La Stampa, 26 agosto 2024
I tifosi in rivolta contro Urbano Cairo, molti pezzi
gianni giacominoStavolta erano davvero tanti. Ultras storici, gente che per la passione Toro ha speso una vita e ha pure avuto problemi. Ma anche giovanissimi che lo scudetto del 1976 e la finale di coppa Uefa con l’Ajax non li hanno mai vissuti. Eppure ieri erano davanti al Filadelfia con i ragazzi della curva Primavera. Migliaia e migliaia che hanno marciato in due cortei fino allo stadio Grande Torino. Una protesta scandita da cori e slogan contro il presidente Urbano Cairo. Qualche fumogeno, esplosioni di grossi petardi e gente affacciata ai balconi che sventolava bandiere e sciarpe granata. La vittoria contro l’Atalanta è servita a placare la rivolta, ma non l’intenzione di manifestare ancora: «Perché noi siamo tanti e lui è solo. Il Toro è nostro e la manifestazione di oggi è solo l’inizio. Stiamo accanto ai ragazzi e a mister Vanoli. Però Cairo se ne deve andare». All’universo granata non è proprio andata giù che il presidente abbia ceduto Bellanova all’Atalanta senza dire nulla, in quattro e quatr’otto, senza dirlo nemmeno a mister Vanoli. Ieri, i coordinatori della tifoseria, sono riusciti ad arginare la rabbia dei tifosi anche se c’era chi temeva disordini e scontri con gli odiati bergamaschi.«La cessione di Ballenova è la goccia che ha fatto traboccare il vaso – si arrabbia Dino Di Giorgio – Dopo la partita pareggiata con il Milan una settimana fa Cairo aveva assicurato che non avrebbe più ceduto nessuno. Invece ha mentito e lo sapeva, non ci ha rispettato». Per Alessandra Rosina che abita proprio vicino al Filadelfia ed è cresciuta con i colori granata addosso: «Il vero rischio è che Cairo resti ancora qualche anno fino a quando non ci avrà spolpato del tutto. Ma noi se oggi siamo qua è perché non gliela daremo vinta».Non fa tanti giri di parole Umberto Pavone che dice: «Sono tifoso del Toro da 70 anni. Ma stavolta Cairo si è comportato in maniera inqualificabile e non ci sono più i presupposti perché rimanga. Bisogna vedere però chi arriverà, se sarà meglio o peggio». Giovanni Chessa da Susa è abbonato e fa parte del gruppo Lupi Granata da mezzo secolo e si sfoga: «Vendere Bellanova è stata come una coltellata per noi tifosi, ci ha demolito il morale». Incalza: «Pensi che mia moglie sei anni fa ha acquistato per me un seggiolino al Filadelfia per assistere agli allenamenti, peccato che lo stadio sia sempre chiuso».Tra gli slogan scanditi contro Cairo, si apre uno spiraglio di entusiasmo tra i tifosi quando arriva in auto il difensore olandese Perr Schuurs, infortunato. Partono selfie e abbracci: «Torna presto dai, sei un grande. Noi non ce l’abbiamo con voi, ma solo con Cairo». Risponde anche timidamende a una domanda su Bellanova: «Certo che ci è dispiaciuto che se ne sia andato». Come detto, tra le nuove leve dei supporters ci sono anche molti giovani. Tra loro c’è Alessia Loggia da Chivasso che indossa la maglia ufficiale e arriva allo stadio con papà Italo. «Prima di vendere Bellanova il presidente doveva confrontarsi con i tifosi. Perché noi siamo qui per il Toro che è una fede, non una squadra come le altre». Tra le migliaia di tifosi spunta anche Dario Vaira, ex calciatore della Biellese dei record e protagonista della leggenda del Canavese, la squadra di San Giusto arrivata in C2. È lapidario: «Una squadra di calcio senza obiettivi non ha futuro e non merita dei tifosi come noi». Marina Cismondi da Traves, Valli di Lanzo, è la vice presidente dell’associazione Resistenti Granata 1906 e se ne sta fuori dallo stadio come fa da quindici anni.Possibile? «Certo – dice -da quando diciannove anni fa Cairo ha acquistato la società tutto è andato sempre peggio. Ad un certo punto, in segno di protesta, ho smesso di venire a vedere le partite. Mi sistemavo intorno allo stadio, per vivere un po’ le emozioni con i ragazzi e da tifosa. Ora non vengo nemmeno più. E sa perché? Perché a lui, al presidente, della nostra storia non frega proprio niente». «Anzi – continua – pensi che ci hanno contattato dei genitori di ragazzi che giocano nelle squadre giovanili e non hanno nemmeno le maglie per scendere in campo. Ma si rende conto?». Marina Cismondi è un fiume in piena quando parla del Toro e, soprattutto, del suo futuro. «Ma quale ? Finchè resterà Cairo noi non abbiamo un futuro. A parte continuare a vendere i giocatori migliori da anni, questo signore ha diviso la tifoseria, ha annullato molte delle nostre iniziative e poi ha spostato tutti gli uffici a Milano, cioè il Toro nella sua città non ha più una sede». «Ma io – puntualizza – vorrei ricordare a Cairo che il Toro è di tutti noi, non è solo suo e ha una storia leggendaria che noi tuteliamo e tramandiamo alle nuove generazioni. Quindi rientrerò allo stadio solamente quando non ci sarà più lui come presidente. E allora potremo anche cercare di guardare al futuro».Certo la vittoria di ieri pomeriggio ha restituito un po’ di entusiasmo all’ambiente. Ma, anche al termine dei novanta minuti il ritornello non cambia fuori dall’Olimpico, mentre i supporters granata defluiscono entusiasti per il 2 a 1 contro l’Atalanta. Ovvero: «Cairo deve vendere il Toro e se ne deve andare».«Io so per certo che il presidente sarebbe stato contattato da due fondi finanziari, dei quali uno americano pronti ad investire nel Torino – termina la Cismondi – ma lui non avrebbe nemmeno pensato di aprire una trattativa. Se continua così vivacchieremo o moriremo, ma non potremo mai sognare qualcosa di più grande che è sempre il desiderio di qualunque tifoso». G.GIA.•••FRANCESCO MANASSERO«Pensa di poter fare quello che vuole del Toro. Ma non è così». Domenico “Mecu” Beccaria, tifoso granata da sempre – ha chiamato il figlio Valerio in onore di Bacigalupo – accusa così il presidente Urbano Cairo. Il presidente del museo del Grande Torino e consigliere nel Cda della Fondazione Filadelfia non ci sta: «Ci ha anestetizzati e abituati alla mediocrità».Beccaria, i tifosi sono scesi in piazza contro il presidente Urbano Cairo. Lei da che parte sta?«Non so se sia peggio la gestione di Cairo o i tifosi che continuano a farsi trattare in un certo modo. Quello che io definisco “farsi operare senza anestesia”. Quindi sì, hanno fatto bene».Che intende?«Ci sono delusioni che, da tifoso, uno vede arrivare. Come la cessione di Buongiorno, capitano e cresciuto al Fila. La cessione di Bellanova, invece, è arrivata a sangue freddo, senza anestesia. Sono dolorose».Ma il popolo granata, questa volta, ha reagito.«Il presidente Cairo non l’aveva messo in conto, nel suo delirio di onnipotenza. Ma vedremo che effetti avrà. Lui certo crede di aver rimbambito la gente del Toro, pensa di poter fare quello che vuole».La manifestazione di ieri può smuovere le acque?«Se lo scopo è non far venire Cairo allo stadio, ok. Se lo scopo è costringerlo alla cessione, ho qualche dubbio, anche se me lo auguro».Che stagione sarà?«Mi aspetto l’ennesima stagione transitoria e deludente. Il chirurgo Cairo ci ha anestetizzati a navigare a centro classifica. Il mitico decimo posto come massima aspirazione è triste».•••ANDREA JOLY«Negli anni ha investito, ma male. E non l’ha mai fatto nel “Cuore Toro”, la sua colpa più grande». Steve Della Casa, direttore della Cineteca nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia e abbonato allo stadio da 57 anni, ha guardato la partita dal Club Roma Granata alla Torraccia: «Nonostante tutto...», aggiunge sospirando.Direttore, sarebbe sceso in piazza nella protesta contro il presidente Cairo?«Non so. Credo che sia legittimo, dal punto di vista dei tifosi, manifestare il dissenso contro una gestione che da anni è sbagliata. Ma non lo avrei fatto con una partita da giocare».Perché?«La squadra doveva scendere in campo in un clima di serenità».Ma solo così i tifosi possono farsi sentire.«Ho partecipato alla marcia dell’Orgoglio Granata nel 2003. Servì a poco, ma abbiamo sfilato in 50mila... Sarebbe bello tornare a quei tempi».Cairo non ha capito il popolo granata?«È un imprenditore. Ma c’è modo e modo di fare le cose: cedere Bellanova così, dopo tante promesse, è un tradimento ai tifosi e abbonati».Lo dice lei, è un imprenditore: non è una questione di bilancio?«Noi siamo già falliti una volta. Ricordo ancora quando hanno portato i libri in tribunale e quello va evitato. Ma serve investire meglio. Quando l’ha fatto è stato un disastro è c’è un motivo».Quale?«Non aveva i consiglieri giusti. Dietro, però, c’è un errore suo: avrebbe dovuto inserire in società qualcuno che incarnasse il Cuore Toro, come Sala, Bruno o Zaccarelli»•••«Non si trova un tifoso, a oggi, che promuova la gestione di Urbano Cairo». Oscar Giammarinaro, in arte Oskar, prima di fondare gli Statuto ha avuto un passato da calciatore. Del Toro, ovviamente, il suo grande amore da tifoso. Fino ai 13 anni ha giocato tra i granata, «allenandomi al Filadelfia». Ha fatto il raccattapalle dell’ultimo Toro da scudetto, nel 1976. E non ci sta: «Come dice Vanoli, bisogna difendere i valori del Toro».Oskar, qual è la sua opinione sulla contestazione al presidente Cairo?«Il tifoso del Toro non è soddisfatto né dei risultati, soprattutto negli ultimi anni, né della gestione di Cairo. Quindi...».Era il momento giusto per farsi sentire?«Non trovo un tifoso che, in questo momento, promuova Cairo. Ha dimostrato di non avere ambizioni, tutti si augurano un cambio di società. Basti pensare che anche Vanoli ci dà ragione».Un alleato in più per la protesta?«Mi ha stupito, ha detto cose che gli fanno onore. E le sue parole rendono onore anche a tutta la piazza granata. Almeno lui ci ha dimostrato rispetto».E Cairo no: la cessione di Bellanova è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?«Dimostra l’assenza di ambizioni e l’incoerenza del presidente, che aveva detto che non lo avrebbe venduto».Che ambizioni ha questo Toro?«Se dal mercato non arriva niente, al momento la speranza è quella di salvarsi. Nulla più. Forse è quello che si augura Cairo, per spendere meno».La protesta servirà a qualcosa?«Mi auguro serva a rendere tutti i tifosi granata uniti. Anche di fronte alle vittorie, senza farsi condizionare: Cairo deve vendere il Toro». F.MAN. A.JOL