il Fatto Quotidiano, 27 agosto 2024
Togliere la fiamma a Giorgia e darla a Vannacci: il piano delle destre
La fiamma tricolore? “È giusto che se ne fregi il generale Roberto Vannacci, l’unico a esserne degno. Aspettate e vedrete”. Questa estate già scoppiettante per le polemiche sui finanziamenti elargiti dalla Fondazione Alleanza nazionale potrebbe finire con il botto per Fratelli d’Italia: il titolare dei diritti di copyright sulla Fiamma Tricolore si è rivolto alla Cassazione perché ne venga negato l’uso al partito di Giorgia Meloni ponendo fine a una lunga contesa legale. Una questione, è il caso di dirlo, che scotta: la Fiamma, a quanto è dato di capire, è il dono più prezioso che la neonata Confederazione delle destre intende portare in dono a Vannacci, l’unico che non s’offende a essere chiamato fascista. Ma andiamo con ordine, perché la storia merita di essere raccontata oltre il ping pong infinito di denunce, ricorsi e controricorsi sul simbolo sì caro a Giorgia Meloni, che potrebbe infine papparsi Vannacci: attorno al generalissimo appena eletto con la Lega al Parlamento europeo che a settembre terrà a battesimo la sua nuova creatura politica, si muove un mondo di sotto che sarebbe tutto sommato ingiusto definire destra rupestre. O peggio, liquidare alla voce Mario Marenco nel senso di galleria di macchiette tipo quella dell’indimenticabile generale Damigiani.
Per Vannacci è nientemeno che tornato in pista l’amico di Licio Gelli e Flavio Carboni, Gianmario Ferramonti che a suo modo è un pezzo di storia italiana: già tesoriere della Lega delle origini, è stato tra i registi del primo governo Berlusconi nel 1994, ma il suo nome ha fatto capolino in molti altri snodi della Seconda Repubblica: ha rivendicato di aver suggerito a “Silvietto” l’idea di fondare Forza Italia, ma pure di aver avuto un ruolo nella nascita di Alleanza Nazionale. Per la verità ha anche conosciuto il carcere nel 1996 per l’inchiesta su una gigantesca truffa finanziaria da 20 mila miliardi di lire scoppiata come una bolla di sapone, e in parallelo è stato indagato come promotore di una rete di spionaggio internazionale. Mito o mitomane? In fondo che importa. Gli incontri, le cene, le sue foto a colloquio col generale del Mondo al contrario hanno inebriato le speranze delle truppe dei “camerati-fratelli”, quel mondo che ha a lungo cercato senza trovarlo il campione della destra senza inibizioni. In attesa della pugna al fianco di Vannacci, il 20 agosto Ferramonti è stato investito della carica di presidente della Confederazione delle destre: patrioti, sovranisti, nazionalisti, una pletora di sigle tra aquile e soli neri uncinati. Nel mucchio c’è pure il simbolo del Movimento sociale italiano, fondato da Giorgio Almirante e “sciolto iniquamente da Gianfranco Fini” come dice Gaetano Saya il “rifondatore” del Msi che vanta il diritto d’autore sulla Fiamma. Come per Ferramonti vale lo stesso interrogativo: chi è costui?
Va da sé che anche per Saya non è facile trovare una definizione visto che per anni, in assenza di una biografia che vada oltre l’autocertificazione, si è scritto di tutto e di più: nostalgico, neofascista dal passato nebuloso, esperto di barbe finte, naturalmente anche massone. Ma anche millantatore o imbroglione, per dirla con Giorgio Bocca. Nel 2005 era stato arrestato con l’accusa di avere cercato di creare una polizia parallela da cui poi venne prosciolto. Più di recente è stato denunciato dopo che in casa sua erano stati ritrovati divise e tesserini di polizie misteriose come raccontarono le cronache di una manciata di anni fa. Ma poi c’è pure la politica: tra ronde nere e servizi segreti paralleli veri o presunti, Saya a un certo punto aveva pure proposto a Domenico Scilipoti, l’agopunturista che nel 2011 con i suoi Responsabili aveva salvato il governo Berlusconi, di diventare il nuovo “duce” del Msi rifondato. Prima ancora c’era stata una trattativa con Silvio in persona. “Berlusconi mi ha spiegato che la presenza della fiamma tricolore, il nostro amato simbolo, è fondamentale nelle sue liste. Gli porteremo, lui ne è giustamente convinto, tutti i voti dei nostalgici e di quelli che non si riconoscono nell’attuale destra. Moscia e venduta”, disse la moglie di Saya, Anna Maria Cannizzaro, a proposito dell’incontro con B. a palazzo Grazioli. Era il 2006, un secolo fa. Ma sembra ieri. Oggi il “prescelto” degno della Fiamma, a quanto pare, si chiama Roberto Vannacci.