Corriere della Sera, 23 agosto 2024
Khassan El-Kafarna, chirurgo ucraino-palestinese
«Sono qui in Ucraina. Ma vedo anche quello che succede a Gaza ogni giorno. E mi sento tradito da questo mondo in guerra». Madre ucraina e padre palestinese, Khassan El-Kafarna all’età di 2 anni si trasferisce con la famiglia dall’Ucraina, dove i suoi genitori si sono conosciuti, a Beit Hanoun, a Gaza. Ed è nella Striscia che la violenza cui assiste lo convince della necessità di fare il medico. Con questa idea in mente Khassan riparte per l’Ucraina, dove nel 2019 si laurea in medicina e inizia il suo tirocinio a Kiev. Il percorso di Khassan non è inconsueto. Prima del 2022 erano centinaia i giovani che dal Medio Oriente si trasferivano in Ucraina per frequentare l’università dati i costi bassi degli studi e la possibilità di avere una buona istruzione. Durante il tirocinio, il dottor El-Kafarna inizia a lavorare per Medici Senza Frontiere. E dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, si trasferisce a Est, a Kostantynyvka, prima, zona dove dal 2014 hanno luogo i combattimenti più cruenti. È qui che da chirurgo impara a gestire le mass casualties (i ferimenti di massa), le amputazioni e gli interventi più complicati, a lavorare con l’elettricità che salta e senza acqua corrente, rischiando in prima persona, dato che le strutture sanitarie non sono esenti dai raid, nonostante le Convenzioni di Ginevra proibiscano di colpire gli ospedali. Poi arriva a Pokrovsk. E qui ora coordina la terapia intensiva del principale ospedale civile della cittadina. Dopo l’inizio dei raid su Gaza, i suoi genitori e suo fratello hanno impiegato molto tempo a lasciare la Striscia. «È stato molto difficile e lungo avere i documenti per uscire. Prima sono arrivati a Kiev. Ma ora per fortuna, sono in salvo in Svizzera». Nonostante i genitori di El Kafarna siano passati da una zona di guerra ad un’altra, la famiglia ora si sente più sicura. E nonostante le numerose sfide, questo chirurgo palestinese in bilico tra due conflitti continua a lavorare. «Anche se non ci fosse la guerra, sceglierei comunque la medicina d’urgenza per salvare chi posso». Ventinove anni compiuti proprio ieri, El Kafarna ha curato pazienti di ogni tipo. Uno degli ultimi, un civile di 32 anni, colpito da un drone nel villaggio di Selydove. «Era ferito agli arti superiori e inferiori. Aveva perso molto sangue. Lo abbiamo tenuto 13 ore in terapia intensiva e gli abbiamo trasfuso 35 sacche di sangue. Poi lo abbiamo trasferito a Dnipro. Non so se sia sopravvissuto. So solo che in questi casi avere abbastanza sangue è fondamentale per salvare i pazienti. Ed è quello di cui avremo più bisogno nelle prossime ore».