentiti» i magistrati hanno chiesto con insistenza anche di un agente della polizia locale di Parabiago sui quali sono ancora in corso accertamenti. Non risulta indagato.
Ma l’inchiesta corre. E anzi, negli interrogatori sono emersi altri dettagli inquietanti. Massimo Ferretti, barista di 47 anni e amante della 49enne, ha detto di essere stato parte del piano (per la Procura era il «telefonista») perché «innamorato»: «Mi vergogno a dirlo, ma ho partecipato alle riunioni per ucciderlo perché amo Adilma. Lei mi tiene soggiogato con i suoi riti di magia nera». La donna, originaria di Natal, capitale del Rio Grande do Norte, era una «sacerdotessa» e «riceveva in corpo gli spiriti». Al centro i rituali della religione afrobrasiliana «candomblé». Secondo l’uomo, Adilma era esperta di «magia nera», faceva «riti» ed era molto legata a un santone brasiliano («pai de santo») al quale in questi anni avrebbe anche dato soldi e regali. A conferma di tutto questo, nel congelatore di casa i carabinieri avrebbero scoperto parti di animali, cuori e cervelli, da utilizzare durante i riti.
Ma non è tutto. Dopo i primi accertamenti sono spuntate altre due morti «sospette». Si tratta di due ex mariti della 49enne. Il primo, brasiliano da cui ha avuto due figli, risulta essere morto assassinato in patria. Il secondo 48enne di Sedriano nel Milanese, sarebbe deceduto ufficialmente per un infarto. L’uomo le ha lasciato in eredità una casa in Puglia che risulta ancora intestata ad Adilma Pereira Carneiro. Due «gialli» che non sono ancora entrati ufficialmente nell’inchiesta ma sui quali la Procura di Busto e i carabinieri vogliono cercare di fare luce. Perché il movente della morte di Ravasio è legato proprio all’eredità. Il continuo bisogno di soldi della donna è il leitmotiv delle molte testimonianze raccolte in questi giorni. Per il giudice, che ha confermato il carcere nei confronti della 49enne e dei primi cinque complici, la donna «è sempre stata vittima della sua cupidigia».