la Repubblica, 28 agosto 2024
Incontro segreto Meloni-Weber
L’incontro doveva restare riservato. Troppo delicato per annunciarlo. Giorgia Meloni ha in programma di incontrare nelle prossime ore Manfred Weber, presidente del Ppe, uomo forte negli equilibri di Bruxelles, antico avversario interno di von der Leyen, necessario però per la sua rielezione. Se l’indiscrezione non farà saltare il colloquio, il faccia a faccia si terrà oggi stesso, durante una visita del politico tedesco in Italia. Lo confermano fonti vicine alla premier, dietro la richiesta di anonimato, anche se giurano che esiste ancora un problema di agende da far coincidere. Non è la prima volta che i due si incontrano, ma stavolta pesa di più perché Weber può aiutare Roma, a partire da due dossierfondamentali: la procedura per deficit eccessivo e la richiesta di un minimo di flessibilità sulla manovra. Così, almeno, spera la leader di FdI, che teme un autunno di crisi con la nuova Commissione. Il politico tedesco incarna infatti l’ala destra dei popolari e non è ostile a un dialogo parlamentare con i Conservatori. Gode di un ottimo rapporto con Meloni ed Antonio Tajani (vedrà anche lui e Raffaele Fitto). E proverà a bilanciare all’Europarlamento la pressione di socialisti e liberali – ma soprattutto di Francia, Germania e Spagna – per escludere la presidente del Consiglio da ogni decisione che conta.In effetti, in queste ore Roma arranca. Casse troppo vuote, nodi politici interni che rischiano di venire al pettine. A Palazzo Chigi, per dire, osservano le mosse di Matteo Salvini come quelle di un marziano. Il leghista preme sulle pensioni, pur essendo destinato alla sconfitta: Meloni gli ribadirà venerdì pomeriggio – prima nel corso del vertice a tre con Tajani, poi durante il consiglio deiministri – che di quota 41 non se ne parla. E ancora, minaccia sfaceli sull’autonomia, mentre anche FdI inizia a frenare. Nel partito, poi, il caso Vannacci espone il segretario a un costante logoramento. È l’anello debole dell’esecutivo. Eppure, la leader di Fratelli d’Italia non pensa che l’alleato abbia margini politici per strappare. «Dopo il mio governo c’è solo il voto», è la linea, probabilmente la stessa di Elly Schlein. Se il leghista dovesse rompere, insomma, si ritroverebbe catapultato alle urne e isolato nel centrodestra.Eppure, nel cuore della Presidenza del Consiglio l’allarme per la stabilità dell’esecutivo è comunque altissimo, ma per un’altra ragione: la manovra. O meglio: per il rischio che l’Europa non dia credito alla procedura di rientro dell’Italia per deficit eccessivo, che Giorgetti deve presentare il 20 settembre. Fallire significherebbe trasformare la prossima legge di bilancio in un incubo.Negli ultimi giorni, il Tesoro si è infatti trovato alle prese con una silenziosa e drammatica rivolta nei ministeri, colpiti dalla scure dell’Economia. E la reazione dei singoli dipartimenti è stata brutale. La sfida, in effetti, è enorme: l’Italia dovrà rientrare di circa tredici miliardi all’anno per i prossimi sette anni. Significa che Meloni e Giorgetti hanno l’obbligo di individuare tredici miliardi di tagli, da sommare ai circa quindici necessari per rifinanziare il cuneo fiscale. La legge di bilancio, con queste premesse, non potrà che essere lacrime e sangue. Ed è partendo da questa consapevolezza che la situazione è precipitata.Per presentare a Bruxelles il piano, Giorgetti ha infatti comunicato a ciascun ministero quanti miliardi dovrà tagliare, lasciando ai singoli ministri il compito di scegliere su quali capitoli intervenire. Una mossa che ha generato enormi lamentele, diversi ritardi e un risultato nel complesso insoddisfacente: i numeri, insomma, ancora non tornano. Diverse strutture hanno manifestato il proprio disappunto e fatto presente che questa impostazione scatenerà la rivolta di molte categorie.Il nodo è planato sul tavolo di Meloni, che ieri è tornata a manifestarsi con un video autoprodotto dopo aver scelto di trattenersi per cinque giorni in una località ignota all’opinione pubblica (forse in Sardegna dalla sorella Arianna). Per la premier, la priorità è convincere Bruxelles della serietà della parabola tracciata per ridurre il deficit, anche perché un’eventuale bocciatura politica avrebbe effetti deflagranti sui titoli di Stato già in autunno.È in questo contesto che si inserisce Weber. L’incontro con la premier doveva restare riservato, per non urtare la suscettibilità di Bruxelles e non agitare il Ppe. Al tedesco Meloni si rivolge per cercare sponda politica: con l’aiuto dei popolari, palazzo Chigi pensa di poter rientrare nei giochi, posizionandosi a metà strada tra Patrioti e von der Leyen, e ottenere “clemenza” sulla procedura di rientro e la prossima, austera manovra. Prima ancora, spera nel suo sostegno anche per portare a termine una moral suasion su Ursula e favorire la concessione della vicepresidenza esecutiva della Commissione per Fitto. Non è facile, ma meglio comunque provarci.