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 2024  agosto 23 Venerdì calendario

Intervista a Tahar Ben Jalloun: tra Israele e Palestina pace impossibile

Per non cadere nella trappola di un pessimismo inevitabile, legato alla realtà delle guerre in atto, alla consapevolezza di una pace sempre più utopica, lo scrittore Tahar Ben Jelloun deve aver sviluppato, negli anni, un grande amore per la vita. Qualcosa che, nonostante tutto, gli permette di parlare di cose tragiche, ma anche allegre, di drammi e di ricordi, di donne e di film amati: «È bello entrare in un caffè e sentirsi dire: “Buongiorno, come va? Tutto bene? In Francia non succede più, mentre in Italia, in Spagna, e anche in Marocco è ancora così. Ci si scambiano impressioni, ci si saluta, si parla». Al Lido, il 28, nel primo giorno della Mostra del cinema, Ben Jelloun, ospite delle “Giornate degli Autori” in veste di presidente onorario di “BookCiak Azione!”, discuterà con Luciana Castellina sul tema “La cultura per la pace”. Il punto di partenza è il suo libro L’urlo (edito da La nave di Teseo) dedicato alla necessità di aprire un dialogo tra Israele e Palestina: «Sarà un dialogo assurdo – dice subito l’autore – la pace è impossibile».
Ha perso le speranze?«Sono molto realista. Penso che chi ha il potere fa quello che vuole, che noi siamo solo poveri intellettuali, impegnati a parlare di pace, sapendo che, al momento, non c’è modo per raggiungerla e che, nel frattempo, la gente, soprattutto quella del popolo, che vive nelle condizioni più difficili, continua a morire. Assistiamo ripetutamente a scene insopportabili, bambini che perdono la vita, ammazzati nelle case bombardate dove hanno trovato rifugio, con le madri che cercano di proteggerli. E, in tutto questo, non è più nemmeno consentito esprimere il proprio parere».In che senso?«In Francia è così, sui media oggi non si può più criticare l’operato degli israeliani e nemmeno parlare dei morti palestinesi perché si viene subito accusati di antisemitismo. Non esiste il diritto di piangere i defunti, e questo è orribile. All’inizio del conflitto ho scritto per denunciare Hamas e le sue azioni e, così facendo, ho perso moltissimi amici che mi hanno accusato di scendere a patti con il nemico. Poi ho scritto contro Israele e ne ho persi tanti altri. In questo momento avverto un forte senso di solitudine e penso che parlare di pace sia folle».Non intravede nessun tipo di soluzione?«L’unico gesto reale, concreto, in grado di incidere sui fatti, potrebbe farlo il Papa. Potrebbe decidere di andare a Gaza e di stabilirsi a vivere lì, in mezzo ai palestinesi, tra loro ci sono anche molti cristiani. Sarebbe come dire “adesso venitemi a bombardare”. Il povero Papa Francesco ha un animo dolce, gentile, ma non gli faranno mai fare una cosa del genere».Come giudica i risultati delle elezioni francesi e il fatto che, solo per poco, sia stata evitata l’affermazione di Marine Le Pen?«Quasi la metà del popolo francese è con il Fronte Nazionale che è razzista, estremista e fascista. Su 40 milioni di votanti, 12 si sono espressi in favore di Le Pen, ed è una cifra enorme. Dobbiamo prepararci, bisogna dire che Marine Le Pen ha cancellato il retaggio razzista di suo padre, ma i militanti, i membri del Fronte Nazionale, restano tali, razzisti, come dimostrano i tanti reportage che li descrivono».Come vede, invece, la situazione italiana?«In Italia le cose sono differenti, il rapporto con la migrazione, per esempio, è molto diverso, la Francia ha avuto il colonialismo, voi no. È chiaro che esiste un’eredità fascista legata a Mussolini, ma non c’è la stessa ferocia razzista che è presente in Francia. Certo, c’è la Meloni, c’è la Lega, ma, da osservatore esterno, mi sembra che la situazione sia meno drammatica».La rassegna “BookCiak Azione!” si occupa di trasposizioni cinematografiche di libri. Lei è favorevole o contrario?«Non mi è mai piaciuta l’idea di vedere un mio libro sullo schermo. La letteratura è una cosa, il cinema è un’altra. Noi scrittori lavoriamo con le parole, i registi con le immagini. Trovo che mescolare le due cose sia un errore. Ci si può ispirare a un racconto, ma non andare oltre. Penso a quello che ha fatto Visconti con Morte a Venezia e con Il Gattopardo che sono capolavori, ma penso anche alla sua versione disastrosa dello Straniero di Albert Camus, un vero massacro. Insomma, è meglio lasciare i libri alla letteratura e il cinema agli sceneggiatori, sono linguaggi diversi, anche se sembrano simili».Qual è il suo rapporto con il cinema?«Sono un cinefilo. Vado al cinema da quando avevo 14 anni, certe volte ci passavo tutto il giorno. Adesso guardo i film in dvd, anche quelli vecchi, di recente ho rivisto La ragazza con la valigia, c’era Claudia Cardinale giovanissima, avrà avuto 24 anni, c’era Jacques Perrin, la storia era magnifica».Quali sono gli autori italiani che preferisce?«Ho visto tutti i film di Visconti, di Antonioni, di Rosi, di Comencini, e di Scola, che era mio amico. Il cinema italiano che prediligo è quello Anni Settanta, secondo me il più interessante, ma mi piacciono anche autori di oggi, come Giuseppe Tornatore».Le donne, nei suoi romanzi, sono molto presenti e importanti. Come vede il loro cammino di emancipazione?«Dipende dal Paese di cui parliamo. In Francia il femminismo è diventato un’ideologia dominante, forse con qualche eccesso di censura, cosa che non mi piace troppo. Purtroppo siamo tutti spettatori di un dramma quotidiano che si chiama femminicidio, e oggi, finalmente, violenze e molestie vengono denunciate, un traguardo giusto, che prima sembrava lontano. Poi però ci sono delle esagerazioni, certe volte qualcuno viene incolpato e, dopo che la giustizia ha fatto il suo corso, si scopre che era del tutto innocente. Questo mi fa sentire un po’ a disagio. E comunque oggi il rapporto tra uomini e donne è un po’ più difficile che in passato».«Le faccio un esempio, c’era una farmacista da cui andavo puntualmente a prendere le mie medicine. Era molto bella, mi faceva piacere vederla, avere un rapporto umano con lei, niente di più. Quando ho cambiato quartiere sono andato a salutarla, le ho chiesto “madame, mi scusi, posso dirle una cosa, senza che lei mi accusi di molestie sessuali?”. Lei mi ha risposto di sì, un po’ sospettosa, le ho detto che era davvero bella e mi ha ringraziato. Insomma, credo che nelle relazioni ci voglia un po’ di semplicità».È nato a Fes, in Marocco, vive in Francia e viaggia spesso. Dove si sente davvero a casa?«A Tangeri, dove c’è la casa dell’infanzia, le mie radici, è lì che mi sento bene. Prima ero a mio agio anche in Francia, adesso di meno, è diventato un Paese aggressivo, anche nella vita quotidiana, mi sembra che tutti siano infelici, spero proprio che l’Italia non diventi così»