la Repubblica, 28 agosto 2024
La Lega isolata sull’autonomia differenziata
Un pressing costante e neppure più tanto discreto. Sull’Autonomia la Lega viene messa all’angolo dagli alleati. Forza Italia vincola senza mezzi termini l’applicazione della riforma all’approvazione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che sono il cuore politico della legge. E la novità è che anche fra i Fratelli d’Italia, nel Sud più sensibile (anche elettoralmente) agli effetti delle nuove norme, cresce il malessere. Hanno nomi e cognomi i parlamentari meloniani che invocano maggiore prudenza. Il campo di gioco della maggioranza, a due giorni dal vertice dei leader, si trasforma in un ring.La miccia la innesca il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana: «I Lep? Sono un problema che andrà affrontato e superato, ma in un secondo momento. Ora partiamo con le altre materie». La conferma di una chiara volontà di accelerare, da parte del Carroccio, anche senza intesa su un piano delle risorse da assegnare alle Regioni, in settori nevralgici come la Sanità, sofferenti soprattutto nel Meridione. Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia e fedelissimo di Antonio Tajani, al telefono non nasconde le sue riserve. Anzi: «Senza i Lep non c’è l’Autonomia. Se Fontana dice il contrario, non ha letto la legge». Nevi smorza l’entusiasmo di chi, fra i leghisti, ha addirittura azzardato il via alla riforma entro Natale: «Ma Natale di quale anno?», scherza il deputato forzista. «Nessuno può dire al momento quanto tempo serva. Né quante risorse occorrano. La riforma – prosegue – va applicata, d’accordo. Ma senza fughe in avanti». La partita è chiara. La Lega, in attesa della definizione dei Lep, vuole cominciare a prendersi le deleghe sulle altre materie, non di poco conto, come il commercio estero: quelle, per intenderci, reclamate dal governatore Luca Zaia. Esattamente il contrario di quanto FI, ma anche Fratelli d’Italia, hanno espresso in Aula, prima del varo della legge alla Camera. Un ordine del giorno firmato dai forzisti Barelli, Russo, Pagano e dallo stesso Nevi, mette ad esempio un freno deciso alla partenza dell’Autonomia, impegnando il governo a fare un’analisi di impatto dei provvedimenti che le Regioni intendono prendere in settori esclusi dai Lep. il corto circuito nella maggioranza è completo quando ancora Nevi plaude alla «moderazione» del capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo, che in un’intervista al Giornale avevaparlato di cautela nell’attuazione dell’Autonomia e aveva assicurato che sarebbero state rispettate anche le indicazioni giunte da Forza Italia in Parlamento. Solo che Romeo si corregge subito: «Frenata? Mi viene da sorridere. Forse Nevi vuole fare polemica a ogni costo. Ma con la legge Calderoli si può partire subito – dice Romeo – e proprio dalle materie non Lep». A questo punto, dentro FI, comincia a circolare insistentemente la voce di una possibile resistenza in Aula, da parte del partito di Tajani, quando le intese saranno sottoposte al voto (anche se non vincolante) del Parlamento. Quella sì che sarebbe un’anticamera della crisi per il centrodestra e il suo governo. Anche perché Meloni continua ad assistere in silenzio al dibattito che sull’Autonomia infiamma la sua maggioranza. Ma alcuni esponenti di FdI mettono le mani avanti. E con circospezione piantano dei paletti:«Premesso che incoraggiamo l’attuazione della legge – dice il capogruppo vicario di FdI alla Camera Manlio Messina – e che non crediamo possa danneggiare un Meridione che senza Autonomia non mi sembra sia decollato, non si può prescindere dalla definizione dei Lep. Se Zaia ritene che il Veneto possa partire senza i livelli essenziali di prestazione, bene. Il Mezzogiorno ha bisogno che vengano fissati. E che siano determinate le risorse». Messina, per inciso, è catanese, espressione di un Sud preoccupato per un’Italia a due velocità. Il presidente dell’Assemblea siciliano Gaetano Galvagno, vicino a La Russa, ribadisce una linea di prudenza già espressa a fine luglio: «A me non spaventa l’Autonomia, mi preme piuttosto che tutte le Regioni partano dallo stesso nastro». E in Campania, all’interno di FdI, il clima è simile: «Da sola l’Autonomia non risolve gli squilibri sui territori», afferma il coordinatore regionale Antonio Iannone, che non si sbilancia sui futuri voti in Aula sulle intese fra Stato e Regioni: «Vediamo che proposte porteranno».Un dibattito che matura in un clima di dissenso che si allarga dal centrosinistra ad ampie fasce sociali. Testimoniato dal boom di adesioni alla richiesta di referendum. Le parole del vicepresidente della Cei Francesco Savino, che nell’intervista a Repubblica anticipata ieri sul web parla di «riforma da Far West», vedono una risposta piccata di Zaia: «Sono dichiarazioni riportate appaiono basate su una lettura fuorviante e fortemente di parte». E il ministro Roberto Calderoli è costretto a rassicurare tutti. Alzando la voce: «Il referendum? Spaccherebbe il Paese. i Lep? Stiamo lavorando. I primi arriveranno entro l’anno». Ma sono promesse che non mitigano lo scontro.