La Stampa, 28 agosto 2024
Biografia di Vincenzo Pasquino, il nuovo Buscetta
«Mi chiamo Vincenzo Pasquino. Sono nato a Torino il 3 ottobre del 1990, un tempo avevo un’impresa edile. Procedimenti penali in corso? Diversi. Intendo collaborare e rendere dichiarazioni spontanee in ordine a carichi di cocaina che mi sono contestati. Ammetto tutte le mie responsabilità».È il 7 maggio scorso, ore 10,32, Roma, carcere di Rebibbia. Di fronte a due magistrati e a un alto ufficiale del Ros tra i migliori investigatori al mondo nella lotta al crimine organizzato, Pasquino, ora collaboratore di giustizia, già ribattezzato dai media carioca «Il nuovo Buscetta», parla per ore del business più remunerativo del mondo: il traffico di cocaina. «Compravamo un chilo a 2 mila dollari, che diventavamo 3500 euro per pagare “la salita” verso l’Italia attraverso i porti europei». Elenca 27 spedizioni – tentate o riuscite – dal 2018 al 2022. La media dell’invio 90 kg «ma con alcuni – precisa – non ci si muoveva per meno di una tonnellata».Fa i nomi dei cartelli che lo hanno spedito ormai 7 anni fa in Sud America a vivere da narcos, da broker, da contractor per le forniture di coca ai più importanti sodalizi della ‘ndrangheta nel mondo. Volpiano (Torino), Platì, San Luca.Nei giorni scorsi il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha inviato un documento al procuratore generale Paulo Gonet, informando le autorità brasiliane che una parte delle «dichiarazioni e confessioni appaiono pertinenti ad indagini riservate alla giurisdizione della Repubblica del Brasile, riferite al traffico di droga organizzato da gruppi criminali legati al Pac e al Cv di cui avrebbe incontrato i vertici». Secondo «O Globo», principale quotidiano di Rio De Janeiro «Pasquino, ha raccontato di far parte della ’ndrangheta dal 2011 e di essere il responsabile in Brasile della logistica per l’invio di droga in Europa dal 2017». Un eloquente intercettazione lo conferma: «Io ho in mano Brasile ed Ecuador», dice a un sodale quando già la sua chat «riservata» è stata bucata come un pallone da calcio e la sua carriera da uomo di punta dell’Aspromonte sul fronte del narcotraffico mondiale sta per sgonfiarsi.Nel Paese sudamericano, aveva stabilito la sua base nel quartiere di Tatuapé, a San Paolo, area dove i leader del Pcc (Primeiro Comando da Capital) possiedono numerose proprietà di lusso ed è soprannominata dai magistrati locali «Little Italy». I carabinieri del nucleo investigativo di Torino all’epoca comandati dal tenente colonnello Andrea Caputo lo avevano scovato in Sud America nel 2021 poco dopo l’arresto di altri due grandi broker di coca come Nicola e Patrick Assisi (una fotocopia del documento di Pasquino fu trovato a casa loro) al termine di un’indagine complessa. Che – assieme al Ros – metteva insieme chat Sky Ecc «violate», localizzazione di «criptofonini» e uno strano viaggio di alcuni familiari dall’Uruguay al Brasile. Fatta di staffette, macchine, tratti di viaggio percorsi su un’anonima corriera di turisti, e poi di nuovo treni, auto: un risiko per eludere i controlli. Invano.Il tema è che «O Globo» – citando fonti investigative brasiliane finora mai smentite – riferisce che «Pasquino ha presentato almeno tre nomi in codice utilizzati nelle conversazioni con membri delle fazioni criminali brasiliane». Secondo il rapporto degli inquirenti, l’elenco è importante perché in Europa è stato possibile decifrare le conversazioni scritte in un’apposita applicazione sequestrata al mafioso italiano. E che starebbe facendo i nomi delle organizzazioni con le quali conduceva gli affari in nome e per conto dell’élite della mafia calabrese. Che sarebbero poi esponenti di rilievo – se non di vertice – del Pcc, acronimo del «Primeiro Comando da Capital», la più grande organizzazione criminale brasiliana, con circa 11.000 membri, presente soprattutto nelle aree di San Paolo e della Triple Frontera: Paraguay, Argentina, Colombia e Uruguay. «E a San Paolo – confida un’autorevole fonte investigativa a La Stampa – il Pcc è come la ‘ndrangheta nella Locride».È la prima volta che questa joint venture – pur nota agli investigatori più specializzati – emerge in tutta la sua plasticità. Stesso discorso vale per i rapporti intrattenuti – sempre secondo «O Globo» – da Pasquino con il Comando Vermelho (CV) – originariamente «Falange Vermelha», un’organizzazione criminale fondata nel 1969 nella prigione di Cândido Mendes, nell’Ilha Grande (Rio de Janeiro), nata come network di prigionieri comuni e di militanti politici oppositori della dittatura militare.Pasquino sta parlando da mesi con i magistrati di Torino che per anni lo hanno braccato con indagini dei carabinieri in serie e condanne pesanti condotte dal pm Paolo Toso, dai colleghi Livia Locci, Monica Abbatecola e Antonio Smeriglio (deceduto prematuramente nelle more dell’inchiesta) e di Reggio Calabria. Ma non solo. Per dare un’idea della portata potenzialmente esplosiva di ciò che sta raccontando, vengono in aiuto alcuni stralci dei primi verbali: «Quando nel 2017 sono andato in Brasile sono partito dall’aeroporto di Zurigo verso san Paolo. Qui mi sono venute a prendere persone del posto che collaboravano con noi. E in elicottero mi portarono a Playa Grande. Ho fatto partire una nave con 200 kg di coca dal porto di Bolivar, altri 75 provenienti dal Paranaguà diretti al porto di Anversa. I soldi, attraverso i “doleiro” di origine cinese e araba arrivavano in Brasile dopo che venivano trasportati a Torino e Milano attraverso dei camion dalla Calabria. Tre carichi da 325 kg nascosti negli stock di pellet che non sono andati a buon fine sono partiti da Santos, un altro container da 170 kg era destinato al Belgio. Per altri 500 kg il carico è partito da Itapoe (Santa Caterina) con direzione Gioia Tauro». Ancora: «In quell’occasione “omissis” mi chiese se avessimo modo di spedire cocaina in Australia via Singapore. Alcune Persone andarono a Guayaquil (Ecuador) a prendere la droga dai colombiani. Con loro ho avuto contatti tramite SkyEcc per organizzare la consegna». E poi: «C’è un successivo carico dei 75 kg ad Anversa caricati nella legna e provenienti da un altro proto brasiliano». Infine: «Abbiamo fatto ulteriori 100 Kg partiti dal Porto di Bolivar, con una nave diretta a Gioia Tauro, nave che ha fatto transito in Colombia o a Panama. La cocaina era nascosta in un container di trasporto banane. I panetti erano marroni con scritta nera su fondo bianco “Tarn” o “Tem"». Il nuovo Buscetta