la Repubblica, 24 agosto 2024
La versione di Sinner
Non è stata la classica giornata d’ufficio, per Jannik Sinner. Una vigilia di uno Slam è già pesante di suo, poi se ci aggiungi la conferenza ufficiale del torneo, e tu sei quello che tutti aspettano, diventa ancora più dura. New York (e il mondo) l’attendeva al varco, dopo aver appreso del doping e della sua innocenza, del dito ferito del fisioterapista e la contaminazione dell’atleta.Ma lo staff del tennista, in questo momento delicato della sua carriera, il cui ombelico è spostato a Londra dove c’è il pool dei manager e degli avvocati, ha voluto aggiungere un po’ di piccante: ha fatto in modo che ieri fosse resa nota la separazione con i due colpevoli del fattaccio, ossia Giacomo Naldi (il fisio) e Umberto Ferrara (il preparatore). Di fatto già nota, perché i due sono scomparsi dal box del numero uno del mondo dopo il Roland Garros, ma era la conferma definitiva quella che si attendeva. Il Sinner Team aspetterà la fine dello Slam newyorchese, poi annuncerà i nomi nuovi.Ma questo è il futuro, mentre il presente incombe, e Sinner ci ha messo la faccia, senza sottrarsi alle domande, raccontando la sua versione, i suoi sentimenti, e anche fatti inediti. «Quando ci hanno informato che ero risultato positivo, la prima cosa che abbiamo cercato di capire è stata di cosa si trattasse. Ferrara, che ha una laurea in Farmacia, ha chiesto e ha capito subito che era stato il suo spray. Sapendo anche come era finito nel mio corpo, siamo tornati dall’antidoping e abbiamo spiegato. Questo è stato un passaggio importante, farglielo sapere: loro hanno capito subito e hanno creduto in me e in noi, questo il motivo per cui ho avuto la possibilità di continuare a giocare».Nessun privilegio, o altro: «Non c’è una scorciatoia o trattamento diverso, è lo stesso processo per tutti. Conosco la frustrazione degli altri giocatori, ma forse non sapevano da dove provenisse, quale sostanza fosse. Io sono stato sospeso per due, tre giorni. Non potevo allenarmi. Ma hanno accettato la nostra versione, tutto qua».Ovviamente il problema non era certo risolto. «Ero preoccupato, era la prima volta, e spero l’ultima, che mi trovo in questa situazione. Sono sempre stato un giocatore che ha lavorato molto, molto attentamente su questo. Credo di essere uno corretto dentro e fuori dal campo».Resta la gestione di questi mesi. «Mi ha aiutato il pensiero, nella mia mente, di non aver fatto nulla di sbagliato. Ho dovuto giocare con questo pensiero in testa, ricordandomi semplicemente che ho sempre rispettato le regole dell’antidoping, e sempre le rispetterò. Essere qui oggi è ovviamente un sollievo per me».Restano ancora un paio di punti, il primo è l’immagine. «Sapevo di essere pulito e di essere sempre stato desideroso di essere corretto: certo, ora questa notifica potrebbe cambiare la mia percezione, ma chi mi conosce sa che mai andrei contro le regole. È stato un momento molto duro, per me e il mio team. La reputazione non posso controllarla, vedremo. Ora so però chi è mio amico e chi invece non lo è».Infine, c’è un team da sistemare: «Con Naldi e Ferrara abbiamo lavorato insieme per due anni e fatto un lavoro incredibile. Ma ora, con questo errore, non mi sento più così sicuro di continuare con loro. L’unica cosa di cui ho bisogno adesso è un po’ di aria pulita. Ho lottato molto negli ultimi mesi aspettando l’esito, ho davvero bisogno di un po’ di aria pulita. Ho dovuto vivere questo lungo processo, con il team e gli avvocati, ma io sono solo un semplice giocatore di tennis, che poi è quello che amo fare e vorrei farlo dedicandomi in esclusiva».Restano gli US Open, con il debutto nello Slam previsto per martedì contro Mackenzie McDonald. «La preparazione per questo torneo non è stata perfetta, ovviamente. Che posso dire? Cercherò solo di divertirmi il più possibile e spero di fare un bel torneo». Suona tanto come pretattica...