Corriere della Sera, 27 agosto 2024
Nell’Europa dell’Est torna la guerra di religione
Torna la guerra di religione nell’Est europeo? Qui spesso nazione e religione sono identificate. Così si «nazionalizza» la religione. Avvenne nel 1946: gli ucraini greco-cattolici, uniti a Roma, furono obbligati dai sovietici al «ritorno» alla Chiesa russo-ortodossa. Vescovi, preti, monaci, fedeli finirono nel gulag e taluni morirono per non cedere. Sembrava distrutta una grande Chiesa, che celebra in rito bizantino (come gli ortodossi), maggioritaria in Ucraina occidentale. Assorbirla nella Chiesa russa serviva a favorire la sovietizzazione. Bisognava rompere il legame con Roma nel quadro della guerra fredda. Un funzionario del Kgb disse a un vecchio vescovo ucraino cattolico: «So che continuate le vostre superstizioni in segreto, ma non osate mai avere rapporti con Roma!». Nel 1990, nonostante tante persecuzioni, la Chiesa greco-cattolica risorse dalla clandestinità ed è ora molto vivace.
Il problema religioso e nazionale si è acceso in Ucraina, aggravato dall’aggressione russa. Da tempo, varie chiese ortodosse non si riconoscevano più nel patriarcato di Mosca, che dal 1686, governava gli ucraini per concessione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Nel 2019, in sintonia con l’indipendenza nazionale, il patriarca ecumenico Bartolomeo ha riconosciuto l’autocefalia della Chiesa ucraina. È stata la battaglia dell’allora presidente Poroshenko, che ha ricevuto solennemente il tomos di autocefalia da Bartolomeo. Una Chiesa «senza Putin e senza Kirill» – così è stata presentata questa Chiesa, che ha raccolto anche ortodossi del patriarcato di Mosca, senza però diventare la confessione prevalente.
Gli ortodossi uniti a Mosca sembrano ancora maggioritari in Ucraina. Si chiamano oggi Chiesa ortodossa ucraina: affermano l’autonomia di governo e di scelta dei vescovi, ma conservano un legame spirituale con Mosca. È mancanza di «indipendenza spirituale», secondo il presidente Zelensky: per lui, la Russia usa la Chiesa per sopprimere la libertà degli altri popoli. La Chiesa è accusata di collaborazionismo. Circa 70 ecclesiastici ortodossi non autocefali sono stati condannati per attività anti ucraine. Così si è giunti all’approvazione dal Parlamento, il 20 agosto scorso, di una legge che rende illegali le organizzazioni che abbiano un legame con Paesi nemici. Ma come è possibile bandire una Chiesa che conta più di 9.000 parrocchie? Dove finisce la libertà religiosa? Questo provvedimento ricorda, in qualcosa, uno stile sovietico secondo cui lo Stato governava le Chiese.
Il consiglio delle Chiese in Ucraina, cui partecipano ortodossi autocefali, greco-cattolici e altri, ha approvato la legge. È stato considerato opportuno anche dal primate greco-cattolico che vede nella Chiesa ucraina non autocefala una vestigia dell’idea di «mondo russo», cara al patriarca di Mosca, Kirill. Questi, che pure è un riferimento per gli ortodossi ucraini, si è identificato totalmente nella guerra all’Ucraina della Russia, per la cui vittoria si prega obbligatoriamente nelle chiese della Federazione. Si capisce quindi la difficile posizione degli ortodossi ucraini che non vogliono rompere il legame spirituale con Mosca, mentre combattono sul campo i russi. La legge del 20 agosto apre però una lacerazione nel Paese. Non sembra opportuna, non solo dal punto di vista della libertà religiosa, ma pure per la coesione nazionale, proprio in tempo di guerra.
Papa Francesco ha parlato esplicitamente: «Mi sorge un timore per la libertà di chi prega, perché chi prega veramente prega sempre per tutti». Ha poi ricordato: «Se qualcuno commette il male contro il suo popolo, sarà colpevole per questo…». La Chiesa cattolica sa cosa vuol dire persecuzione: prima di parlare dell’Ucraina, il Papa ha ricordato il Nicaragua, dove il cattolicesimo è sotto attacco dal governo sandinista. Francesco ha concluso: «Non sia abolita direttamente o indirettamente nessuna Chiesa cristiana: le Chiese non si toccano». Non si deve aggiungere alla guerra combattuta tra Russia e Ucraina, un’altra guerra, quella religiosa