Robinson, 25 agosto 2024
Per vivere a lungo bisogna raccontare
Mentre mi trovavo di passaggio per Bergamo, ho letto sulle colonne di un quotidiano locale la storia di Antonietta Franchini. Ha festeggiato 110 anni nel mese di luglio, e mi sono ricordato di lei quando qualcuno, giorni fa, mi ha chiesto perché mai l’essere umano avrebbe questa passione millenaria per il narrare. Come non pensare subito a Antonietta detta Tonia? Ma andiamo con ordine. Parliamo come è evidente di una sopravvivenza oversize,che fa comparire l’orobica eroina nell’ambita lista degli ultracentenari italiani, con l’aggiunta non irrilevante che la signora Franchini scherza, ride, ha una portentosa memoria e riceve volentieri le visite nella sua dimora di Mazzoleni, a Sant’Omobono Terme (attesta l’anagrafe che la suddetta, rimasta vedova sei decenni or sono, è circondata da nipoti e pronipoti, oltre che da un unico genero). Ma perché Antonietta avrebbe a che fare con l’estro dei narratori? Un anno fa, sulle pagine estive di Repubblica, mi occupai lungamente dell’isola giapponese di Ogimi, sulla costa nord-ovest di Okinawa, nota per battere ogni record al mondo di arzilli secolari, secondo molti protetti da una dieta ipocalorica e dall’assunzione di hybiscus chinese e di papaya. Benissimo. Viceversa, la signora Franchini sembrerebbe dovere i suoi anni a una formidabile attitudine al racconto: testimoni riferiscono della sua passione per le storie, e dell’abbondanza di dettagli con cui intesse le lunghechansons de geste di un’esistenza da vegliarda, che l’ha vista superare due conflitti mondiali, svariate pandemie e numerose parabole politiche, da Mussolini a Andreotti, da Craxi a Berlusconi. Poi certo, non v’è dubbio alcuno che la signora Franchini, fervente cattolica, si dica grata a chi la veglia dai piani alti ricevendo le sue devote orazioni quotidiane, ma a me piace comunque pensare che la voglia di vivere sia direttamente proporzionale alla voglia di narrare la vita medesima, facendone materia per quello straordinario patto sociale che è l’oralità. Scriveva Mark Twain che il primo uomo sulla terra senza dubbio narrò qualcosa, e in ciò si qualificò come un umano doc… io non solo condivido, ma resto convinto che narrare sia un elisir di lunga vita, da far invidia a Paracelso e a Cagliostro.Provare per credere: Antonietta, classe 1914, ha una folgorante voglia di dirti «quella volta che…», e guai a interromperla.