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 2024  agosto 25 Domenica calendario

Intervista a David Hockney, pittore

Quando ha visto per la prima volta il “Battesimo di Cristo” di Piero della Francesca?«Non ne sono sicuro. Ricordo che quando ero studente mi diedero un libretto su Piero della Francesca – costava pochi scellini – che conteneva forse una sola immagine a colori, mentre tutte le altre erano in bianco e nero. Lo vinsi come premio alla Scuola d’Arte di Bradford. Era un premio conferito dallo Sketch Club e tenevo molto a quel libro. In effetti, credo di averlo ancora da qualche parte, non l’avrei mai dato via. Mia madre ha avuto una riproduzione del Battesimo di Piero della Francesca sulla parete della camera da letto per trent’anni».

Quando provò per la prima volta l’emozione di vedere il vero “Battesimo” di Cristo di Piero della Francesca?
«Vidi il vero quadro quando venni a Londra per la prima volta, avevo circa 18 anni. Deve essere stato nel 1955; venni con il mio amico Norman Stevens. Suo zio ci ospitò a casa sua e dormimmo sul pavimento della cucina. Andammo alla NationalGallery, alla Tate Gallery e in altri musei. Non facemmo altro. Per me era fantastico perché al museo di Bradford non c’era molto da vedere.Ricordo che in quelle prime visite rimasi colpito dal Battesimo di Piero della Francesca e da un’opera di Rembrandt, il ritratto di Margaretha Trip con le mani sui braccioli della sedia. Per me era un dipinto fantastico. Li ricordo molto bene entrambi, e anche I coniugi Arnolfini di van Eyck. È un quadro molto, molto commovente. Ma quello di Piero è semplicemente meraviglioso».

Ho spesso pensato che la gamma di colori che lei usa è un po’ quattrocentesca: chiara, limpida e luminosa. E ha ammesso di aver preso in prestito alcuni motivi da Piero della Francesca e dal Beato Angelico nel suo quadro “California Art Collector”.
«Questo perché il clima e le case mi ricordavano un po’ l’Italia. Fa parte del fascino di Los Angeles e della California, che unisce un clima mediterraneo con l’efficienza americana».

Potrebbe spiegare a parole l’attrazione che esercitano su di lei i dipinti del Quattrocento italiano?
«Vedevano le cose in modo meravigliosamente chiaro. Ho visto gli affreschi del Beato Angelico nel Convento di San Marco la prima volta che sono andato in Italia e poi li ho rivisti quando sono tornato a Firenze. Chiudono all’una, così l’ultima volta ci sono andato ogni mattina con JP (il compagno di Hockney, ndr). Eravamo più o meno le uniche persone presenti. Approfitto per dire che, a Firenze, mi hanno davvero colpito gli affreschi di Benozzo Gozzoli a Palazzo Medici, proprio in fondo alla strada del Convento di San Marco».

È interessante che sia stato il Rinascimento del Quattrocento – gli artisti del XV secolo – ad avere un impatto su molti artisti moderni, non le generazioni successive, il cosiddetto Alto Rinascimento.
«La pittura di Raffaello era incentrata sulla rotondità e sulla finitura. Le sue opere non mi piacciono quanto quelle di Piero della Francesca o del Beato Angelico. Li adoro».

Nel 1976, quando un intervistatore le chiese se acquistasse opere d’arte, lei rispose: «No, ma mi piacerebbe avere quel Piero della Francesca (il Battesimo, ndr), per poterlo guardare ogni giorno per un’ora». Le piacerebbe ancora possedere il Battesimo?
«Beh, sì. Sarebbe fantastico!».


Un’ora è un tempo piuttosto lungo per guardare un quadro, ma forse non troppo.
«Non credo. Puoi guardare il paesaggio con quelle piccole montagne sullo sfondo, le figure, tutto. È bellissimo! Mi piace guardare i quadri molto a lungo».

In un certo senso, questo è il soggetto di “Looking at Pictures on a Screen”. Era inteso come un “ritratto immaginario” del suo amico Henry Geldzahler, ma ovviamente riguarda anche la calma contemplazione e il godimento della pittura.
«Andavo spesso in giro per musei e gallerie con Henry. Aveva un occhio fantastico. Alcune persone, poche, hanno un occhio fantastico. Henry l’ha sempre avuto».

Ma qual è la cosa che ha deliziato lui – o lei – nel guardare quei quadri?
«Con i quadri non si può mai sapere esattamente come o perché ti colpiscano, che cos’è. Eppure sai che quel dipinto è fantastico, che è una grande opera. Ma il Battesimo di Piero della Francesca per me è un’emozione spaziale: è vedere delle figure fantastiche nello spazio».

Una volta ha fatto questa considerazione prendendo come esempio un’altra grande opera di Piero della Francesca, la “Madonna del parto”. Lei ha sostenuto che «si tratta di un’esperienza spaziale e visiva sorprendente» e che possiamo pensare che sia la gravidanza o il viso a commuoverci, mentre in realtà è il modo in cui la figura è collocata nello spazio: «La magia è nello spazio, non negli oggetti».
«Infatti. Come ho detto spesso, credo che saper disegnare significhi saper collocare le cose in uno spazio credibile. Il disegno è questo. E la fotografia non è in grado di farlo molto bene. Le fotografie vedono le superfici, non lo spazio. Ecco perché la fotografia di paesaggio non è un granché. Molto tempo fa, camminando su una spiaggia di Bridlington, mia sorella Margaret mi disse: “A volte penso che lo spazio sia Dio”. Pensai che era un’idea molto bella e poetica».

L’intervista completa è pubblicata nel catalogo “Hockney and Piero: A Longer Look” (National Gallery Global) 2024 (Traduzione di Luis E. Moriones)