Corriere della Sera, 25 agosto 2024
Intervista a Federica Sciarelli, conduttrice
Dimostra decisamente meno anni di quelli che ha, e alle volte può essere un problema. Federica Sciarelli, solare per dna nonostante da anni abbia a che fare con storie dure, a volte durissime, a ottobre spegnerà 66 candeline e dunque l’anno prossimo sarà a tutti gli effetti una pensionata. Quando l’ha buttata lì con nonchalance ai vertici Rai (all’amministratore delegato Sergio e al direttore generale Rossi) «gli è preso un colpo. Hanno detto: dobbiamo trovare una soluzione, mica te ne puoi andare».
Non la lasciano andare in pensione...
«Sono già nei palinsesti dell’anno prossimo effettivamente. Anche se arrivo dal Tg3 di Sandro Curzi (detto Telekabul, ndr) e non sono allineata al governo, non mi fanno andare via».
Lei e «Chi l’ha visto?» siete una cosa sola.
«Il programma ormai è un fiore all’occhiello della Rai, faccio ascolti e costo poco: noi non paghiamo esperti, né ospiti».
Più che altro è una delle poche che non lascia la Rai...
«Io ho dato tanto a “Chi l’ha visto?” e “Chi l’ha visto?” ha dato tanto a me. Non farei mai uno sgarbo così alla Rai. Anche se ho un ottimo rapporto con Urbano Cairo che avrebbe piacere ad avermi su La7; poi adoro Mentana e lavorerei volentieri con lui. Ma resto qui».
La sua amica Giovanna Botteri è appena andata in pensione dalla Rai (ed è approdata a La7). Come è nata la vostra amicizia?
«Io e Giovanna ci siamo conosciute al Tg3 di Curzi: tutte e due capelli ricci, permanenti, maglioni improbabili, ci vedevamo poco: io al politico, lei agli esteri. Ricordo che in un telegiornale delle 19 le diedi la linea: lei era in Iraq ed era in una situazione di pericolo. Le dissi in diretta: “Stai attenta, mettiti al riparo”».
Un’amicizia a distanza.
«Un po’ sì. Ci siamo legate molto durante il Covid. Lei mi chiamò dalla Cina e mi disse: “Non dar retta a quello che dicono, la situazione è gravissima”. Mi diede un sacco di suggerimenti utili, che poi divennero obbligo in Italia».
Momenti duri.
«Sì molto. La ospitavo a “Chi l’ha visto” dalla Cina e, una sera, c’era ospite il sottosegretario alla Salute Sileri, Giovanna gli suggerì di far mettere la mascherina a tutti perché c’era il rischio degli asintomatici. E aveva ragione».
Potreste fare un programma insieme.
«Si, siamo una la spalla dell’altra»
Lei è famosa per essere gentile.
«Sa qual è il problema? Che ormai la gente se sei cortese, si stupisce della gentilezza. Io ho insegnato a mio figlio, che oggi ha 28 anni, ad aiutare chi ha bisogno, la signora per la strada con la spesa. A dare gli spicci. Così mi ha insegnato mia madre e così ho fatto io. E spesso gli amici mi dicono “ma quanto è educato tuo figlio”. Come fosse una grande rarità».
I suoi genitori erano napoletani. Le è rimasta un po’ di «napoletanità»?
«Moltissimo, adoro il mare per esempio. Mi piacerebbe vivere vicino al mare. E mi dicono che ho la battuta pronta. Papà era un avvocato dello Stato, molto rigido. Mamma era una nobildonna, ma se ne fregava dei titoli. Erano simpatici e ironici».
Come mai è fissata con lo sport?
«Fa bene a tutto, lo sport ti scarica. È fondamentale, ti aiuta anche nel mondo del lavoro. Dopo una lunga diretta, passata la mezzanotte, sono pimpantissima perché sono abituata alla fatica. In questo periodo vado sui pattini».
Lei è molto comunicativa, ma della sua vita privata non dice mai nulla e non si sa nulla. Perché così tanto riserbo?
«Mi verrebbe da dire perché “so ca... miei”. Non mi piace raccontare i fatti miei e non capisco quelli che li raccontano. Sono proprio molto riservata. Per esempio non vado mai ospite in altri programmi. Fuori dal lavoro voglio essere libera. Giro per strada con la pinza nei capelli».
Quindi ha sempre detto di no agli inviti in televisione?
«Esatto. Milly Carlucci mi chiese di andare a “Ballando con le stelle” e io adoro ballare, ma non sono credibile se mi metto a danzare e poi vado a cercare il latitante. Monica Setta nei corridoi mi ha detto di recente: “Non vedo l’ora che vieni da me a parlare dei tuoi amori”... stavo per svenire».
Mi parli almeno un po’ del suo grande amore: suo figlio Giovanni.
«Se sa che parlo di lui... va beh, ha 28 anni, è alto, biondo, occhi azzurri: è bello come il sole. L’ho cresciuto da sola, mi sono separata subito da Sergio, il papà, ma abbiamo un ottimo rapporto».
È stata dura crescerlo da sola?
«All’inizio sì. Facevo il Tg3 delle 19, e anche il Tg notturno. Che adesso è a mezzanotte, una volta andava in onda anche all’una e mezzo. Ero distrutta. La mattina dovevo comunque alzarmi per portarlo all’asilo. Ero stravolta, ma felicissima di essere mamma. Se non fosse andata male la vita sentimentale, ne avrei fatti una decina di figli».
Grande sostenitrice della maternità?
«Sì. Dico sempre a tutte: fate figli. Alle volte faccio pure gaffe perché lo dico a donne che hanno un’età improbabile».
Lei a che età è diventata madre?
«A 37 anni: grande, ma non grandissima. È la cosa più bella della vita, ti mantiene attaccato alla realtà. Credo che chi ha figli sia più concreto, ti fai meno paranoie».
Lei si fa paranoie?
«Una volta mio figlio si arrabbiò con me perché quando faceva tardi la sera, mi preoccupavo tantissimo. E una notte lo chiamai alle 3 e lui stava nella sua stanza a dormire...».
Con tutte le storie che sente lei, è naturale pensare male...
«Un po’ sì, pensi a cose gravi. Però poi in realtà a 14 anni per esempio gli ho dato il motorino, perché ce l’avevo anche io. Cioè non sono ansiosa di natura. Alla fine ho trovato un accordo con Giovanni per non stressarlo».
Che figlia è stata da questo punto di vista?
«Una volta sono stata in India con il mio fidanzato e in un mese non ho mai chiamato casa. Che disgraziata... poi quando hai un figlio capisci cos’hai fatto passare a tua madre...».
So che non le piace, ma parliamo di Francesco Cossiga, e della vostra amicizia.
«Ero una cronista politica e seguivo Cossiga: un’esperienza pazzesca. Andai a New York a seguirlo ed ero in ansia, c’erano tutti quirinalisti esperti, in aereo giocavano a scopone scientifico. I colleghi mi chiesero se volevo giocare con loro. Non sapevano che io ero bravissima. Vinsi un sacco di soldi e da allora mi rispettarono molto. Cossiga però parlava ogni cinque minuti, non c’era mai un momento di relax».
Perché dice una esperienza pazzesca?
«Mi insegnò l’arte del ragionamento, lui sapeva andare sempre oltre. Quando disse “i partiti sono finiti” gli diedero del picconatore, però lui aveva già capito tutto».
E diventaste amici tanto che il settimanale Panorama scrisse che avevate una relazione.
«Mi infuriai. Dissi a Cossiga: “Io faccio causa”, lui: “Fai bene, quando vincerai, mi offrirai champagne”. La causa fu molto dura, io rimasi malissimo per quell’articolo, falso e calunnioso. Ero una ragazza giovane che aveva vinto un concorso e quel pezzo mi ferì immensamente. Pensai: “Che schifo d’ambiente”, volevo mollare tutto. Ma andai avanti. Perfino Curzi mi consigliò di non fare causa, “tra giornalisti non si fa” mi suggerì, ma io ero determinata ad avere la verità. Da una parte c’ero io, giovane cronista, e dall’altra parte la corazzata della Mondadori, con gli avvocati della Mondadori».
Lei decise di andare in fondo.
«Sì assolutamente. La loro linea di difesa fu che la relazione con Cossiga era una battuta. Io ero sempre più furiosa. Se avessi incontrato Piroso (autore dell’articolo, ndr) non so che gli avrei fatto. Poi però lui si è scusato pubblicamente e disse: “Mi dispiace aver scritto quelle cose su Sciarelli”. Quell’episodio mi ha insegnato che bisogna tenere la barra dritta nella vita».
Quando ha vinto la causa che cosa ha fatto?
«Ho avuto un risarcimento incredibile, e ho comprato casa. Poi tanta soddisfazione. Ero in lacrime. Lo dissi subito ai miei genitori, papà stava molto, molto male. Riuscì solo a dirmi:”Complimenti Federica”, poi entrò in coma».
Altro argomento che non ama: lei e il pm di Napoli, Henry John Woodcock siete stati accusati nel 2017 – e poi assolti – per rivelazione di segreto d’ufficio. E si è scritto anche molto di un vostro legame, mai ufficializzato. Quindi?
«Quindi continuo a non dire assolutamente nulla. Posso solo dire che in quel periodo con l’indagine, io stavo dappertutto, su tutti i giornali e mio figlio doveva dare l’ultimo esame di laurea e mi disse “mamma, non ne posso più, non riesco a laurearmi”».
Dal 2004 conduce «Chi l’ha visto?»: vent’anni di storie. Come l’hanno cambiata?
«Pensare che doveva essere un anno, ero distaccata dal Tg3 per poco... Io cerco di essere sempre una portatrice sana di solidarietà e il programma ha amplificato questo mio aspetto del carattere. Quando scompare un bambino, è un bambino di tutti e il bene che fai ti torna indietro».
Per lei è una missione ormai. Spesso il programma ha riempito vuoti legislativi.
«È così. Ho fatto vedere per prima l’identikit di Provenzano, di Ghira (uno degli assassini del Circeo, latitante per anni). Da donna pratica, che va a fare la spesa, ho detto: incrociamo i dati dei cadaveri non riconosciuti all’obitorio, con quelli degli scomparsi. Sembra una cosa ovvia adesso, ma non lo era e il ministro degli Interni ha costruito una banca dati. Ho fatto la battaglia perché non si aspettasse 48 ore per denunciare una persona scomparsa e ora c’è una nuova legge. Ho chiesto che potesse denunciare chiunque, non solo un familiare. Ed è stato fatto. Quando ho cominciato a condurre il programma adoravo la politica, ma poi ho capito che qui potevo davvero incidere e costruire qualcosa di utile per tutti».