il Giornale, 26 agosto 2024
Fiamma Nierenstein sull’aviazione israeliana
Dov’è l’aviazione? Questa fu la tragica domanda che tutta Israele si è posta il 7 ottobre e che ieri non si è dovuta ripetere.
Chi ricorda minuto per minuto, come la cronista, quel giorno tragico, non può dimenticare che dall’attimo in cui i missili di Hamas cominciarono ad avventarsi in misura molto superiore al solito sul sud di Israele, lo sguardo disperato di tutti, mentre si moltiplicavano le notizie di morte, rimase puntato verso il cielo in attesa dei caccia israeliani. Si aspettava che stanassero, che distruggessero finalmente i lanciamissili, che bombardassero le migliaia di invasori e le loro retrovie e coprissero l’ingresso dell’esercito. Non accadde. La desolazione del cielo silente contro il rimbombo dei missili di Hamas fu lo sfondo della rovina.
Stavolta, invece, Israele ha levato in volo i suoi caccia, in numero impressionante – si dice cento – prima del disastro, in un’azione preventiva. Alle cinque Israele si è svegliata con quel continuo ronzare nel cielo. Già il 14 di aprile di fronte all’attacco iraniano i missili di Teheran erano stati bloccati oltre che da «Kipat Barzel», dagli F35; il 19 luglio all’attacco dei Houthi si è risposto levando in volo gli aerei che hanno bombardato Houdeida a 1800 chilometri di distanza. Due risposte agli attacchi nemici, un risveglio evidente dal letargo mortale del 7 ottobre.
Ieri Israele ha fatto perfino di meglio. L’attacco è stato preventivo e realizzato grazie a una formidabile quantità di informazioni raccolte dal Mossad: dove erano i i missili (3000, mai alzatisi in volo), quando sarebbero stati lanciati, cosa intendevano colpire nel corso (...)
(...) dell’operazione di vendetta voluta da Nasrallah per la morte del suo capo di stato maggiore, Fuad Shukra, un fratello per lui. Forse solo ieri Nasrallah, che com’era ovvio ha vantato la riuscita della sua operazione fallita, si è reso conto di quanto gli servisse davvero quel suo vice esperto di armi, di terrorismo ben mirato, di strategia per distruggere Israele.
Netanyahu ha bloccato la vendetta e blindato l’obiettivo principe di Hezbollah nella guerra continua a fianco di Hamas, ovvero il centro di Tel Aviv e in particolare il sancta sanctorum della guerra: la Kirya, la bocca del sotterraneo in cui in guerra si riunisce il gabinetto di Netanyahu e in cui – si dice – ha la propria base il Mossad. Niente di tutto questo è stato realizzato: Israele invece di lasciarsi attaccare e poi rispondere, come ha fatto finora, ha cambiato approccio e attaccato. Niente più 7 di ottobre, che i nemici smettano di sognare la sorpresa che può avviare la distruzione dello Stato ebraico: questo è il messaggio.
Non si tratta di una mossa strategica definitiva. Netanyahu, muovendosi con decisione, proprio come nella vicenda di Rafah ha fatto solo quello che era indispensabile. Sa che giorno dopo giorno, dai Boeing 744 seguitano a venir scaricati equipaggiamenti e armi, e che in Florida, nel comitato centrale del Centcom, egli siede con gli Usa, ma anche col Kuwait e i Sauditi.
«Non è la fine del capitolo», ha detto ieri Netanyahu. Sa che la calma è momentanea, e che non è certo pace quella di un nord tutto sgombro dai suoi cittadini, con città come Kiriat Shmona e i kibbutz vuoti; i bambini non andranno a scuola il primo di settembre, le famiglie sono sparse per gli alberghi di tutta Israele e non hanno più casa né lavoro. Ma Israele fa i conti con il problema di tutti i problemi, quello che affronta ancora combattendo da dieci mesi a Gaza mentre Sinwar preferisce la distruzione definitiva alla restituzione dei rapiti: l’odio, l’antisemitismo con radici religiose che è diventato l’ordine dell’Iran ai suoi di distruggere comunque Israele, e di attaccare l’Occidente. In qualsiasi situazione, che sia o non sia conveniente.
L’Iran cova il suo progetto di bomba atomica e approfitta della protezione russa e cinese, lo Yemen si prepara, Nasrallah li ha chiamati ad agire quanto prima: ma la grande coalizione inventata da Kassem Suleimani adesso almeno sa che gli aerei di Israele si alzano in volo, e che Netanyahu darà l’ordin