la Repubblica, 25 agosto 2024
L’ex ostaggio Noa Argamani balla a una festa
GERUSALEMME — C’è chi balla. Chi prega. Chi grida di rabbia. Chi lancia attacchi politici. Israele aspetta così la giornata di oggi, in cui dopo una fase di gelo totale al Cairo torneranno a sedersi in stanze vicine – ma non insieme – i rappresentanti di Israele, di Hamas (che da settimane rifiutava di inviare la sua delegazione) e dei tre Paesi mediatori (Stati Uniti, Egitto e Qatar) alla ricerca di una soluzione per il cessate il fuoco a Gaza. A ballare è tornata Noa Argamani, 26 anni, uno dei volti più famosi degli ostaggi, liberata da un blitz delle forze speciali a giugno. In un video diffuso ieri Argamani, costume giallo e occhiali da sole, partecipa a una festa organizzata in suo onore su una spiaggia: tema, appunto, “Dance with Noa”. «So che non è ideale fare questa festa mentre la guerra va avanti, i nostri soldati combattono e ci sono 109 ostaggi a Gaza, compreso il mio compagno Avinatan Oz – dice al microfono vicino alla console del dj – ma credo che dobbiamo celebrare ogni momento della vita». Le immagini diffuse dai media israeliani la mostrano poi ballare in costume sulle spalle di un amico insieme al padre. Un filmato destinato a generare polemiche: Argamani ne era già stata investita a luglio quando aveva deciso di accompagnare negli Stati Uniti Benjamin Netanyahu in occasione del suo discorso al Congresso, nonostante le richieste di altri ex- ostaggi di non prestarsi a quella che avevano definito un’operazione di propaganda del primo ministro. «Chi siamo noi per giudicare dopo quello che ha vissuto questa ragazza», aveva scritto allora il Jerusalem Post. Nei giorni scorsi Argamani si era recata in Giappone per parlare agli ambasciatori del G7 e aveva denunciato di essere stata picchiata dai suoi carcerieri, lanciando poi un appello per la liberazione di tutti gli ostaggi.La giovane non è l’unica ad aver scelto il ballo come terapia: lo stesso hanno fatto per diverse settimane diversi sopravvissuti del Nova in un appuntamento di “trance therapy” raccontato nei giorni scorsi dal Times of Israel: “We will dance again”, lo slogan delle serate. Le immagini del ballo di Argamani sono arrivate poco prima dell’inizio della manifestazione delle famiglie degli ostaggi a Tel Aviv: un appuntamento all’insegna della rabbia verso il governo, accusato di non fare abbastanza per riportare a casa i rapiti. Massiccia la partecipazione: la chiave scelta dal rally settimanale è “Potevano essere salvati. Dobbiamo salvare gli altri”. Il riferimento è a sei corpi di ostaggi trovati lunedì scorso nei tunnel di Khan Younis dagli uomini dell’Idf: tutti erano stati rapiti vivi e lasciati vivi dalle donne e dai bambini liberati nel corso dello scambio di prigionieri di novembre. Secondo i primi risultati delle autopsie, potrebbero essere stati uccisi a colpi di arma da fuoco dai loro rapitori.
A poca distanza dal rally di Begin gate, a Tel Aviv, un evento di preghiera più sobrio, ma non meno chiaro nel messaggio finale – “L’accordo, ora” – è stato organizzato dalle famiglie che hanno scelto di non sfidare il governo in maniera diretta. Difficile pensare che tutto ciò possa in qualche modo influenzare l’incontro di oggi al Cairo. A spostare qualcosa, potrà essere solo la pressione internazionale: ieri sera i mediatori di sono incontrati in un trilaterale di altissimo livello, con il Qatar rappresentato dal ministro degli Esteri Mohammed Al Thani, gli Stati Uniti dal capo della Cia Bill Burns e l’Egitto dal responsabile dei Servizi segreti Abbas Kamel. Oggi in stanze attigue ci saranno anche i rappresentanti di Israele e Hamas.
In attesa della svolta a Gaza si continua a morire: ieri 36 le vittime di tre diversi bombardamenti israeliani su Khan Younis secondo quanto annunciato dagli ospedali Al Nasser e Al Aqsa che hanno ricevuto i corpi. Undici erano componenti di una stessa famiglia: due bambini piccoli secondo la stessa fonte. Israele ha fatto sapere che indagherà sulle loro morti e allo stesso tempo ha annunciato l’uccisione di un importante operativo di Hamas nell’operazione.