Il Messaggero, 26 agosto 2024
Contro Pavel Durov
L’arresto di Pavel Durov a Parigi è stato salutato da Le Monde con il titolo «Una prima mondiale»: per la prima volta nella storia delle nuove tecnologie di comunicazione il proprietario di una piattaforma viene chiamato a rispondere dei mancati controlli sui reati commessi da chi se ne serve. Era ora. Telegram è un luogo nel quale ognuno può scrivere qualunque cosa senza essere censurato e senza che la propria identità sia mai rivelata: è una libertà che ha attirato i peggiori delinquenti, che vi spacciano droga, vendono farmaci, riciclano denaro, insegnano a costruire bombe o a preparare veleni, offrono materiale pedopornografico e diffondono notizie false. Se ne servono anche gli estremisti di destra, i terroristi di Hamas, quelli della Jihad e chiunque voglia influenzare una platea di utenti che arriverà entro la fine dell’anno a un milione di persone. Ma l’arresto di Durov rimette anche con prepotenza al centro del dibattito una domanda che non ha ancora trovato risposta: chi progetta qualcosa, in questo caso una piattaforma di comunicazione tra le persone, deve anche essere responsabile dell’uso che le persone ne fanno? In teoria sì: i vecchi media, come i giornali, hanno direttori che vengono chiamati a rispondere di quello che si pubblica. Ma per i nuovi media non esistono sanzioni penali, anche se gli Stati Uniti e l’Unione Europea stanno cercando di imporre alle società BigTech controlli più incisivi e una maggiore trasparenza e collaborazione con le forze di polizia. Da tempo i giuristi dibattono su come si possano fermare l’odio che si diffonde e i reati che si commettono per mezzo di Internet. Controllare tutti abolendo le password e l’anonimato? Affidare questo compito a Facebook, Google e X, dando a loro l’immenso potere del controllo sugli abitanti del pianeta? Sono decisioni difficili e complesse da prendere senza ledere il diritto alla libertà di espressione. Alla notizia dell’arresto di Durov, Elon Musk ha scritto «Liberté, liberté liberté» su X, un’altra piattaforma alla quale si chiedono maggiori controlli. Da Mosca, persone vicine a Putin hanno detto che l’arresto ha dimostrato che è l’Occidente a volere la censura. Durov fu costretto a lasciare la Russia, dov’era nato, perché la sua prima piattaforma V-Kontakte, copiata da Facebook, aveva dato ospitalità alle voci dei dissidenti e all’oppositore Aleksej Navalny. Ma oggi Telegram è usato dal 63% della popolazione russa, il doppio del diretto concorrente americano, WhatsApp. Anche i media ucraini sono raggiungibili in Russia solo attraverso Telegram. Per Putin è un’arma a doppio taglio: la può usare senza che nessuno lo sappia, come ha fatto spesso, ma deve anche subirne gli attacchi. Internet sembra sempre più una tecnologia arrivata troppo in fretta agli esseri umani, non ancora pronti a servirsene nel modo corretto. Ha allargato gli orizzonti, ha messo a disposizione e diffuso la conoscenza, ha avvicinato le popolazioni e migliorato la vita di tutti. Ma ha anche fornito nuovi potentissimi strumenti ai malvagi, ai profittatori, ai dittatori, a chi vuole influenzare le elezioni di altri paesi, a chi crea consapevolmente dipendenze tra i giovani, a chi confonde e nasconde la verità, a chi fomenta i conflitti e le guerre. Sarà sempre peggio, se non si troverà il modo di individuare e punire i responsabili. Pavel Durov, a 39 anni, è uno degli uomini più ricchi del mondo, con una fortuna di 15,5 miliardi di dollari. Viveva a Dubai, protetto dalle leggi locali, dove si trova anche la sede di Telegram. È al 23° piano di una delle due torri Kazim, dietro alla porta numero 2301. È inutile bussare, gli uffici sono vuoti. Quando vuole incriminare qualcuno per un reato commesso su Telegram, la polizia di ogni paese non sa chi chiamare, non sa neppure dove inviare una lettera. Durov deve tutto al fratello Nikolai, un genio dei computer con il quale ha creato Telegram. All’inizio della loro carriera gettavano dalla finestra banconote da 5.000 rubli piegate come un aeroplanino. Forse dovremmo smetterla di provare ammirazione per personaggi del genere solo perché sono stati bravi a diventare molto ricchi. Durov, che ora è sotto accusa per avere protetto spacciatori, pedofili, terroristi, estremisti di destra, bombaroli e cospirazionisti, era stato classificato da Fortune tra i migliori 40 under 40 del mondo, il World Economic Forum l’aveva inserito tra gli Young Global Leaders e Time l’aveva elencato tra i migliori 100 dirigenti d’azienda. Oltre alla capacità di fare soldi, bisognerebbe giudicare le persone anche dal senso di responsabilità che dimostrano di avere nei confronti degli altri, e se non ne hanno nessuno, è doveroso fermarli.