Corriere della Sera, 23 agosto 2024
Kamala verso un partito a trazione femminile. Michelle, Ocasio-Cortez e le altre: sono gli uomini a sostenere le partner-protagoniste
Chicago L’hanno definita la più grande politica americana a non essersi mai candidata. Michelle Obama, con la forza della sua rabbia, del suo ottimismo e delle sue convinzioni, è stata la voce più potente sentita finora sul palco dello United Center. Non ha avuto torto Barack a dire di essere l’unico «così stupido da parlare dopo Michelle Obama».
Kamala Harris, seguendo la lezione obamiana del 2008, preoccupata di tenere più elettori possibili sotto il suo ombrello, non sta puntando tutto sulla possibilità di essere la prima donna presidente, anzi, lo lascia in secondo piano, ma quella di Chicago è una convention a trazione femminile: sera dopo sera, a lasciare il segno sono state senatrici, governatrici, deputate, donne che hanno «incarnato» attraverso le loro storie il tema dei diritti. Donne che sono riuscite a cambiare il partito dall’interno. Alexandria Ocasio-Cortez ha cementato qui il suo status, ora sì, davvero, di astro nascente, restando una voce a sinistra ma dentro il mainstream, con i racconti delle difficoltà della sua famiglia dopo la morte del padre per cancro a dimostrare le credenziali «working class», e allontanandosi dall’immagine di politica liberal di città bravissima con le dirette Instagram. Poco dopo di lei una Hillary Clinton finalmente empatica aveva passato la torcia a Kamala, spronando i delegati e i democratici a casa a tenere alte energie e impegno per frantumare finalmente il più alto soffitto di cristallo a novembre.
Tammy Duckworth, che ha perso entrambe le gambe in guerra in Iraq, prima disabile eletta al Congresso e prima senatrice a partorire durante il mandato, in pochi minuti martedì ha saputo tenere insieme il suo servizio militare in difesa delle libertà americane con la battaglia sui diritti, attraverso il racconto di quanto l’accesso alla fecondazione in vitro le abbia consentito di diventare madre. La senatrice dell’Illinois ha avvertito che se Trump tornerà alla Casa Bianca, i repubblicani non si fermeranno al divieto all’aborto, ma passeranno alla fecondazione, «incrimineranno dottori, diffameranno e spieranno le donne».
La mobilitazione per i diritti riproduttivi – come si è visto anche la prima sera con i racconti di tre donne le cui vite sono state messe in pericolo dalle leggi statali che vietano l’aborto – è un punto centrale della campagna Harris-Walz. I democratici sperano che attivi una mobilitazione simile o superiore a quella che nelle elezioni di metà mandato del 2022 fermò la prevista onda rossa repubblicana. Trump però, nonostante gli allarmi dei suoi stessi sondaggisti su come alienarsi una maggioranza netta del voto femminile possa costargli la presidenza, non aggiusta il tiro. Anzi, proprio martedì ha rivendicato di aver nominato i giudici che hanno portato all’abolizione di Roe v. Wade.
A proposito dell’ex presidente, anche i «pentiti» del Maga sfilati nell’arena erano soprattutto donne: l’ex portavoce Stephanie Grisham, che ha raccontato quanto il suo capo fosse odioso con i sottoposti, l’ex funzionaria della sicurezza nazionale Olivia Troye, la commentatrice conservatrice Ana Navarro.
Ieri, che era il giorno del candidato alla vicepresidenza Tim Walz, il palazzetto e i milioni di telespettatori a casa hanno iniziato a conoscere anche Gwen, la signora Walz: la prima first lady del Minnesota ad avere un ufficio nel palazzo del governatore. E a presentare il candidato vicepresidente è stata una dei nomi più riconosciuti nel partito, la senatrice Amy Klobuchar. E poi c’è Nancy Pelosi, la «madrina» di tutte loro, la boss – in platea ieri sera mentre parlava circolavano spillette che la ritraggono come «The Godmother» – che comunque vada ha cambiato il corso di questa elezione orchestrando la defenestrazione di Joe Biden.
«It’s a Man’s, Man’s, Man’s World», è una delle canzoni preferite di Trump: la ascolta sul Trump Force One, accompagnava spesso le sue entrate e uscite dal palco della convention di Milwaukee. Nella canzone di James Brown le donne sono indispensabili solo in quanto ancelle dei loro uomini. Qui a Chicago si è visto ed è stato raccontato un mondo ribaltato, un mondo di donne, dove gli uomini – dal secondo gentleman Doug allo stesso Obama – sembrano essere, per una volta, i «supporting partners».