il Fatto Quotidiano, 27 agosto 2024
"Cara Elly, se ti allei con Renzi, noi non voteremo più il Pd". Reportage del Fatto alla Feste dell’Unità
L’altra sera alla Festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia è bastato che Pier Luigi Bersani nominasse Matteo Renzi perché dalla platea si levasse un coro di mugugni e borbottii infastiditi. Sì, perché nella base del Pd, quella che da 20 giorni lavora per garantire lo svolgimento dell’evento (fino all’8 settembre), praticamente nessuno lo vuole come compagno di ventura nella costruzione dell’alternativa al centrodestra.
“Se la Schlein apre a Renzi allora sono io a uscire dal partito: quello è un gallo cedrone, vuole esserci solo lui”, dice Angelo Rinaldini, uno dei 400 volontari impegnati tutte le sere nei ristoranti, nei bar e nei servizi generali della festa, nella grande area del Campo Volo, alla periferia della città. Rinaldini è in buona compagnia. Non una delle persone impegnate nelle cucine o destinate al servizio ai tavoli dei cinque punti di ristoro, che sono stati allestiti insieme a due bar presenti, risparmia critiche velenose all’indirizzo del fondatore di Italia Viva. “Un’alleanza con lui? Quello che tocca Renzi si secca – dice Claudio Manghi, 63 anni, volontario al ristorante Gente di Mare –. E credo che tutti gli italiani se ne siano accorti, almeno lo spero. È un novello Berlusconi, anzi è il delfino del Cavaliere”.
Alle 18, i volontari – molti sono pensionati ma ci sono anche giovani – sono già al lavoro, pronti ad accogliere gli avventori che iniziano ad arrivare. Ma se gli chiedi cosa pensano di una alleanza tessuta senza veti e senza ambiguità – parole di Bersani –, se evochi la figura dell’ex segretario del partito tutti si fermano. E il giudizio è corale, tra commenti che si accavallano. “Renzi ci ha già fatto perdere troppi voti e con lui le cose possono solo peggiorare”, dice Loretta Sabattini, 72 anni, una che ha cominciato a 16 anni a mettersi a disposizione del partito, quando si trattava di allestire stand o tirare la sfoglia. Nessuno gli perdona la legge che ha cambiato la normativa sul lavoro, il Jobs Act. Né, persino, il vecchio viaggio ad Arcore per incontrare Berlusconi (sono trascorsi quasi 14 anni eppure quell’incontro per tanti vecchi militanti del Pd pesa ancora come un’onta) o gli elogi, più recenti, spesi per il primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman. “Ecco, che se ne torni là, in Arabia Saudita: glielo faccio io il passaporto, vada là e non si faccia più vedere”, sbotta Manghi, secondo il quale la Schlein “dovrebbe ascoltare la base, che proprio non lo vuole”.
Ovvio, c’è stato un tempo in cui in tanti lo hanno votato, basti pensare alle elezioni europee del 2014. “Certo, anche io gli diedi la preferenza ma solo perché non c’erano alternative: aveva vinto le primarie”, rammenta Iames Iori, responsabile del ristorante Il Rifugio. “In fondo – prosegue Iori –, eravamo tutti consapevoli del fatto che voleva dirigersi verso il centro, ma non ci aspettavamo che arrivasse ad avere posizioni di centrodestra. Non ha un passato di sinistra, le sue soluzioni appaiono sempre dettate da un tornaconto personale. E vuole fare il numero uno, vuole essere l’ago della bilancia”. È sempre Loretta a dire che “in qualsiasi partito c’è sempre qualcosa che non va e allora per risolvere il problema ti affidi a chi in quel momento ti ispira un po’ di fiducia: ed è stato così anche con Renzi”. Qui, tra i militanti, pesa molto il timore di un altro ridimensionamento dei diritti dei lavoratori: “Ogni volta che è intervenuto sulla legislazione quell’uomo ha fatto danni”, dice Barbara Agnelli, 55 anni, anche lei una veterana delle feste del Pd. “Vedere tanti giovani con contratti precari che non possono programmare il futuro mi indigna – aggiunge Agnelli –. La sensazione che ci dà la Schlein è di esser aperta a tutte opinioni, ma non voglio pensare che lo sia a quella di Renzi”. Chi invece mai lo ha votato è Eletta Panizzi, cuoca del ristorante Gente di Mare. “A me – dice –, dava fastidio anche quando diceva che voleva rottamare tutti, mi sono sempre sentita offesa”. Poi i militanti hanno anche un altro nemico: Salvini. “Ecco, in Italia, abbiamo due Matteo, io li metto sulla stessa bilancia. Ma d’altronde siamo il Paese che ha votato anche il generale Vannacci”.