Corriere della Sera, 28 agosto 2024
La carica dei fratelli registi, quando il cinema si fa in due
È come se si parlasse di Stanlio senza citare Ollio. La carica delle magnifiche otto coppie. Alla Mostra del cinema di Venezia sparpagliati nelle varie sezioni si avvicendano molti autori che lavorano insieme. Difficile attribuirvi una tendenza oggettiva, e coppie, da quando i Lumière accesero il primo riflettore, ci sono sempre state. Sul metodo di lavoro c’è evasività, non si riesce mai a capire davvero come si cristallizzi un’immagine.
La lista è lunga. L’austera semplicità «operaia» dei fratelli Dardenne, oppure Joel ed Ethan Coen a cui attori e tecnici durante le riprese chiedono lumi come se fossero una persona sola, fino ai Manetti Bros, che si sono fatti le ossa sul commissario Rex, o ancora i gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo che ogni tanto fingono di litigare.
I Taviani per esempio ci dissero di girare una scena ognuno, e qualora ci fossero stati disaccordi gravi si sarebbero divisi, «ma siamo sulla stessa corda di violino». Le amabili conversazioni con loro finivano con una preghiera: «Non chiamateci I Taviani, sembra una salsamenteria».
Veniamo alle coppie di quest’anno al Lido. «Abbiamo dovuto imparare ad accettare il carattere dell’altro e poi reciprocamente metterci a servizio. Ci abbiamo messo anni, un bel dispendio di energie nervose, soprattutto nella scrittura, ma c’è bisogno di una comune o quantomeno complementare visione del mondo e della vita, qualcosa di molto fragile», dicono i siciliani Fabio Grassadonia e Antonio Piazza che in gara hanno Iddu, con la loro cifra che sovverte i cliché, laddove Iddu è Matteo Messina Denaro, il mafioso interpretato da Elio Germano, nella sua latitanza recluso in un appartamento gestito da Barbora Bobulova mentre Toni Servillo è il fiancheggiatore.
E in gara troviamo due fratelli gemelli, i 32enni francesi Ludovic e Zoran Boukherma, che come riferimenti hanno Carpenter e Dumont.
Eccoli in Leurs Enfants Après Eux, racconto corale di un gruppo di adolescenti in una valle sperduta d’Oltralpe, coming of age sulle illusioni perdute della provincia: «Scrivendo film ci siamo resi conto che tutto ci riportava nei luoghi della nostra infanzia». Anche Delphine e Muriel sono sorelle, sulla cinquantina, il cognome è Coulin, cresciute a Cannes, note per 17 ragazze, alla loro terza regia, impegnate su temi femminili si spostano nell’universo maschile: Jouer Avec Le Feu ha come protagonista Vincent Lindon, padre single che deve crescere da solo due figli, uniti ma in modalità amore odio.
Tra la sezione Orizzonti (e dintorni), in Vittoria troviamo Alessandro Cassigoli, classe 1976, e Casey Kauffman, un passato in Medioriente come giornalista per Al Jazeera. Coprodotta da Nanni Moretti, è la storia vera di una coppia napoletana che, dopo tre figli maschi, vuole adottare una bambina in Bielorussia, infrangendo le regole.
Ancora Italia con Massimo D’Anolfi e Martina Parenti (in gara nel 2016 con il docu sperimentale Spira Mirabilis), coppia anche nella vita di documentaristi milanesi, il trittico Bestiari, Erbari, Lapidari è un docu enciclopedico suddiviso tra animali, piante e pietre, «metafore della nostra salute, del nostro corpo e delle nostre follie».
Marco, degli spagnoli Jon Garaño e Aitor Arregi è un thriller ispirato a fatti veri: «un sindacalista si è letteralmente inventato di fronte all’opinione pubblica e alla sua stessa famiglia un passato di sopravvissuto ai lager nazisti».
Dal Sudafrica l’esordio di Jason Jacobs e Devon Delmar. Carissa racconta di una ragazza spinta dalla nonna a fare domanda per un nuovo club di golf in un remoto villaggio sulle montagne, «ma quando si viene a sapere che sarà costruito sulle terre del nonno si trova davanti a un dilemma difficile, fra tradizione e modernità».
Kevin MacDonald, grande documentarista scozzese, vincitore di un Oscar, firma a quattro mani con l’abituale collaboratore Sam Rice Edwards One to One: John & Yoko, ricostruzione degli anni newyorchesi di Lennon e Yoko Ono, con materiale inedito oltre a immagini dell’ultimo concerto a New York tenuto dall’ex Beatle, che, inascoltato, reclamava la pace.