Corriere della Sera, 24 agosto 2024
Quattro manager italiani «aggiravano le sanzioni» in Usa
Per la prima volta, ieri il Tesoro americano ha messo sotto sanzioni dei cittadini italiani per violazione delle misure contro la Russia. L’annuncio è arrivato ieri ad opera dell’Office of Foreign Assets Control (Ofac) di Washington, con la più recente, lunga lista di imprese e persone colpite dalle restrizioni dell’amministrazione legate alla guerra in Ucraina. Il segnale è inequivocabile: la pressione della Casa Bianca sulle entità da essa sospettate di collaborare con l’apparato militare-industriale del Cremlino non si ferma a soggetti russi o bielorussi o a quelli di Paesi terzi come la Turchia, il Kazakistan o la Cina; al contrario, dopo oltre 900 giorni di guerra, l’amministrazione americana ormai non esita più a colpire anche aziende e manager di Paesi alleati, membri dell’Unione europea, della Nato e del G7.
Sono quattro gli italiani elencati ieri nell’ultima lista dell’Ofac, i primi in assoluto a rientrarvi e fra i primissimi cittadini dell’Ue. Nessuno dei quattro sembra presentare un profilo particolarmente esposto sul piano politico. Sono imprenditori, manager, uomini d’affari tipici del tessuto di piccole imprese italiane molto competitive nelle loro nicchie. Si tratta di Flavio Graziottin, 81 anni, responsabile tecnico, socio unico e amministratore della società di Brugherio Idronaut (anch’essa coinvolta dalle sanzioni dell’Ofac); di Massimo Falchini, 53 anni, amministratore unico della Fagima Fresatrici (Barberino Tavarnelle), anch’essa colpita dalle sanzioni americane; di Giulio Sfoglietti, 64 anni, residente a Roma, socio dell’azienda anch’essa romana di apparecchi di telecomunicazioni Microlab (non soggetta a sanzioni); e di Fulvio Salvadori, nato a Siena 58 anni fa e, secondo il Cerved, almeno in apparenza non legato a una specifica impresa. Falchini e Graziottin, contattati ieri sera dal Corriere, non hanno risposto.
Sia per le quattro persone che per le due imprese colpite, l’Ofac di Washington motiva la sua decisione con il fatto che questi soggetti rappresenterebbero «rischi di sanzioni secondarie», evidentemente perché il Tesoro americano sospetta la vendita di prodotti la cui esportazione in Russia è proibita. Ora i manager e le imprese elencate saranno in grande difficoltà nell’accedere al mercato Usa e nel concludere contratti in dollari. Di certo la Idronaut di Brugherio, che presenta un fatturato di appena 2,3 milioni di euro nel 2023, è molto competitiva negli strumenti di manutenzione di tecnologie che lavorano nelle acque (inclusi i contatori di gas e di vari liquidi) ed è accusata dagli americani di avere rapporti con l’Istituto di Oceanologia dell’Accademia russa delle Scienze. Quanto alla Fagima di Barberino Tavarnelle (13,8 milioni di fatturato nel 2023), fabbrica macchine utensili per la produzione industriale di oggetti in metallo.
La lista di imprese italiane soggette alle sanzioni dell’Ofac è molto corta. Fra queste c’è la «Camorra» (designata con questo nome, con sede a Napoli) e poche imprese che hanno rapporti con Cuba o il Venezuela. Ma sui rapporti con la Russia questa è la prima svolta. Non è invece la prima volta che soggetti dell’Ue vengono colpiti, benché in passato si sia trattato quasi solo di banchieri ciprioti degli oligarchi russi.
L’amministrazione americana lancia così un chiaro segnale all’Italia e all’Europa, perché le triangolazioni commerciali su prodotti proibiti con il Paese di Vladimir Putin sono un fenomeno massiccio ed estesissimo: da parte di aziende italiane, così come tedesche o francesi. Per il resto, la nuova lista dell’Ofac colpisce anche un gran numero di entità finanziarie. E lo fa proprio quando il Tesoro americano alza la pressione su tutte le banche europee rimaste a Mosca, perché si ritirino.