La Stampa, 28 agosto 2024
La Lega sta cambiando pelle?
L’estate a briglia sciolta di Matteo Salvini non c’è stata ma in compenso, alla vigilia del fatidico vertice di maggioranza della ripresa gli alleati registrano l’agosto libera-tutti del suo partito: una Lega che non si capisce più cos’è, nordista forse, di sicuro vannacciana, putiniana e trumpiana di ritorno, sempre di più somigliante a un franchising di estremismi che lavorano ciascuno per se’e per personali, specifici interessi.Anche il celebrato moderatismo della “vecchia guardia” alla Luca Zaia ha abbandonato la sua antica prudenza. Parla il ministro Roberto Calderoli, padre della riforma-icona delle Autonomie, e si scaglia contro il referendum, dice che chi lo chiede spaccherà l’Italia, invitando implicitamente il governo ad abbandonare ogni linea di cautela e a schierarsi per l’immediata attivazione delle norme. Parla Attilio Fontana, governatorissimo della roccaforte lombarda, e dice che i Lep sono importanti ma su tutto il resto le competenze dello Stato vanno cedute subito, immediatamente, perché la riforma lo consente senz’altro. La nuova aggressività dell’area Nord fa pensare che, dopo la delusione delle Europee e gli scarsi incassi elettorali in quel mondo, i suoi titolari si siano rimessi in moto e ormai il loro unico progetto sia la conquista – effettiva e non teorica – di poteri sovrani sulle Regioni che gestiscono.L’altra bottega, il nuovo showroom militarista di Roberto Vannacci e dell’associazionismo collegato, è altrettanto effervescente. Il generale sarà a Pontida, 6 ottobre, per la passerella di circostanza che dovrebbe rassicurare i militanti d’antan, ma tutti sanno che l’appuntamento imperdibile, il palco che conta, arriverà ben prima. Sarà il raduno vannaccista di Viterbo, dove tra il 19 e il 20 settembre le truppe del generale saranno contate, pesate, valutate e finalmente si potrà capire la consistenza dell’emporio e la sua potenziale trasformazione in correntone del Carroccio, se non addirittura in partito autosufficiente. Il Comitato Mondo al Contrario (8mila iscritti, secondo il “camerata Fabio Filomeni") e l’associazione Noi con Vannacci dell’ex-leghista Umberto Fusco registrano adesioni a botte da cento: per la prima volta il Capitano e la sua vecchia classe dirigente rischiano di doversi mettere sull’attenti davanti a forze superiori.Il terzo ramo d’impresa è gestito direttamente da Salvini, è il suo sol dell’avvenire, la principale speranza di una segreteria ormai usurata. Una nuova vittoria di Donald Trump, la sconfitta ucraina, il recupero di Mosca come interlocutore apertamente praticabile, l’Europa zelenskiana obbligata a strisciare sotto le forche caudine di un accordo Usa-Putin per la fine delle ostilità. È la magnifica suggestione che il capo leghista cavalca da mesi per tenere insieme il suo movimento. La pronta adesione al gruppo dei Patrioti per l’Europa di Viktor Orban, calamita per ogni limatura filorussa del Continente, è stata il vero salvagente del Carroccio dopo le deludenti elezioni per l’Europarlamento. Se la favola putin-trumpiana avesse un lieto fine, altro che Calderoli, Fontana, Vannacci, altro che Nord e paracadutisti in pensione: la casa-madre salviniana tornerebbe a fatturare come ai bei tempi e ogni altra filiale autogestita dovrebbe adeguarsi.E così, guardando la nuova galassia leghista, il solo minimo comune denominatore che si intravede è la propensione all’estremismo. È estremista il partito dei governatori, con la sua richiesta di appropriarsi senza ulteriori riflessioni di poteri giganteschi dello Stato come energia, commercio estero, reti di comunicazione. È votata al più assoluto estremismo ogni singola parola del vocabolario vannacciano, che ha sostituito le mimetiche ai crocifissi e cancellato l’originario imprinting cattolico del leghismo in nome del pugno di ferro su cittadinanza, carceri, disagio sociale. Ed è ovviamente un assoluto spirito ultras a marcare il catalogo delle esternazioni filo-Trump del Capitano: conto sulla sua vittoria, spero che vinca, mi ricorda Silvio Berlusconi, perseguitato dalla giustizia come lui, lo incontrerò presto, pieno sostegno (e vada al diavolo la cautela richiesta a un vice-premier, con il principio di non interferenza nelle campagne altrui).Alla fine dell’estate libera-tutti della Lega, una sola cosa è chiara: il tentativo di Giorgia Meloni di sterilizzare la concorrenza del Carroccio con un ministero ricchissimo, il progetto-simbolo del Ponte sullo Stretto, la riforma delle Autonomie, le concessioni securitarie su rave, scippi, cannabis light, ha funzionato poco o niente. La linea dell’estremismo appena viene accontentata si sposta un po’più in la’e ogni branca del franchising leghista lavora per tirare la corda, ancora e ancora. Lo stesso Salvini sembra controllare poco l’andamento delle cose: il Papeete-bis stavolta lo stanno facendo gli altri, giorno dopo giorno, e magari lui risulta ancora il capo dell’azienda ma i distributori del marchio lavorano a prescindere, vanno per conto loro.