Corriere della Sera, 26 agosto 2024
Marco Garzonio ha scritto degli haiku giapponesi
Alla perenne caccia della realtà metafisica, che tuttavia piglia sostentamento dall’essenza concreta della natura: calamitato in questa dimensione di ricerca esistenziale, Marco Garzonio (Milano, 1939) sceglie la forma poetica dell’haiku giapponese per sintetizzare la propria volontà di evocare l’indicibile e trasmettere ai lettori in poche parole il senso della totalità del mondo nella silloge I rododendri e le genziane(Puntoacapo, pp. 82, e 12). La raccolta si avvale della prefazione di Alessandro Zaccuri e di una testimonianza dello psichiatra Eugenio Borgna.
Costituito da diciassette sillabe organizzate su tre versi (5 – 7 – 5), ogni haiku è una sorta di gabbia che mette alla prova la maestria del poeta nel comunicare i suoi sentimenti fino a renderli universali. Tali visioni, enucleate dalla vita di tutti i giorni, rappresentano un mirabile approccio che punta ad accrescere l’uomo in consapevolezza e conoscenza.
Giornalista, docente, psicologo, l’autore arriva a stilare un’affascinante guida di riflessione da leggere e rileggere quale «nutrimento dell’anima». È il pensiero di Eugenio Borgna, nella testimonianza epistolare che chiude il volume, che sottolinea: «Non so come abbia potuto scrivere versi di questa originalità e di questa bellezza tematica ed estetica».
Prima di «vivere» l’haiku e inserirsi ancora di più nel territorio del sacro, Garzonio aveva già offerto dimostrazioni di voler conquistare un simile obiettivo nelle precedenti tre raccolte: Siamo il sogno e l’incubo di Dio (2015), I profeti della porta accanto (2017) e Beato è chi non si arrende(2020), tutte uscite per Ancora Editrice. Adesso giunge al nocciolo della propria meditazione, scegliendo l’essenzialità linguistica della fonte creativa.
Divisa in sette sezioni – Fare dell’anima, Artigianalità della cura, Invisibile, Città amica, Città ostile, Politica, Immaginazione — I rododendri e le genziane nasce durante il periodo pandemico e il successivo contagio di violenza nel perpetrarsi di assurde guerre. Così l’autore avverte la profonda necessità di affrontare le molteplici aggressioni di un destino avverso per l’umanità, individuando nell’haiku uno strumento di rinascita, scoprendone a poco a poco anche gli effetti terapeutici. Seguendo scrupolosamente la regola metrica della tradizione giapponese, elimina qualsiasi segno d’interpunzione, eccezion fatta per il punto finale.
La prima parte della silloge, dal titolo Fare dell’anima, osserva lo scontro degli opposti, con gli occhi che scrutano i battiti cardiaci, mentre l’ampia fioritura dei rododendri è in ritardo, ma con sorpresa le piccole genziane spuntano in altura progressivamente. Segue Artigianalità della cura, dove nella destrezza del plasmare si dispiegano sublimi versi dedicati alla femminilità quali «Bimba che donna/ diventi in un momento/ porti la vita». La terza sezione, Invisibile, individua l’eternità per contemplarla, il sepolcro vuoto, la Maddalena, «l’amore d’un Dio/ pieno di assenze».
Milano, simbolo della metropoli globale, centro di omologazione e accoglienza, è la protagonista di Città amica, in cui corrono il Naviglio e scoiattoli tra panchine arcobaleno; e pure della seguente Città ostile, quando il cemento e lo smog fanno soffocare e «I poveri/ raccolgono al mercato/ scarti di frutta». Una contrapposizione che rivela la lunga fedeltà di Garzonio al magistero del cardinale Carlo Maria Martini.
L’ambito sociale riempie la sesta sezione, intitolata appunto Politica: il silenzio degli umili e la tragedia dei bimbi a Kiev, Bèeri, Gaza, mentre la «Costituzione/ dalla destra stuprata/ lutto e rivolta». Per concludere con gli haiku di Immaginazione: cercando libertà assoluta, il poeta si stacca da terra in attesa di trasumanare.