Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  agosto 25 Domenica calendario

Intervista a Felipe Bergoglio, calciatore pronipote del Papa

Il Papa sa di avere un calciatore in famiglia che vuole farsi strada in Italia. È qui da un anno Felipe Bergoglio, il ventenne pronipote che ha lasciato Córdoba, capitale dell’omonima provincia argentina, dove suo nonno Jorge l’ha spinto a cercare fortuna sotto l’ala del cugino Jorge Mario Bergoglio, pontefice dal 13 marzo 2013. L’ha voluto lo Sporting Club Trestina, club dell’Alto Tevere umbro nella frazione di Città di Castello, che milita nel girone E della Serie D. Ieri pomeriggio le ultime parole urbi et orbi del giovane promettente difensore centrale, portato di forza nella regola benedettina «ora et labora», per poi trovare spazio nell’amichevole ad Anghiari contro la Baldaccio Bruni, che fa l’Eccellenza toscana. Fin qui il nuovo tecnico Simone Calori, 44 anni, aretino con trascorsi da difensore di Empoli e Cagliari, l’ha sempre schierato nelle amichevoli e lo protegge dal frastuono generale.

Felipe, il cognome Bergoglio è troppo ingombrante?
«Non è un peso ma un onore, qualcosa che mi rende veramente orgoglioso. Ogni volta che pronuncio il mio nome, oppure mostro il documento, la domanda di chi mi sta davanti è sempre inevitabile. Ci ero abituato già in Argentina e in Italia la cosa è diventata molto più frequente, fin da quando sono arrivato. Mi chiedono se c’è un legame e io naturalmente racconto come stanno le cose».

La sua storia?
«Mio nonno Jorge si chiama proprio come il Santo Padre e tanti, quando venne nominato, pensarono che fosse appunto mio nonno. Avevo nove anni ma ricordo bene quei momenti di festa in casa. Io e mia sorella contiamo nei prossimi mesi di raggiungere Roma e conoscerlo di persona: non vedo l’ora e sono sicuro che sarà per noi una grande emozione. Mio padre Matias ha incontrato più volte Papa Francesco e mi ha detto che s’informa spesso della nostra famiglia, vuole sapere tutto. Tra Buenos Aires, dove stava il Papa, e Córdoba ci sono circa 700 chilometri, la lontananza ci ha fatti perdere di vista ma di fatto il legame, come ricordano spesso i miei genitori, c’è sempre stato».

L’Italia è la terra dei suoi sogni?
«Grazie a mio padre la stagione scorsa sono stato tesserato dal Misano Adriatico nella Promozione romagnola. Arrivai ad agosto per cominciare una prima esperienza e l’approccio è stato di forte curiosità perché volevo conoscere da vicino il calcio italiano. Mi sono ambientato facilmente, così come sta succedendo in queste settimane a Trestina, dove ho trovato una famiglia e sto benissimo. Adesso c’è la possibilità di crescere ancora, in una categoria importante. Potrò mettermi alla prova, non vedo l’ora di cominciare il campionato, l’8 settembre in casa contro il Poggibonsi. Sono il terzo di quattro fratelli, Mateo ha 29 anni e Benjamin di 25: loro due hanno già avuto modo di incontrare il Papa, mentre io e mia sorella Clara, diciottenne, stiamo aspettando di poterlo fare, consapevoli che sarà una giornata speciale. Andremo a Roma, lui sa del mio percorso qui».

Ci parli di Felipe calciatore.
«Sono un difensore centrale che prova a sfruttare la fisicità e il colpo di testa. Mi piace garantire equilibrio in sintonia con i compagni e accompagno l’azione d’attacco se ci sono le possibilità. Sono qui per imparare, il calcio italiano è conosciuto in tutto il mondo per la qualità e la tattica. Sono cresciuto nelle giovanili in Argentina e ho deciso di provare l’esperienza in Italia. Intendo comunque mantenere i legami profondi che ho con la mia terra, là c’è anche la mia ragazza e tornerò quando potrò. In questo momento mi concentro su quel che c’è da fare».

Crede in Dio?
«Da bambino e non è soltanto per il fatto di avere uno zio che è diventato Papa. Sono un credente convinto. Ci sono episodi particolari tra qualche battuta che viene fuori con una certa facilità. I miei compagni di squadra spesso mi chiedono una benedizione prima delle partite e capita anche quando s’infortunano. Ormai ci sono abituato e su questo sorridiamo insieme ogni volta».


Cosa sta cambiando nella sua vita?
«Non più di tanto, non mi distrae quanto mi circonda. So distinguere quando si deve parlare da quando si deve fare. Qui in Umbria c’è una grande tranquillità, in fondo è proprio quella che piace a me. Lo trovo un posto ideale per vivere, con una società consolidata sotto la guida del presidente Leonardo Bambini che mi sta mettendo nelle condizioni ottimali per rendere al meglio. Quando esco con gli amici, soprattutto con i nuovi compagni di squadra, chi mi conosce comincia a farmi tante domande e si va a finire sul Papa. Io non mi faccio problemi, rispondo volentieri. Il campo, però, è un’altra cosa. Voglio ottenere soddisfazioni con questa maglia, così da poter raccontare proprio al mio prozio, a Papa Francesco, la mia carriera da giocatore in Italia».