Il Messaggero, 25 agosto 2024
Callas e Onassis in yacht
Sullo yacht di Onassis, Christina, ognuno aveva le sue abitudini: Churchill non si alzava prima di mezzogiorno e passava il tempo leggendo. Ci si ritrovava immancabilmente per il pranzo e per la cena, che finiva molto tardi. I croceristi amavano la conversazione, specialmente quella di Sir Winston, che aveva un mucchio di ghiotti aneddoti da raccontare, e che nessuno raccontava meglio di lui. Levate le mense, lo statista inglese e la moglie andavano a letto e gli altri continuavano a chiacchierare, a bere, a fumare. La lingua ufficiale era l’inglese, ma a quattr’occhi Maria e Ari parlavano in greco.
Rotto il ghiaccio, la soprano e l’armatore stavano sempre più insieme, e quando i rispettivi coniugi si ritiravano nelle loro cabine per la notte, raggiungevano la piscina continuando a chiacchierare.
La Callas appariva, ed era felice, e anche Onassis. Meneghini, invece, non faceva che mugugnare. Diceva che sul Christina non si divertiva; anzi, si annoiava a morte, e che voleva tornare a casa. Come se non bastasse, soffriva di mal di mare e quando questo s’ingrossava, scendeva in cabina e non risaliva sul ponte finché i flutti non si placavano.
Maria ne approfittava per rendere più frequenti e indisturbati i vis-à-vis con Ari. "Fino a questo momento, scrive Cage avevano evitato con cura ogni contatto fisico. Sullo yacht non c’era un solo luogo dove potessero godere di un’intimità sicura e l’armatore chiedeva ai Montague Browne, quando si appartava con la Callas, di fare da sentinelle. Tutti questi stratagemmi acuivano la tensione erotica.
Onassis raccontava a Maria le sue infinite avventure sessuali di gioventù, e i suoi strepitosi exploit nell’intimità dell’alcova. Una compensazione dei desideri non ancora appagati e un rozzo, ma efficace, tentativo di seduzione".
Ari covava gagliardi appetiti carnali, e l’ospite, irresistibilmente attratta da lui, così diverso, tanto più macho di Giambattista, antitesi somatica e psicologica del seduttore, non vedevano l’ora di brindare a Venere. I calici erano pronti e anche il nettare. Mancava solo l’altare su cui immolarsi. Quando Meneghini aprì gli occhi, a bordo del Christina tutti avevano già mangiato la foglia. Tutti, meno Churchill e forse, il suo inseparabile, amatissimo pappagallo. Tina, la prima a fiutare la tresca, non ne fece un dramma. Aveva anche lei una liaison e il marito lo sapeva. Erano una coppia aperta, ma la faccia volevano salvarla (e, finché potranno, la salveranno).
Meneghini, fra un conato di vomito e l’altro, si macerava. Ripeteva alla moglie ch’era stanco di navigare, che non aveva mai fatto vacanze così orribili, ma lei non se ne dava per intesa, lo zittiva, lo rimbeccava, liquidandolo come provinciale, noioso, insopportabile. Lui, un po’ per rivalsa, un po’ nell’illusione di farla ingelosire, cercava di corteggiare le signore, in particolare Noie Montague che così rievocherà quei penosi e imbarazzanti momenti: "Meneghini diventò un poveretto sempre più amareggiato e triste, e fui io a farne le spese perché si sedeva sempre vicino a me. Cominciò anche a rovinarmi le scarpe nel patetico sforzo di dimostrare che poteva ancora interessare a una donna". Il maturo ex produttore di laterizi, che faceva il piedino alla nobildonna inglese, allo stesso tavolo di Churchill e dell’austera Lady Clementine, era una scena da surreale pochade.