La Stampa, 21 agosto 2024
Togliatti, il comunista che visse tre volte
Ogni tanto la morte dei leader finisce per rivelare qualcosa che non sapevamo: di loro e di noi. Palmiro Togliatti cessò di vivere il 21 agosto del 1964 a Jalta in Unione Sovietica: per tutta la vita il capo dei comunisti italiani era stato un uomo gelido, che aveva sempre anteposto la ragione ai sentimenti, che aveva considerato la politica una cosa troppo seria per lasciarla fare alla gente comune ma i suoi immensi funerali – compagni col pugno chiuso e altri che si facevano il segno della croce, tante persone che piangevano come fosse morto il padre – svelarono un rapporto politico ed umano profondissimo e non soltanto con il popolo comunista.
Quell’uomo così professorale, nel ventennio di vita democratica aveva “parlato” a milioni di italiani, trasformando un movimento di rivoluzionari bolscevichi, il Pci, in un “partito nazionale”. Nei tre, formidabili anni che vanno dal suo ritorno in Italia, nella primavera 1944 sino al varo della Costituzione, Togliatti compie due svolte inattese, da autentico capo e che segneranno in modo duraturo la storia italiana: il 27 marzo 1944, dopo 18 anni di assenza dall’Italia, il compagno Ercoli – era il suo nome di battaglia – sbarca a Napoli e in un’Italia sconfitta, occupata da due eserciti stranieri, si rivolge ad un partito di poche migliaia di rivoluzionari, primitivo nella sua visione manichea e dice: cari compagni fino alla fine della guerra bisogna collaborare con la Monarchia! È la famosa svolta di Salerno, che spiazza il gruppo dirigente, i quadri, i militanti.
E la seconda svolta, meno celebrata ma vista a distanza altrettanto lungimirante, si realizza tre anni dopo: nella primavera del 1947 i primi segnali di guerra fredda inducono Alcide De Gasperi ad escludere dal governo comunisti e socialisti. Palmiro Togliatti, anziché imporre una ritirata e una rappresaglia politica da parte dei membri comunisti all’interno dell’Assemblea costituente, chiede di continuare a scrivere la nuova Costituzione assieme a democristiani, liberali e socialdemocratici. Quella che trasforma Togliatti nel “rivoluzionario costituente” non è una decisione scontata e, vista con gli occhi dei leader di oggi, di destra e di sinistra, quasi incomprensibile.
E tuttavia prima di queste due svolte “nazionali”, nella stagione precedente, la lunga gelata stalinista, Palmiro Togliatti era stato il capo inflessibile dei comunisti italiani, protagonista di invettive disumane, testimone e talora anche artefice di decisioni ferali.
Si può ben dire che nessun leader italiano, e probabilmente europeo, ebbe la capacità di adattarsi con altrettanto realismo al drastico mutare della Grande Storia. Togliatti ebbe la ventura di vivere, ebbe la capacità di vivere tre diverse “vite”. Palmiro Togliatti era un uomo colto, di vaste letture e anche in questo caso la distanza con le leadership attuali è molto estesa. Lesse Marx e Kant, Croce ed Hegel e la sua capacità di adattamento – le sue tre “vite” – dimostrano che fu interprete magistrale dello storicismo hegeliano. Nel senso che guidò il Pci con l’idea costante che tutto ciò che è reale è razionale e tutto ciò che è razionale è reale.
Palmiro era nato nel 1893, nel giorno della Domenica delle Palme – da qui il suo nome – e nella sua infanzia, trascorsa assieme ai genitori maestri di scuola, originari delle Prealpi torinesi, si susseguirono tanti trasferimenti da una parte all’altra d’Italia, sinché Palmiro approda a Torino. Per mantenersi agli studi, partecipa al concorso che il Collegio Carlo Alberto apre anche ai diplomati delle vecchie province del Regno sardo. Il giovane Togliatti, che può concorrere perché aveva studiato a Sassari, arriva secondo e un giovane che in Sardegna è nato, si classifica nono: si chiama Antonio Gramsci. Da allora inizia l’amicizia e un sodalizio politico, prima nel Psi e poi assieme, tra i protagonisti della scissione di Livorno, nella quale nasce il Pci. Ma le loro vite si divaricano quando il fascismo toglie ogni spazio agli oppositori: Gramsci è arrestato e Togliatti costretto a fuggire nel 1926 a Mosca. È qui che si consuma la prima vita di Togliatti: nel terribile hotel Lux di Mosca, il trentenne capo del Pci vede atrocità di ogni tipo: sono gli anni più sanguinari dello stalinismo. Esegue direttive e pronuncia parole terribili, il vecchio capo socialista Filippo Turati e il martire Giacomo Matteotti vengono equiparati, come nemici, a Mussolini. Togliatti è con Stalin quando stringe con Hitler il patto che avrebbe dovuto portare alla annessione di parte della Polonia e dei Paesi Baltici. Proprio contro il Patto si dissocia coraggiosamente, e perciò viene espulso dal Pci, Umberto Terracini.
Ed ecco la grandezza di Togliatti: a guerra finita, nel 1946 quando arriverà il momento di stabilire quali compagni dovessero far parte dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea costituente, il Pci indica Terracini. E un anno dopo la presidenza andrà proprio all’ex espulso. Sarà Terracini, un comunista, a mettere la sua firma sotto la Costituzione italiana, assieme a De Gasperi e a De Nicola.
Appunto, la Costituente. Nella primavera del 1947 il governo tripartito (Dc, Pci, Psi) si scioglie, le sinistre sono messe alla porta e nasce il primo governo “centrista” guidato sempre da De Gasperi. È una svolta enorme e tocca a Togliatti e Nenni decidere che fare dentro la Costituente che sta ancora elaborando gli articoli della futura Costituzione. E decidono di restare, di collaborare. Molti anni dopo ha riflettuto Emanuele Macaluso: «Quella Costituzione non era scritta nel quadro internazionale e a quell’approdo si arriva grazie all’intelligenza politica di Togliatti».
Certo, negli anni Cinquanta tornerà spesso il Togliatti della “prima vita” e le sue invettive contro nemici ed intellettuali attingeranno ad un settarismo feroce. Andrè Gide verrà definito “maestro di pederastia” e Albert Camus un “falsario”. E molto ingeneroso sarà anche il giudizio sul suo principale avversario, Alcide De Gasperi. Ma proprio De Gasperi e Togliatti forgiarono l’Italia del dopoguerra. È di Silvio Lanaro, fine storico, tutt’altro che comunista, una definizione lapidaria: De Gasperi e Togliatti furono due leader diversi e contrapposti ma uniti da qualcosa di grande e immateriale: «Un immenso carisma». —