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 2024  agosto 27 Martedì calendario

Putin promette al popolo ucraino un altro autunno di terrore

Vladimir Putin promette al popolo ucraino un altro autunno di terrore: vuole trasmettere la convinzione che l’offensiva contro Kursk non lo ha scalfito, mentre il suo arsenale di morte può ghermire ogni città in qualunque momento. Ha atteso venti giorni prima di scagliare la ritorsione per l’attacco al territorio russo, riempiendo ieri il cielo dell’intero Paese con uno sciame infinito di droni e missili, che hanno colpito in qualsiasi direzione dalla capitale fino al confine polacco e romeno. E, come spesso è accaduto negli scorsi mesi, ha fatto piovere i suoi ordigni il lunedì mattina, quando gli uomini non mobilitati tornano al lavoro e le famiglie dei combattenti riprendono la routine settimanale. Sono dovuti tutti correre nei rifugi sotterranei, passando ore nelle stazioni della metropolitana ad attendere le esplosioni.Gli obiettivi di questa operazione sono fin troppo chiari: un logoramento psicologico, per cercare di spazzare via l’entusiasmo per la marcia trionfale verso Kursk e aumentare la preoccupazione sul futuro prossimo. L’estate non è stata facile: ovunque la corrente elettrica va e viene, creando problemi quotidiani e aprendo le prime crepe nella tenuta della società ucraina. Pochi possono permettersi i generatori che tengono accesi luci ed elettrodomestici mentre nei palazzoni d’epoca sovietica delle periferie i blackout paralizzano gli ascensori per giorni. La prossima settimana ricomincia la scuola e tanti si interrogano su quanto andrà avanti la guerra.Anche ieri mattina le infrastrutture energetiche sono state il bersaglio principale. Ormai vengono bombardate senza sosta dall’autunno del 2022: nonostante l’impegno dei tecnici e gli aiuti internazionali, il sistema è al collasso. Forse contando sull’occupazione dell’Ucraina, all’inizio i russi hanno devastato le reti di distribuzione che potevano venire riparate in tempi brevi. Dallo scorso anno lastrategia è cambiata: radono al suolo le centrali, sia quelle termiche che quelle idroelettriche. Ogni impianto incenerito richiede almeno due anni di cantiere: bisogna importare le turbine dall’estero e tirare su nuove condotte. Nelle regioni di confine sono state aumentate le forniture dai Paesi confinanti, ma linee ad alta tensione hanno subito danni prolungati e non si riesce a fare arrivare l’elettricità nelle zone più distanti.Nel pianificare la missione congiunta dell’aviazione e della marina, che hanno sincronizzato i lanci da navi e sottomarini con quelli dai velivoli, il quartiere generale di Mosca ha messo nel mirino pure le industrie belliche che sostengono lo sforzo di Kiev. In particolare fabbriche che progettano e producono i droni, protagonisti dei raid che in queste settimane si sonospinti in profondità all’interno della Russia, arrivando persino a Volgograd, la Stalingrado dell’Urss, e a Murmansk, alle porte dell’Artico. I missili russi ieri mattina si sono diretti contro l’Istituto di ricerca aeronautica e contro i laboratori allestiti nell’aeroporto di Zhulyany, lo scalo della capitale utilizzato un tempo dalle low cost e chiuso dall’inizio dell’invasione. Ci sono voci non confermate su un’incursione contro la base dove sono schierati i primi caccia F16 ricevuti dall’Ucraina: da tempo le piste prossime alla frontiera romena vengono bombardate per ostacolare l’attività degli intercettori più moderni, che finora avrebbero condotto solo pattuglie a protezione dei cieli interni.I pochi video e i brandelli di notizie trapelati dalla rigorosa censura ucraina – che giustamente evita di consegnare notizie utili al Cremlino – sembrano indicare una scarsa efficacia delle difese anti-aeree. Era stata notata pure nell’attacco di inizio luglio che aveva demolito parte dell’ospedale pediatrico della capitale.È difficile dare una spiegazione. Un ruolo potrebbero averlo avuto gli assalti missilistici dei giorni scorsi contro le postazioni radar ucraini nelle isolette del Mar Nero, che contribuiscono a localizzare gli ordigni lanciati dai sottomarini russi. Di sicuro, una parte delle batterie ucraine è stata spostata più vicino al fronte per dare copertura all’offensiva contro Kursk. E nell’intelligence della Nato c’è il sospetto che gli ingegneri del Cremlino abbiano messo in campo nuove apparecchiature elettroniche per disturbare i sistemi di guida delle armi contraeree. Ma la questione chiave resta la stessa, sollecitata anche pochi giorni fa dal presidente Zelensky: non ci sono abbastanza batterie difensive per fronteggiare l’arsenale di Mosca, che invece continua a ricevere ordigni più numerosi e più sofisticati. Gli aiuti annunciati dall’Occidente – come il secondo sistema Samp-T promesso dal governo Meloni durante il vertice del G7 – sono in ritardo mentre il popolo ucraino ha davanti un’altra stagione di fuoco.