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 2024  agosto 28 Mercoledì calendario

Il vicepresidente della Cei spiega perché la Chiesa è contraria all’autonomia differenziata

Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio, vice di Zuppi nella Cei, il Sud si sta ribellando all’Autonomia differenziata?«Il Sud ha capito che la riforma è un cavallo di Troia per creare due Italie: una prospera, l’altra abbandonata a se stessa».Perciò il Meridione sta firmando in massa per il referendum?«Sì, perché ne percepisce il pericolo mortale. Non solo avremo tante Italie quante le Regioni, ma si rischia pure un Far West tra quelle povere».Cosa intende?«Le poche risorse, e l’arbitrarietà con cui saranno assegnate, innescheranno gelosie e quindi conflittualità. Il fatto che non si è voluto fissare il criterio di determinazione dei Lep non lascia immaginare nulla di buono».La Chiesa è in prima linea?«Sì, ma non per un fatto partitico. Nel 2001 criticammo la sciagurata riforma del titolo V della Costituzione: l’inizio della fine del principio di unità del Paese».Lei ha parlato di secessione dei ricchi.«È un’espressione che ho rubato all’economista Gianfranco Viesti. Alla lunga si rischiano altre diseguaglianze e povertà nel territorio».Il ministro Calderoli sostiene che sarà proprio il referendum a mettere il Nord contro il Sud.«Lo scontro è insito nella sua riforma purtroppo. Nella disparità che crea. Anche il Nord rischia di pagarne un prezzo, se il Sud precipiterà, perché simul stabunt simul cadent».Ma cosa teme concretamente?«Altra povertà. Altro spopolamento. Le differenze col Nord si accentueranno. Non le sembra abbastanza?».Non si rischia però un leghismo meridionale?«Il rischio c’è, perciò la ribellione deve essere consapevole, mite e pacifica».Che Sud è quello della sua diocesi?«Una meraviglia maledetta. Una terra molto bella, ma sfigurata da influenze malavitose, logge massoniche deviate, con una classe politica troppo debole nel contrastarle».I giovani se ne vanno?«Si emigra, da sempre. Ma non se ne vanno soltanto i giovani talenti, anche gli adulti cercano fortuna altrove. Lo spopolamento è un fatto drammatico».Il Sud non deve provare a cambiare, a farcela da solo?«Sono un uomo del Sud anch’io, vengo da Bitonto, sono vescovo qui in Calabria da nove anni, penso di conoscere abbastanza bene la realtà. Perciò non sono per lo status quo, ma per una società nella quale i destinatari delle risorse pubbliche sappiano essere promotori del riscatto».Se ne discute dall’unità d’Italia.«Infatti servirebbe un nuovo Risorgimento. Questa raccolta delle firme segna una presa di coscienza. Ai giovani dico: studiate, perché i poteri forti vi vogliono ignoranti».L’altro tema che divide la Chiesa dal governo è l’accoglienza dei migranti.«Di cosa hanno paura? Un’identità che non si apre al mondo è destinata al suicidio. Il meticciato è segno di civiltà, lo dice la Storia».La destra è tutta impegnata nella difesa dell’identità.«Ma noi siamo un popolo che è sempre emigrato, in America, in Australia, in Germania e Svizzera. Lo si dimentica troppo spesso. I migranti non sono un’occasione per ripopolare le aree interne?».A destra faranno un balzo sulla sedia quando lo leggeranno.«Potrebbero darci una mano, invece, stando dentro una comunità che rispetti diritti e doveri, naturalmente, che è la prima, irrinunciabile, condizione per l’integrazione».Gli immigrati cattolici vengono a messa?«Sì, moltissimo. E hanno un rispetto sacro per la domenica, come giorno del Signore».Pensa che lo ius scholae si farà?«Sarebbe ora. Lo reputo un atto di giustizia, di civiltà, e quindi di democrazia. Nelle scuole studiano un milione di studentistranieri, specie in quella primaria».Cosa nota nel dibattito sulla cittadinanza?«Il prevalere dell’ideologismo, della pregiudizialità. Invece converrebbe a tutti una migliore cittadinanza».Perché?«Il dialogo è un seme di crescita, la chiusura provoca decrescita. Dobbiamo aprirci all’incontro con l’altro, avere il coraggio di rinnovarsi».Antonio Tajani andrà fino in fondo con la sua battaglia?«Questo lo scopriremo soltanto vivendo. Me lo auguro per lui e la sua coerenza».