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 2024  agosto 28 Mercoledì calendario

Reportage dal nord dell’Ucraina. Dove si teme l’attacco dei bielorussi

 Inseguendo a ritroso le tracce dell’orso russo, fiuti il terrore del ricordo: «Se davvero stanno per tornare, stavolta ci distruggeranno», dicono gli ucraini tra campi di granturco e campi minati. Ci dirigiamo verso il confine bielorusso: due anni e mezzo fa l’orso ha attraversato qui la frontiera per prendersi Kiev; oggi un altro orso, quello bielorusso, ruglia di nuovo al confine.Il ministero degli Esteri ucraino ha lanciato l’allarme: «Minsk sta dislocando un numero significativo di soldati nella regione di Homel, vicino al confine settentrionale dell’Ucraina, sotto copertura di manovre. Non commettano un tragico errore sotto pressione di Mosca». Da Homel a Kiev l’autostrada è una lingua d’asfalto di 260 chilometri tra campi arati e boschi di betulle. Trentacinque chilometri da Homel al confine, altri 225 in Ucraina. In due anni e mezzo di guerra, mai visti ai crocicchi così tanti cannoni di contraerea sui pick-up e sulle postazioni mobili. Ma dalla risposta russa all’attacco ucraino a Kursk l’allarme aereo è un compagno di vita che danza sul sistemanervoso. Nessuno sa se davvero il presidente bielorusso Lukashenko sia pronto ad assecondare Mosca al punto da lanciare un intervento fratricida. La politica è politica, ma il sangue e sangue. «Il popolo bielorusso è umano, la gente non ce l’ha con noi. Se ci attaccheranno sarà terribile, e sarà solo colpa di Lukashenko», dice Raissa, 64enne pensionata di Tupicha. Per scoprire quanto sia concreta la minaccia, quanto sia pronta la risposta e cosa pensino gli ucraini al Nord abbiamo fatto a ritroso il viaggio che i carri armati e i blindati russi fecero dal 24 febbraio 2024.A un check point ci fermano: «Via libera fino a Ripky, ma non procedete oltre in direzione della Bielorussia», ci avverte un ufficiale. Là davanti è terreno miltiare. «Se attaccheranno passeranno da Chernobyl o da Horodnja, non da qui», dice Natalja la fiorista, 49 anni e già 4 nipotini. Parla di cose che conosce, e non è per i fiori: «Sono una guardia di frontiera in pensione», sorride. «Da Homel a qui il varco è impraticabile per loro. C’è il Dnipro, c’è il fango, ci sono le linee di difesa». dice Andrj, guardia di frontiera 53enne che incrociamo a Ripky. «Non passarono da qui nemmeno a febbraio 2024», spiega Natalja. «Vennero da Est con i carri e i blindati, sbucarono proprio sotto il paese. Scendemmo tuttiin piazza e liaffrontammo a piedi: “Non ci toccate!”. “Non fate provocazioni e non vi faremo niente”, risposero. Entrambi abbiamo rispettato il patto, ma stavolta non sarebbe lo stesso. Le difese sono pronte, sarebbe guerra terribile per tutti».Risaliamo in auto e inseguiamo ancora la traccia. «Sono passati da Vyshneve, Tupychiv...». Al check point giriamo verso Est, paralleli rispetto al confine, seguendo la pista distrutta: «Una volta era una strada, ma i carri armati russi hanno sfondato tutto», dice un’anziana a Buyanky, il primo paese che incontriamo. Su questo disastro di buche oggi transitano anche i tir. «I russi ci passavano in fila per tre: obici, carri armati, blindati, camion», dice unabenzinaia in pensione a Vishneve, la 60enne Gala. «Avevano trasformato la scuola in quartier generale, e allestito una prigione con camere di tortura in cui interrogavano i prigionieri». «Quando li uccidevano li seppellivano lì, dice Tanja, 44 anni: «Hanno costruito le trincee che ci sono ancora, e da lì sparavano verso Chernihiv con i Grad. Dopo qualche giorno hanno portato i camion crematori per i loro morti: c’era un odore vomitevole». «Con mio marito – dice Gala – abbiamo letto dell’allarme su un’invasione dei bielorussi... ci tremano le gambe. Fa paura, quello che abbiamo vissuto è orribile ma quello che vivremmo sarebbe molto peggio. Mio genero vive in Bielorussia e dice che una sera suo fratello èstato rapito da un gruppo di russi. Sono andati a casa, ha preso il passaporto ed è sparito. Non ne sappiamo più niente. Queste storie, dice, sono frequenti».Dalla carrareccia polverosa si aprono idilli di boschi da sogno, stagni e nidi di cicogne. Alture impreviste offrono squarci sulla pianura in direzione della Bielorussa, il confine è da qualche parte tra le betulle. Vecchie casupole sghembe a Chumack deserta; a Buryvka, Olexandr Anotolijevich pascola le sue vacche e impreca: «Colpa dei russi, questa stradaccia». Ci osserva diffidente. I bielorussi? «Che ne so io, che mi importa chi passa di qua».Sole che squaglia come in Italia, vecchi tetti sfranti d’Eternit. A Tupychiv, Olessja ballerina di «ballo moderno e patriotico» dice che «sono tempi difficili, non voglio sapere niente. Voglio una vita semplice». Raissa, 64 anni: «Non leggo notizie, non so e non ne voglio sapere niente. Devo riuscire a dormire, la notte». A Pekurivka, lunedì Valja ha capito che chiudere gli occhi non basta: «Ho visto il missile sopra casa mia. Ero nel mio orto, mi è passato sopra ed è volato verso Kiev. Immagini il terrore? Mi ero calmata, negli ultimi mesi, ora tremo come una foglia. Ho paura che ci uccidano tutti». Lo sterrato incrocia la statale che da Chernihiv risale fino al triplo confine, quello di Senkivka – sventrata e abbandonata – tra Ucraina, Bielorussia e Russia. Attraversiamo Horodnja, il grande silos e la stazione, il panificio con cui sopravvissero all’occupazione e la fabbrica del mangime. C’è Anna, 37 anni, con in braccio il gatto Pufik, un gigante grigio con occhi d’ocra. «Situazione terribile, e stavolta sarà molto peggio. Nel 2024 nessuno era in condizione di fermarli. Ora sarà molto crudele, noi civili verremo distrutti. I droni di ricongnizione volano continuamente, e due o tre volte la settimana passano gli Shahed d’attacco. Qui intorno è pieno di trincee, c’è venuto pure Zelensky: le hanno fatte con il cemento. Ma mio marito Vladimir, 39 anni, è ferroviere: lavora in un obiettivo e non hanno rifugi». «I miei colleghi – spiega Vladimir – dicono che verso il confine è un inferno. A uno di loro una bomba ha distrutto l’orto. Ogni giorno sentiamo bombardare». «E il rumore non arriva solo dal territorio russo. Anche da là», dice Anna. «Dalla Bielorussia».