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 2024  agosto 24 Sabato calendario

Intervista a Francesca Archibugi su Marcello Mastroianni

«Con la macchina da presa aveva un rapporto ipnotico, seduttivo, era come se flirtasse, era il suo modo di stabilire il contatto con la platea». Con un filo di malinconia Francesca Archibugi rievoca, in un pomeriggio d’estate, la sua esperienza di giovane autrice chiamata a dirigere, nel film Verso sera (1990) un attore leggendario: «Mi imbarazza ricordare Marcello, ha avuto registi stratosferici, alcuni, come Scola e Fellini, erano anche suoi grandi amici, ho ascoltato tanti racconti su quello che avevano fatto insieme e ora m’intristisce essere rimasta l’unica a poter parlare di lui». Il 30, a Venezia, sull’isola di San Servolo, sarà inaugurata la mostra Marcello, come here… cent’anni e oltre cento volte Mastroianni, omaggio della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia al grande interprete di cui, il 28 settembre, ricorre il centenario della nascita. Curata da Laura Delli Colli e realizzata, in accordo con la Biennale, utilizzando materiali dell’Archivio fotografico della Cineteca Nazionale, filmati, testimonianze, inediti, l’esposizione offrirà l’occasione di un viaggio sul pianeta Mastroianni, molto oltre i limiti della semplice celebrazione attoriale: «Era un uomo sempre curioso – dice Archibugi -, sempre aperto, e con una voglia matta di divertirsi». Lei era al secondo film, Mastroianni una star mondiale.

Come nacque il progetto?
«In modo anomalo, Marcello aveva saputo che c’era questo ruolo ed era stato lui a dire all’avvocatessa Giovanna Cau, sua amica, consigliera e confidente, che gli sarebbe piaciuto fare quel personaggio».

Che ricordo ha del vostro primo incontro?
«La Cau ci ha invitati a una delle sue fantastiche cene. Io e Marcello avevamo in comune una caratteristica, quella di essere due ubriaconi, cominciammo la serata con due bicchieri di whisky prima di mangiare, dopo tutto è filato liscio, siamo stati benissimo».

Parlaste del personaggio?
«Gli attori celebri, quelli che hanno potere, chiedono subito di leggere i copioni, lui no, lo lesse dopo, più che altro dava l’impressione di volermi conoscere. Iniziò a darmi consigli sul modo in cui avrei dovuto affrontare il mondo del cinema, come se volesse mettermi in guardia, farmi aprire gli occhi sull’ambiente».

È stato facile entrare in confidenza?
«Prima delle riprese abbiamo passato un sacco di tempo insieme, all’epoca la preparazione di un film era molto più lunga, andavamo alle prove dei suoi costumi, volevo che si vestisse come mio nonno, discutevamo di orli ai pantaloni e di come cadevano le giacche e intanto Marcello mi chiedeva di lui, voleva capire com’era, il tutto sempre con leggerezza, senza darne l’aria. Abbiamo fatto anche tanti provini, per esempio per scegliere la pettinatura, Marcello era un meraviglioso perdigiorno, abbiamo avuto modo di fare un lavoro molto approfondito».

Una volta sul set si è trovata a inquadrare uno dei volti più celebri e amati del cinema internazionale. Come è andata?
«L’unica cosa che Marcello mi chiedeva era di mettergli la macchina da presa alta, cioè di non essere filmato all’altezza degli occhi, ma un po’ più su, così il viso si sfinava e non si vedeva la pappagorgia. Non era vanitoso, ma si conosceva, sapeva com’era, soprattutto allora, in un’epoca in cui non era più giovanissimo e voleva usare al meglio la sua faccia».

Nel film, ambientato in epoca anni di piombo, Mastroianni è un intellettuale comunista, professore universitario in pensione, vedovo, padre di un figlio inconcludente, e nonno di una nipotina che gli è stata affidata temporaneamente. Dirigere i bambini non è facile e in molte scene i due recitano insieme.
«Mastroianni è stato molto paziente, non ha mai mostrato nessuna stanchezza, si è messo al servizio della tecnica che usavo per far recitare la piccola. A aveva solo quattro anni e mezzo, farle interpretare un personaggio è stata una cosa abbastanza complicata».

Com’era Mastroianni durante le riprese?
«Gli piaceva moltissimo stare sul set, pranzavamo sempre insieme, la sua sarta, Angela, cucinava per tutti e Marcello pensava ai menù nei momenti più vari, magari mentre era al trucco se ne usciva “senti un po’, ma a te la pasta gamberi e zucchine ti piace?”. A un certo punto ebbe un problema a un occhio, non poteva recitare, ma continuò a venire ogni giorno sul set. Lo adoravano tutti, era gentilissimo, aveva una personalità luminosa, creava intorno a se qualcosa di magico e l’intera troupe avvertiva quel clima speciale».

Il piacere delle bevute ha mai creato problemi di lavoro?
«No, Marcello aveva la testa sulle spalle, amava tantissimo il suo lavoro, non è mai arrivato ubriaco in un giorno di lavorazione. Magari la sera beveva un bicchiere, ma lo facevo pure io e pure il produttore. Solo una volta successe che, a cena, ci mettessimo a discutere per ore, facemmo notte, alla fine avevamo bevuto nove grappe. La mattina dopo non riuscivo a inquadrare Marcello, era un po’ gonfio, così ho deciso di cambiare il piano delle riprese. Marcello mi disse stupito “ma strano, perché poi ieri sera, alla fine, mica abbiamo bevuto tanto”. E dire che avevamo tutti e due un gran mal di testa…».

Come furono i rapporti con Sandrine Bonnaire che nella storia era la madre della bambina?
«Una sera andammo a cena noi tre, Marcello a un certo punto ci guardò e disse “ma voi vent’anni fa non sareste state così tranquille”. Pensava a quando, in passato, era abituato a seminare il panico tra le ragazze. Noi gli volevamo bene, ma quel tipo di tensione lì non c’era più, e lui lo capiva».

Cosa disse quando vide il film finito?
«Non l’ha mai visto. Non rivedeva più i suoi film da venti o trent’anni. Mi ricordo che Scola, un po’ seccato, gli diceva “io però potrei pure offendermi”. Probabilmente gli faceva male vedersi invecchiare».


Quando l’ha visto l’ultima volta?
«Sono andata a trovarlo a teatro, nell’ultimo spettacolo che ha fatto, Le ultime lune, stava già molto male. Quella sera mi sono accorta che non beveva e non fumava. E non l’ho fatto nemmeno io».

Che cosa le ha lasciato quell’esperienza con Mastroianni?
«La sensazione di non essermela meritata. Quasi quasi mi vergognavo di aver avuto un regalo così grande. Ho cercato di farlo stare bene e di non farlo pentire della scelta che aveva fatto».

Perché, dopo di lui, non ci sono stati altri Mastroianni?
«Gli attori sono un mistero, un’illusione ottica. Marcello aveva un fascino unico, fatto di tratti somatici bellissimi, di voce vibratile e di modo di stare al mondo, cose che si mischiavano e creavano un effetto suggestivo, irripetibile».