la Repubblica, 28 agosto 2024
La storia d’amore tra Jean Seberg e Romain Gary
Lei, Jean Seberg, era l’icona del cinema francese, l’archetipo della raffinatezza parigina – capelli cortissimi biondi, androgina, l’indimenticabile maglietta bianca con la scritta Herald Tribune in Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard – ma era nata a Marshalltown, in Iowa e forse non avrebbe neanche voluto fare l’attrice. A diciassette anni aveva partecipato per gioco al gigantesco casting di Otto Preminger per Giovanna d’Arco, e subito dopo era stata la protagonista diBonjour Tristesse, tratto dal romanzo di Françoise Sagan. Lui, ebreo nato a Vilnius, scappato in Francia con la madre, aviatore decorato da De Gaulle con la più alta onorificenza militare francese, era console generale di Francia a Los Angeles ma era uno scrittore. Uno scrittore immenso. Il suo esordio, Educazione europea, era stato un successo. Fotografato da Lee Miller nella sua uniforme blu da aviatore, Romain Gary era su tutti i giornali.Gary e Seberg si incontrano in California, agli inizi degli anni Sessanta, a una cena offerta dal Consolato. Lei ha ventun anni, ed è accompagnata dal marito, un avvocato francese con velleità artistiche. Gary ha quarantacinque anni, alto, occhi blu, grande charme, una voce profonda ed è sposato con una brillante giornalista, anche lei sull’orlo di un grande successo: Lesley Blanch, inglese, collaboratrice diVogue, avrebbe scritto di lì a poco The Wilder Shores of Love,la storia di quattro viaggiatrici dell’Ottocento che lasciano l’Europa per trasferirsi in Oriente, che avrebbe ispirato addirittura Cy Twombly (ne usò il titolo per una sua opera). Racconta Anna Folli inArdore (Neri Pozza) che Romain Gary, che aveva acconsentito a partecipare alla cena con scarso entusiasmo, si innamorò istantaneamente della moglie dell’avvocato francese. E che chiese a quest’ultimo, dopo averli lodati, di poter provare i suoi mocassini. E che l’avvocato, poveretto, prima di uscire gli raccomandò di avere cura di sua moglie quando lui sarebbe partito per la Francia.Troppo? Forse, ma troppo è la dimensione esistenziale di entrambi edel loro amore prima perfetto e poi scassato che si trascinerà fino alla morte di lei, nell’agosto del 1979, quasi vent’anni dopo quel loro incontro. «Diego, mio caro, perdonami. Non posso più vivere con i miei nervi. Ho avuto una ricaduta. Sii forte. Tu sai quanto ti amo, mamma». Il corpo di Jean fu trovato a dieci giorni dalla sua scomparsa nella sua Renault bianca, raggomitolato dentro il cappotto, nel sedile dietro. Accanto una bottiglia d’acqua minerale e confezioni vuote di barbiturici che dovevano bastarle per tre mesi. Ci sono le foto della conferenza stampa che Romain Gary tenne in quell’occasione nella sala riunioni del suo storico editore, Gallimard, per accusare ancora una volta l’Fbi di aver perseguitato per tutta la vita Jean Seberg in quanto fiancheggiatrice della causa degli afroamericani.Gary indossa un abito gessato, ha gli occhi gonfi e i celebri baffetti ormai bianchi. Forse pensa che Seberg avrebbe voluto che lui lo facesse, e dunque lo fa. Ha messo una data di inizio possibile a tutto il dolore che ha travolto Jean: la morte di Nina, a due giorni di vita. La figlia che lui aveva deciso di accogliere, nonostante non fosse lui il padre biologico. Ma la biologia non conta niente, conta la cura, contano l’amore, il rispetto. Accanto a lui, davanti ai microfoni, c’è Diego, quindici anni, gli occhi uguali al padre e il volto elegante della madre. Quando Jean Seberg era rimasta incinta di lui, Gary era ancora sposato con Lesley e il divorzio si prospettava complicato. Per non aggiungere anche il carico di quella gravidanza, Jean si era nascosta. A Sitges, in Costa Brava, e poi a Barcellona. Per incontrare un regista che la cercava per un film finge di essersi fratturata una gamba, è un’idea di Romain, e si fa trovare a letto e con una catafalco che le nascondela pancia. Sono gli anni belli del loro amore, nonostante entrambi ruzzolino tra umori tetri e momenti gioiosi. Ma lui nella scrittura trova se non pace almeno una direzione, mentre lei scalpita nel suo ruolo di attrice e cerca un senso finanziando ogni causa umanitaria riesca a intercettare. Finendo invischiata con personaggi che non esitano a cavarle soldi ed energie. Tra questi Hakim Abdullah Jamal, autodefinitosi erede di Malcolm X, appartenente alle Black Panther ma molto chiacchierato. Così finisce nel mirino dell’Fbi che scatena contro di lei una capillare operazione di disinformazione, con lettere anonime ai giornali, culminata nell’attribuzione della paternità della figlia che aspettava proprio a quell’Hakim Abdullah Jamal.Jean, imbottita di farmaci per l’angoscia, partorisce con due mesi di anticipo, e Nina non ce la fa. Fin quando è possibile Romain la protegge, la tiene con sé nel loro rifugio a Port d’Andratx, nel sud di Maiorca, dove ha fatto costruire una villa bianca da un architetto di Pietroburgo, Pedro Otzoup. La chiama “Cimarron”, che significa senza catene, che è il modo in cui entrambi vorrebbero vivere. Ma Jean, che ha divorziato da Romain dopo essersi innamorata di Denny Berry – doveva essere un uomo irresistibile, se è vero che ha sposato dopo di lei l’altrettanto meravigliosa Anna Karina – ha smesso da tempo di essere la petite ed entra ed esce da ospedali psichiatrici, mentre Romain si occupa del figlio Diego. Ma la sua direzione è sempre la scrittura. Scrive sempre, di qualsiasi umore e in qualsiasi posto, forsennatamente. Diventa Fosco Sinibaldi e Shatan Bogat, ma soprattutto Émile Ajar. Offeso perché la critica, pigra, ha smesso di fare attenzione a Romain Gary, scrive La vita davanti a sé,e lo pubblica sotto falso nome.È un successo enorme, di pubblico e di critica. La vita davanti a sévince il premio Goncourt nel 1975, facendo di Gary l’unico autore ad averlo vinto due volte, sebbene all’insaputa di tutti. Nel 1956 lo aveva infatti ottenuto con Le radici del cielo,il libro che aveva regalato e dedicato a Jean la sera del loro primo incontro a Los Angeles. Cinque anni dopo, il 2 dicembre 1980, Gary si uccide con un colpo alla tempia. Lascia in eredità al figlio Diego il sul ultimo libro, perché lo pubblichi quando vuole:Vita e morte di Émile Ajar,che contiene la rivelazione della sua identità. Si chiude con quella che probabilmente è l’ultima frase scritta da Romain Gary: «Mi sono davvero divertito. Arrivederci e grazie».