La Stampa, 25 agosto 2024
Nella sede di Scientology frequentata da Sharon Verzeni
Gorle (Bergamo) – Via Roma è una stradina a senso unico nell’estrema periferia di Gorle, un piccolo comune di seimila abitanti stretto tra Bergamo e Seriate. Quando la imbocchi, la chiesa di Scientology quasi non si vede, al primo piano di un anonimo palazzo di uffici, con grandi vetrate allineate. È schiacciata sotto la Confartigianato e una palestra con le scritte ben in vista. Accanto al cancello d’ingresso, c’è la targa: «Missione della chiesa di Scientology della Bergamasca». Una delle trenta in Italia, oltre alle dodici chiese in città come Milano e Roma. Proprio in questo palazzo, all’angolo con via Toniolo, da poco meno di un anno Sharon Verzeni si era avvicinata alla parola dello scrittore di fantasy Lafayette Ronald Hubbard che nel 1954 ha fondato il movimento religioso. La barista trentatreenne ammazzata nella notte tra il 29 e il 30 luglio con quattro coltellate a Terno d’Isola veniva qui almeno una volta a settimana. Per chi indaga, Scientology non ha nulla a che vedere con il delitto, ma nella vita tutta casa e lavoro di Sharon, i corsi che seguiva qui erano una delle poche occasioni che aveva per frequentare qualcuno fuori dalla stretta cerchia familiare. Qualcuno che magari – sperano gli inquirenti che hanno convocato alcuni iscritti per sentirli – potrebbe aiutare a svelare il giallo dell’omicidio ancora senza un colpevole. Su per le scale del palazzo ci sono due portoncini. Non c’è bisogno di suonare: uno è aperto. La sala è ampia dietro la piccola reception con un blocchetto di questionari da compilare per entrare nel movimento. Duecento domande: «Mangi lentamente?», «Ti senti a disagio in compagnia di bambini?», «Gli altri ti comandano a bacchetta?», per fare qualche esempio.Davanti c’è un grande monitor con una pulsantiera. Sopra elencate le «mete di Scientology»: «Una civiltà senza pazzia, senza crimini e senza guerre in cui l’Uomo sia libero di innalzarsi a più elevate altezze». È una citazione del fondatore col suo volto stampato in bianco e nero. I suoi libri sono protagonisti di piccoli altari e dello scaffale in fondo a questa hall deserta. Dall’altra stanza si sentono voci di giovani donne. Spunta dal corridoio una signora di mezza età. Non vuole parlare: «Sono qui di passaggio, in questo periodo sono tutti via, deve sentire i referenti». Su un bigliettino annota nome e cellulare a cui nessuno chiamerà. Poco più tardi, dalla casa di Scientology esce una ragazza. «Non ho tempo», dice mentre raggiunge l’auto. Conosceva Sharon? Scuote la mano e si allontana. Stessa trafila alla sede milanese. Dalla reception spiegano che bisogna scrivere una mail: dopo giorni, nessuno risponde. L’unico a farsi avanti, ma per iscritto, è Giuseppe Cicogna della sede torinese. «Non abbiamo conosciuto la vittima e quindi non sappiamo se oltre a essere cattolica avesse altre vicinanze spirituali o religiose – si legge nella nota -. E allora perché aver frequentato la chiesa di Scientology locale, del resto da poco tempo, merita titoli e ripetute menzioni? Non è cercare di far prevalere una storia diversa?». No, è raccontare la storia di Sharon. Ad avvicinarla a questa pratica per arrivare – si legge nel sito – alla «piena consapevolezza delle potenzialità del pensiero» sono stati i datori di lavoro: i titolari del bar Vanilla nella zona industriale di Brembate. Lo ha raccontato papà Bruno che, sentito dai carabinieri, forse non era fino in fondo a conoscenza del percorso intrapreso dalla figlia: «All’inizio i proprietari del bar le avevano proposto di fare un corso sull’essere positivi al lavoro. Ultimamente, un’amica del bar le aveva proposto un corso di rilassamento». Niente di anomalo per il padre, che le aveva consigliato di frequentarlo se lo riteneva «utile». Ma questi corsi, come ogni cosa in Scientology, hanno un costo: qualche migliaio di euro che avrebbero generato alcune divergenze col compagno, Sergio Ruocco. «Niente di serio, tutto risale a un anno fa», garantisce il fratello Cristopher. Frequentare questa chiesa – che si finanzia tramite le donazioni e la formazione dei membri e ha sedi in 129 Paesi – può essere molto oneroso. Si parla di qualche decina di migliaia di euro solo per arrivare al primo step, quello di «clear»: non proprio alla portata di tutti. I detrattori la considerano una «setta», già finita a processo più volte tra condanne e assoluzioni, in grado di «manipolare la mente» degli iscritti. Tra i più famosi ci sono Tom Cruise e John Travolta. Qualche anno fa, l’attuale ministro della giustizia Carlo Nordio l’ha definita: «Una dottrina che, nella progressiva scristianizzazione della civiltà occidentale, ha introdotto un surrogato di religione accattivante e tentacolare». Chi ne fa parte la difende a spada tratta. Dice ancora Cicogna: «Basta con allusioni e sospetti, sono tutte strumentalizzazioni».