Corriere della Sera, 25 agosto 2024
La testimone: «Ho visto Sharon barcollare»
Terno d’Islola (Bergamo) - «Fino all’ultimo ha cercato di chiedere disperatamente aiuto. Ha tentato anche di suonare al campanello di una villetta, poi si è lasciata andare ed è caduta all’indietro». Dal suo balcone, al secondo piano di un palazzo che si affaccia su via Castegnate, è stata testimone oculare dell’agonia della povera Sharon Verzeni: «Da allora non faccio che pensare a quei terribili momenti». La donna, 59 anni, ha già raccontato tutto ai carabinieri e in parte la sua testimonianza era nota.
«Stavo guardando la televisione, il volume era basso e le finestre aperte perché faceva un caldo terribile – ricorda, chiedendo di restare nell’anonimato —. All’improvviso ho sentito gridare “aiuto, aiuto”, ma non mi sono preoccupata più di tanto, perché qui gira di tutto e spesso capita di sentire schiamazzi. Dopo una pausa, ho risentito ancora: “aiuto, aiuto”. Allora mi sono allarmata, perché la voce era più sofferente». Quindi la sequenza più drammatica: «Mi sono affacciata e l’ho vista barcollare. Veniva dalla piazza e all’inizio ho pensato che fosse ubriaca e che stesse male. Era sul lato del mio palazzo. Prima di arrivarci ha attraversato la strada, ha tentato con la mano di aggrapparsi alla recinzione della villetta del 32. Forse cercava di suonare per chiedere aiuto. Ma poco dopo si è lasciata andare».
Ed ha visto anche cosa è successo dopo. «Prima è passata una macchina che ha tirato dritto. Poi sono arrivati un ragazzo e una ragazza su una Lancia Y bianca, che hanno chiamato i soccorsi. Sharon ha provato a tirarsi su, ma non ce la faceva. Quando si è girata sul fianco destro, abbiamo visto il sangue. Fino a quel momento, non avevamo capito». Dice però di non aver visto «bici, né uomini scappare a piedi, in quanto ho la visuale coperta dagli alberi». E quindi non è in grado di dire neanche se il killer si è infilato nel cortile che porta su una parallela a via Castegnate.
Intanto il fidanzato di Sharon continua a fare la spola dalla casa dei Verzeni alla caserma dei carabinieri di Bergamo. «Solo adempimenti formali», spiegano. Anche se non si capisce perché non concentrarli in un unico momento. Dopo i due giorni consecutivi per i sopralluoghi nella villetta della coppia, dove sono stati sequestrati pc e un telefonino, ieri Ruocco è stato convocato dai carabinieri di mattino e poi il pomeriggio. Sempre senza un legale.
Ma che sta succedendo? Gli chiedono i cronisti. «Quello che succede tutti i giorni, vado e torno...». In caserma o di nuovo nella villetta? «Da tutte le parti». Il motivo? «Me lo spiegheranno domani». Sembra non perdere mai la calma. Anche se ad osservarlo bene è un fascio di nervi che scarica sul cancelletto improvvisato che delimita la proprietà dei genitori di Sharon. L’ultimo botta e risposta con i cronisti, poi, è molto eloquente. A questo punto non ritiene opportuno farsi assistere da un legale? «Io non ho bisogno di alcun avvocato», ribatte secco. Da quel che si è visto in questi ultimi due giorni le indagini sembrano circoscritte alla sfera familiare della vittima. Per la notte del delitto Sergio Ruocco ha un alibi di ferro. Non viene ripreso dal alcuna telecamera e i carabinieri che vanno nella villetta della coppia lo trovano a letto. Allora perché passare al setaccio i suoi pc e il cellulare? Forse solo per ricostruire la rete di relazioni e gli interessi della coppia. Ma sicuramente si tratta di una procedura molto invasiva nella vita del fidanzato che, implicitamente, fa pensare che ci siano anche dei sospetti su di lui. Oppure è solo un espediente per smuovere le acque nella speranza che altre attività di monitoraggio diano dei riscontri.