il Giornale, 25 agosto 2024
Al Sud più pensioni che buste paga
Italia Paese di anziani, Italia Paese di pensionati. Un rapporto della Cgia di Mestre mette in evidenza un dato allarmante. Nel Mezzogiorno si pagano più pensioni che stipendi, ma il dato è destinato ad allargarsi anche nel resto del Paese. Le previsioni sono preoccupanti: entro il 2028 usciranno dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età non meno di 2,9 milioni di italiani, di cui 2,1 milioni sono attualmente occupati nelle regioni centro-settentrionali.
Tre fattori concomitanti che rischiano di far «collassare» il sistema economico e previdenziale: la crisi demografica e il crollo della natalità, con la conseguenza di una popolazione sempre più vecchia; la fuga di cervelli e i giovani che guardano con sempre maggiore attenzione ai Paesi stranieri; l’Intelligenza artificiale e l’innovazione tecnologica che creano sempre meno posti di lavoro. Ma anche un tasso di occupazione molto inferiore alla media europea e la presenza di troppi lavoratori irregolari. Una miscela che porterà, con il passare degli anni, sempre più pensionati che lavoratori.
Gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati, anche al Centro e nel Nord, mettendo a rischio la sostenibilità economica del sistema sanitario e previdenziale. Insomma, un’Italia che rischia di raggiungere il primato di essere presto sempre più pensionata.
Nel 2022, infatti, il numero dei lavoratori dipendenti e degli autonomi sfiorava i 23,1 milioni, mentre gli assegni corrisposti ai pensionati erano poco meno di 22,8 milioni. Nel frattempo «il numero degli addetti in Italia è aumentato e in attesa che l’Inps aggiorni le proprie statistiche, è altrettanto ragionevole ritenere che anche il numero delle pensioni corrisposte in questo ultimo anno e mezzo sia cresciuto, addirittura in misura superiore all’incremento dei lavoratori attivi», osserva la Cgia.
La provincia più «squilibrata» d’Italia è Lecce: la differenza è pari a -97mila. Seguono Napoli con -92mila, Messina con -87mila, Reggio Calabria con -85mila e Palermo con -74mila. Ma non mancano casi anche in 11 province del Nord. Le più virtuose, e cioè dove il numero di lavoratori ancora supera quello dei pensionati, sono invece Milano, Roma e Brescia. Nel Sud e nelle Isole, tuttavia, il numero di assegni erogati non è da attribuire al boom di pensioni di vecchiaia/anticipate, ma all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità.
Di fronte a questa situazione arrivano le proposte della Cgia di Mestre: in primis allargare la base occupazionale nel medio-lungo periodo, incentivare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, e rafforzare le politiche che incentivano la crescita demografica. Ci sono poi i tre milioni di lavoratori irregolari che ogni giorno si recano nei campi, nei cantieri, nelle fabbriche o nelle abitazioni degli italiani a svolgere la propria attività lavorativa senza rispettare le norme fiscali, contributive, assicurative, contrattuali. «Se non faremo tutto ciò in tempi relativamente brevi, fra qualche decennio i bilanci della nostra sanità e della previdenza rischiano di implodere», conclude la Cgia.