La Stampa, 27 agosto 2024
A Parigi stanno per iniziare le Paralimpiadi
H a avuto un paio di settimane Parigi per riprendere fiato prima di tuffarsi in una nuova avventura olimpica. Un’altra sfida per la Ville Lumière, che dopo aver concluso con quello che si può complessivamente definire un successo i Giochi estivi, si prepara ad accogliere le Paralimpiadi al via domani sera sera. Durante 11 giorni ci saranno circa 4.400 atleti impegnati nelle 549 prove delle 23 discipline previste, che si terranno quasi tutte in molte delle suggestive location già usate tra luglio e agosto, come il Grand Palais per la scherma in carrozzina e il para-taekwondo, lo stadio all’ombra della Torre Eiffel per il calcio a 5 per ciechi e i gradini del castello di Versailles per la para-equitazione.La scommessa non è facile per il Paese ospitante, che ha reso l’inclusività una delle parole d’ordine dell’evento. Questa volta la città dovrà osare più di quanto non abbia fatto ai precedenti Giochi, lavorando però sui suoi punti deboli nel tentativo di mantenere fede a quel principio di eguaglianza scolpito nel motto della République.A cominciare dalla cerimonia di apertura, sempre in plein air, ma questa volta in place de la Concorde, dove gli atleti arriveranno dopo aver percorso gli Champs Elysées. «Paradosso» è il titolo scelto da Thomas Jolly, il tanto discusso direttore artistico che aveva sollevato un’ondata di polemiche internazionali per alcune sequenze con delle drag queen mandate in scena durante l’apertura delle ultime Olimpiadi sulla Senna. Per tre ore si esibiranno davanti a 35mila spettatori circa 500 artisti, tra cui una ventina di ballerini portatori di handicap su un totale di 150, con indosso gli stessi costumi dei loro colleghi creati dallo stilista Louis-Gabriel Nouchi, che ha rivisitato la bandiera francese con dell’oro e delle piume. Il protagonista sarà il corpo, mostrato in ogni sua forma per cambiare lo sguardo della società sulle persone con problemi fisici.«È un’utopia verso la quale bisogna tendere», ha spiegato Jolly, che ha voluto evitare i “cliché eroicizzanti” dando spazio all’essenza di questi Giochi. «Mettere gli atleti paralimpici nel cuore della città è già un primo segnale politico» perché Parigi «non è adatta a tutte le persone con disabilità».Una polemica che da tempo si porta dietro la capitale, dove la vita per chi ha problemi di mobilità non è delle più facili. È una vera e propria «segregazione», secondo Nicolas Mérille, consigliere nazionale per l’associazione Apf France Handicap. Parigi e la sua banlieue vogliono però farsi trovare pronte per l’arrivo dei 450mila con disabilità previsti durante l’evento, come dimostrano le accortezze prese per i prossimi giorni: 280mila posti sulle tribune raggiungibili in carrozzina, un aumento dei taxi riservati a persone in difficoltà, e l’adattamento della maggior parte dei luoghi pubblici.Il principale rompicapo, però, resta quello dei trasporti, soprattutto quando si parla della metropolitana, con i suoi dedali sotterranei fatti di tunnel interminabili e ripide scale senza ascensore. Uno sforzo olimpico percorrerli anche per anziani o genitori con passeggini.Ad oggi la città conta solo 29 stazioni accessibili a persone con mobilità ridotta su due delle sedici linee. Un problema che Parigi si trascina da anni e che secondo il canoista francese Rémy Boullé, in gara nei prossimi giorni, è rimasto inalterato nonostante l’arrivo delle competizioni. «Sono stati investiti 1,5 miliardi nella pulizia della Senna. Se avessimo messo questi soldi nel metrò parigino avremmo reso molte linee accessibili», ha detto Boullé a Rmc.Nell’obiettivo di trasformare l’intera rete, ad eccezione delle stazioni più vecchie che presentano difficoltà strutturali insormontabili, la presidente della regione parigina dell’Ile-de-France, Valérie Pécresse, ha presentato ieri «Un métro pour tous»: un progetto faraonico per la cui realizzazione serviranno almeno una ventina di anni e che prevede un costo complessivo stimato tra i 15 e i 20 miliardi di euro. Parigi spera così di utilizzare le Paralimpiadi come un punto di partenza verso una trasformazione che la renda più inclusiva