La Stampa, 27 agosto 2024
Bilancio Ue, la sfida tra Roma e Varsavia
Lei alleata del suo peggior nemico. Lui il più fermo oppositore dell’avvicinamento tra il Ppe e i Conservatori. Ma ora tra Giorgia Meloni e il premier polacco Donald Tusk si sta aprendo una nuova contesa da mille miliardi di euro. Tanti quanti ne vale il bilancio dell’Unione europea, la cui gestione è ambita da entrambi i leader per tenere sotto controllo la mole di fondi Ue e in particolar modo quelli di Coesione. La Polonia è il primo Paese beneficiario, l’Italia il secondo. Già questo basta per capire quanto sia alta la posta in palio con la distribuzione delle deleghe nella prossima Commissione.Si tratta di una partita molto delicata che verrà giocata per interposta persona: a scendere in campo per conto dei leader saranno i loro fedelissimi. Tusk ha già deciso di schierare Piotr Serafin, il suo storico capo di gabinetto quand’era presidente del Consiglio europeo, poi nominato ambasciatore all’Unione europea in seguito al repulisti post-elettorale che ha destituito da ogni incarico diplomatici e funzionari vicini al suo predecessore Mateusz Morawiecki. Meloni dovrebbe ufficializzare entro venerdì la nomina di Raffaele Fitto, l’attuale ministro responsabile del Pnrr che vorrebbe trasferire a Bruxelles lo schema adottato in Italia per gestire congiuntamente le risorse del Next Generation EU e quelle per le politiche di coesione.Visto che a decidere il risultato di questo match sarà Ursula von der Leyen, i bookmaker stanno prendendo in considerazione alcuni elementi politici che potrebbero rivelarsi rilevanti. Donald Tusk è il leader che per primo ha sponsorizzato – in maniera formale – la ricandidatura della tedesca al congresso del Ppe e che poi ha difeso a spada tratta la sua nomina quando la discussione si è trasferita al tavolo dei leader Ue, sbarrando subito la strada a ipotesi alternative. Giorgia Meloni è invece la presidente del Consiglio che, dopo aver mantenuto un buon rapporto con von der Leyen alla fine del precedente mandato, si è prima astenuta in sede di Consiglio europeo e poi ha ordinato ai suoi eurodeputati di votare contro la riconferma della tedesca.Tra i polacchi c’è molto ottimismo sulla possibilità che Serafin possa ottenere la delega al Bilancio. Funzionario europeo di lungo corso, è una delle figure che meglio conoscono la macchina di Bruxelles. E la spinta politica garantitagli dalla sua vicinanza e dalla sua fedeltà a Tusk, uno dei leader europei più sulla cresta dell’onda, potrebbe spianargli la strada nella corsa verso alla delega al Bilancio. Che con ogni probabilità sarà nuovamente arricchita dalla gestione del personale (per la Commissione lavorano oltre trentamila funzionari).Allo stato attuale, l’ipotesi più probabile è che von der Leyen assegni a Serafin la gestione e la programmazione del prossimo bilancio settennale – quello che dovrà anche fare i conti con la prospettiva dell’allargamento –, compresa la spinosa delle risorse proprie da reperire per ripagare i debiti del Next Generation EU, e dia invece a Fitto la parte relativa alla “messa a terra” dei fondi, in modo particolare quelli del Pnrr e quelli di Coesione (che valgono circa un terzo del bilancio). Secondo questo schema, l’esponente di Fratelli d’Italia dovrebbe ottenere la guida della direzione generale per la politica regionale (Regio) e quella per l’attuazione delle riforme strutturali (Reform). Al polacco, oltre alle risorse umane, andrebbe invece il pieno controllo della direzione generale Bilancio (Budg).È ovvio che in questo scenario i compiti dei due commissari finirebbero per sovrapporsi su molti dossier, il che potrebbe portare a scontri e a conflitti d’interessi. Von der Leyen non è nuova a situazioni simili, che dal suo punto di vista le sono funzionali: in caso di controversie, sarebbe necessario l’intervento del suo gabinetto. Questo le permetterebbe di avere un controllo diretto sulle singole pratiche, anche se i rapporti tra i singoli commissari ne risentirebbero. In quest’ottica potrebbe rivelarsi estremamente importante la distribuzione dei gradi da vicepresidente, che von der Leyen assegnerà in maniera oculata proprio per definire al meglio gli equilibri di potere interni.