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 2024  agosto 28 Mercoledì calendario

Pierluigi Bersani non si pente di aver dato del coglione al generale Vannacci

«È ora di chiarire questa cosa qui». 
Chiariamola, Bersani. Si è pentito di aver insultato Vannacci? 
«Con quella domanda, che rifarei tutti i giorni, non ho insultato Vannacci, ma le idee regressive che la destra sta sdoganando e che ci rubano il futuro. Mi sto occupando di quel rancore che le destre stanno scagliando contro i diritti sociali e civili. Mi rivolgo al famoso campo progressista, perché queste idee contro tutto quel che è diverso richiedono una battaglia a viso aperto». 
Ha ricevuto più insulti o incoraggiamenti? 
«Valanghe di solidarietà, ma non è un problema di Bersani. Chi condivide, alzi la voce. Loro, chiamiamoli fascisti o come vogliamo, si nascondono sotto la scusa della critica al politicamente corretto e per questo io non lo sono stato. C’è in gioco un arretramento di civiltà. I fatti culturali sono più duri del marmo e se vuoi scalpellarli devi fare una battaglia di idee». 
Per Salvini lei deve pagare, perché «ha l’arroganza tipica dei kompagni». 
«Se dovrò pagare, non saranno 49 milioni. Salvini mi dà del condannato, ma io non ho ricevuto niente. Lo scriva. Sto rispondendo ad articoli dei giornali». 
Cosa resta del presunto complotto contro Arianna Meloni? 
«C’è un filo logico in queste vicende, compresa la presa in giro del “ci sono e non ci sono” di questi 5 giorni». 
Perché la premier ha fatto perdere le sue tracce? 
«In questo nucleo di comando attorno alla Meloni c’è una sola regola nel rapporto tra vita pubblica e vita privata, cioè arroganza e vittimismo. C’è sempre un complotto, si può essere iper visibili o invisibili, ciarlieri o muti. Come ti gira. Una fatica inutile spiegar loro che la democrazia non funziona così, perché hanno un’altra idea di democrazia». 
Sbaglia chi, da sinistra, denuncia un «sessismo con la bava alla bocca» contro le sorelle Meloni? 
«Quale sessismo? Se un premier maschio scomparisse 5 giorni non gli chiederemmo dov’è? Invece loro la buttano giù dal lato dello spiazzamento rispetto ai riti e alle procedure democratiche, nel nome dello schema “io e il popolo e in mezzo non c’è niente”». 
Anche Schlein è sparita. 
«Beh, no! Schlein sarà sparita un po’ sui giornali, impegnati a fare interviste a Renzi. Ma lei è in giro per la gente, non è scomparsa». 
E il campo largo? 
«Io parlo di campo di alternativa. La politica non si misura a ettari, o si finisce sui metri quadri come adesso. Si tratta di fare un’alleanza senza veti e senza ambiguità? Ok. Tocca alle forze di una coerente opposizione, Pd, M5S e Avs, lanciare una proposta aperta per costruire un programma. Si potrebbe partire da 5 o 6 articoli della Costituzione antifascista, diritti, sanità, lavoro e salario dignitoso, imprese, fisco, ambiente, disciplina e onore e portare nel Paese la discussione su proposte che abbiano quella ispirazione. Un percorso senza veti». 
Renzi fa perdere voti, come sostiene Conte? 
«Che faccia perdere voti o ne faccia guadagnare qualcuno, quando si parla di apertura non capisco perché ci si debba riferire sempre e solo a Italia viva. Fuori dal politicismo c’è ben altro da recuperare. Dubito che Tajani porterà FI a rompere col governo sullo ius scholae, ma tantissime formazioni e culture liberali sarebbero d’accordo con quella proposta. Si apra la discussione e si veda chi ci sta». 
Il dialogo tra FI e Pd sui diritti è stato un colpo di sole? 
«Ho apprezzato molto le affermazioni di Marina Berlusconi e poi di Tajani, ma gli direi “se non fai sul serio fermati, ci sono già troppe disillusioni verso gente che si sente italiana”. Anche perché li abbiamo visti, attrezzati e vincenti sugli extraprofitti delle banche e invece muti sugli antiabortisti nei consultori». 
Votereste Tajani, se mai dovesse candidarsi al Colle? 
«Rivoto Mattarella per la terza volta». 
Conte non sceglie tra Trump e Harris. Come si fa un’alleanza se si è lontani anni luce in politica estera? 
«Che si debba sempre fare i conti con quel che passa il convento della democrazia americana lo sa fin troppo bene chi ha fatto il premier. Ma io sono sicuro che chi oggi si allea coi 5 Stelle non si tira in casa dei trumpiani, lo ha detto chiaro Todde fuori dalle diplomazie». 
Quanto dura Meloni? 
«Dipende molto dalla battaglia d’autunno che è fatta di alcune cose precise. Primo, le Regionali. Il centrosinistra è nelle condizioni per vincerle. L’altra cosa è la battaglia sulla cosiddetta Autonomia differenziata, contro un Paese arlecchino. Bisogna smentire la balla cosmica che il Nord abbia qualcosa da guadagnarci, mentre ha tutto da perderci. Terzo rischio, la battaglia attorno alla finanza pubblica». 
Una manovra senza soldi? 
«Questi han campato distribuendo 200 miliardi di investimenti. Ora hanno da dire cosa faranno per 7 anni. C’è un sociale in sofferenza su sanità e potere d’acquisto e poi c’è il fisco, che non può essere tutto carote per gli evasori e bastoni per gli altri». 
Sarà un autunno caldo? 
«Bisogna combattere. Il governo è uno sgabello che sta su tre piedi, Autonomia, premierato e giustizia. Se viene via un piede, è facile che perda l’equilibrio».