Corriere della Sera, 28 agosto 2024
Raffaele Fitto sta facendo di tutto per andare a Bruxelles
In politica il tempo è sostanza, prova ne siano le tre ore trascorse a Palazzo Chigi da Raffaele Fitto. Non è un caso se il primo, lungo faccia a faccia operativo dopo aver lanciato sui social quel video polemico tutto al contrattacco («eccomi qua, sono ricomparsa!»), la presidente del Consiglio lo abbia avuto con il ministro degli Affari europei e del Pnrr. È la conferma di una investitura che è nell’aria da settimane e che sta per diventare pubblica, con tutti i crismi dell’ufficialità.
Il dirigente pugliese di FdI, passato democristiano e lungo curriculum tra Roma e Bruxelles, sarà salvo colpi di scena il commissario italiano nel nuovo governo di Ursula von der Leyen. La leader della destra e la presidente della Commissione, che hanno ripreso i contatti, si risentiranno questa mattina e nel governo tutti si augurano che Meloni riesca a sbloccare una trattativa che si è «incartata» non tanto sulle deleghe per Fitto, quanto sulla vicepresidenza esecutiva.
È una battaglia che Palazzo Chigi non vuole perdere, perché quell’incarico consentirebbe a Meloni di gridare vittoria e tacitare tutti coloro che, dalle opposizioni e non solo, ritengono un errore non aver votato per von der Leyen. Dopo il passaggio formale nel Consiglio dei ministri di venerdì – quando annuncerà di aver scelto Fitto e spiegherà che il ministro dovrebbe avere le deleghe al bilancio, alla coesione e al Pnrr degli Stati membri – la premier insisterà ancora. Che spedisca o meno una lettera a Bruxelles su carta intestata di Palazzo Chigi, passaggio che potrebbe essere superato da una nota dopo il Cdm, la premier proverà a convincere «Ursula» che non averle dato il voto per il bis non può e non deve penalizzare l’Italia. Ma l’esito del confronto è incerto. La delusione non è esclusa. «Ursula» potrebbe assegnare eventuali vicepresidenze esecutive ad altri grandi Paesi e non al nostro. Ed è per scongiurare questo scenario che ieri la premier ha passato la prima giornata post-ferie chiusa nel suo ufficio con vista su piazza Colonna, tra telefonate e incontri bilaterali.
Con Fitto, la premier avrebbe soppesato le varie ipotesi su chi potrebbe sostituirlo al governo e valutato l’opportunità di tenersi ad interim le deleghe agli Affari Ue, al Pnrr, al Sud e alla Coesione, per rimandare il più possibile ritocchi alla squadra che rischiano di agitare la maggioranza. Meloni ha anche fatto il punto con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, per preparare la lunga giornata di venerdì: al mattino il vertice con i due vice e alle 17 il Cdm. Sul tavolo non dovrebbe approdare il tanto atteso provvedimento sul destino degli stabilimenti balneari. «Trattativa complessa», ammettono gli addetti ai lavori. La Commissione non ha accettato le risposte dell’Italia, il governo è in estremo ritardo e si rischia il ricorso alla Corte di Giustizia, che aprirebbe la danza delle gare senza garanzie per i balneari. Anche di questo hanno parlato Meloni e Fitto, con il ministro che spinge per accelerare il varo di norme che tolgano il governo dall’imbarazzo con la Ue.
La premier sente il bisogno di ricompattare e serrare le file, tanto che il 4 settembre parlerà all’esecutivo nazionale di FdI. Al vertice di venerdì ammonirà i leader di Lega e Forza Italia, invocherà unità, dirà «basta polemiche, diktat, scontri interni e proposte che non sono nel programma», come lo ius scholae o quota 41. Le priorità per lei sono la manovra, che la preoccupa e le Regionali, che fanno litigare i partiti. Tajani ha rilanciato Tosi per il dopo-Zaia in Veneto e ora scoppia una nuova grana in Campania, dove si è autocandidato Martusciello, di Forza Italia. FdI non ci sta e, in nome del «riequilibrio» evocato tempo fa dalla premier, punta su Cirielli. Tocca a Giovanni Donzelli rimandare lo scontro e ricordare agli alleati che «si vota tra un anno», un po’ presto per «piantare bandierine di partito»