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 2024  agosto 24 Sabato calendario

Intervista a Giovanni Storti sull’ambiente a Milano

Una delle battaglie ambientaliste più partecipate è stata quella contro l’abbattimento del glicine di piazza Baiamonti. «Persa nonostante 50 mila firme raccolte e non so quante iniziative», dice uno che a quella battaglia aderì, Giovanni Storti, per tutti solo Giovanni, del trio Aldo Giovanni e Giacomo.

Le battaglie in città sono veramente tante e veramente tanti i comitati. Come mai? Cioè, ci spieghiamo meglio, non dovrebbe pensarci la politica a conoscere i problemi di Milano e risolverli?
«Dovrebbe, appunto. Ma la politica spesso pensa ad altro, bada a chi grida in modo populistico. E infatti tra le funzioni veramente importanti dei comitati c’è quella di creare sinergie tra cittadini e politici».

Insomma, fanno da altoparlante di tante situazioni da risolvere.
«Esatto, i cittadini spiegano dove vivono, e avere le loro voci è importantissimo».

Queste voci tra l’altro dimostrano che non c’è il menefreghismo che spesso si paventa.
«Diciamo che dimostrano che il menefreghismo non paga. Che poi il menefreghismo sia sparito lo spero, ma ho i miei dubbi».

Che altre battaglie ambientaliste si dovrebbero fare a Milano?
«Si dovrebbero nessuna, nel senso che si fanno tutte, grazie a comitati che si scontrano con modi diversi di vedere la città.Penso alle battaglie per le biciclette o contro le automobili».

Che però, più che dai comitati, dovrebbero passare anzitutto dai comportamenti individuali. O no?
«Ma certo. Se riesco ancora io alla mia età a girare Milano in bici, a piedi o coi mezzi, può farlo chiunque. Ma i comitati sono utilissimi anche qui. Servono a contrastare l’idea che le priorità siano altre, quelle che detta unacerta politica insomma».

Traduciamo?
«I commercianti che sbraitano contro le zone pedonalizzate. Di Sarpi si diceva che sarebbe stata una tragedia, adesso è una zona zeppa di pedoni che non vorrebbero tornare mai indietro».


Porterebbe la pedonalizzazione in tutta la città?
«Se si potesse sì. Ma intanto facciamo le domeniche a piedi. Magari a scacchiera, ogni volta inuna zona diversa della città. Ricordo benissimo quelle di mezzo secolo fa, quando c’era l’Austerity. Era un divertimento, si giocava per strada, la città diventava di noi persone non motorizzate».

Odia così tanto le auto?
«Beh in tanti casi sono utili. Ma in generale tolgono socialità, oltre a impestarci i polmoni».

Altri problemi milanesi sul tema ambiente?
«Beh ovviamente il verde, per tornare al nostro glicine. C’è questa idea che mantenerlo costi. Ma qui i comitati ci sono, eccome, e fanno la giusta pressione, per richiamare l’attenzione dei politici che sentono l’umore del poco civismo, che urla».

Anche qui, ha un’idea da suggerire ai comitati?
«A Radio Popolare ho sentito un dato strabiliante: le strade di Milano, messe in fila una dopo l’altra, misurano 1.700 chilometri, non so come si sia arrivato a calcolarlo. Vogliamo arrivare ad alberarne un decimo? O anche solo 100 chilometri. Non mi pare così difficile. E la città inizierebbe a cambiare veramente».