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 2024  agosto 28 Mercoledì calendario

Da Pistelli a Calenda. La lunga lista di politici che Matteo Renzi ha truffato

Sono tanti. Potrebbero unirsi in una comunità di recupero, un gruppo d’ascolto o una squadra di pallone per abbracciarsi con lo stesso trasporto di Elly e Matteo. I “truffati” di Renzi, quelli che hanno pagato sulla propria pelle la scaltrezza brutale del “rottamatore”, fanno parte di un elenco in aggiornamento.
In origine fu Lapo Pistelli. Ex democristiano e fiorentino, è stato amico e maestro politico di Matteo, che gli fece anche da collaboratore parlamentare nel 1996 (stipendio: 2 milioni e mezzo di lire). Nel 2008 Pistelli era il successore naturale di Leonardo Domenici, sindaco uscente di Firenze del Pd. Tra lui e Palazzo Vecchio, un solo ostacolo: il vecchio portaborse. Renzi sfida e batte il suo mentore. A partita finita, affigge sulla porta del comitato elettorale questo messaggio: “Chiuso per manifesta superiorità”. Pistelli non la prese bene: non si sono parlati per due anni. Più tardi ha trovato modo di scherzarci su, nel 2014 si è confessato al microfono di Un giorno da pecora: “Matteo è uno di cui fidarsi, certo. Finché non cambia le regole del gioco”. Tra gli amici fiorentini va citato anche Graziano Cioni, l’ex assessore sceriffo. Anche lui partecipò alle primarie di centrosinistra per scegliere il candidato sindaco di Firenze. Correva quasi in ticket con Matteo: “O vinco io o vince Renzi e va bene”. Cioni venne tagliato fuori da un’inchiesta su corruzione e violenza privata (da cui fu assolto sette anni più tardi) e l’alleato lo cancellò in fretta, con un tratto di matita: “Il passo indietro di Graziano – disse Renzi – è utile e positivo”.
In tempi più recenti, i “truffati” hanno nomi noti e storie celebri. Ma pochi ricordano che all’inizio il gemello “rottamatore” di Matteo era Pippo Civati, con cui organizzò anche la prima Leopolda nel 2010. La collaborazione durò poco e anche l’amicizia fu sepolta da calcoli e battute velenose (“Mi disse che prendevo pochi voti – ricorderà Civati più avanti – e alla seconda Leopolda non fui nemmeno invitato”).
Nel 2013 Pier Luigi Bersani è caduto per una serie di errori politici – l’ultimo, la scommessa su Romano Prodi al Quirinale e lo psicodramma dei 101 franchi tiratori – ma è difficile negare che Renzi abbia dato il suo contributo a indebolirlo, nonostante gli avesse promesso lealtà dopo le primarie del Pd dell’anno precedente. Poi è toccato a Enrico Letta. Qui siamo al manifesto del renzismo: “Enrico, stai sereno”, 17 gennaio 2014. Il 14 febbraio Letta lasciava Palazzo Chigi. Lo sguardo gelido al passaggio della campanella resterà nella storia fotografica del paese.
Giuseppe Conte è stato silurato dall’ennesima operazione renziana di palazzo nel momento di massima popolarità, dopo la gestione della pandemia. Anche in questo caso, i tempi comici di Renzi sono tutto. Il 15 dicembre 2020 Matteo dichiara: “Non ci penso nemmeno a fare cadere il governo”. Il 13 gennaio 2021 Italia Viva apre la crisi. L’ultimo beffato è Carlo Calenda, che si era illuso di domare Renzi e usare il simbolo di Italia Viva per partecipare alle Politiche del 2022 senza raccogliere le firme (e senza pagarne dazio). Matteo gli aveva promesso il ruolo di frontman, diceva che si sarebbe accontentato di lavorare da “regista” dietro le quinte. Il resto è cronaca buffa del più disastroso matrimonio della politica italiana.
Ma in definitiva il più grave e feroce tradimento di Renzi è nei confronti degli elettori del Pd. Nel 2013 gli affidarono il partito sulla base di una promessa di rinnovamento, dopo poche settimane si sono trovati in casa Berlusconi con il patto del Nazareno. Renzi ha annichilito la tradizione della sinistra italiana, ha trasformato il Pd in un partito personale e un contenitore senza identità. Dopo una breve stagione di consenso, ha pure smarrito i voti. Poi se n’è andato, ha fondato un altro partito, ha provato a competere con il Pd e non c’è riuscito. Ora, come se nulla fosse, vuole tornare da alleato. I veri “truffati” sono i milioni che hanno creduto in lui.