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 2024  agosto 21 Mercoledì calendario

Crimini nazisti, confermata la condanna a due anni della novantanovenne Irmgard Furchner. Fu complice di 10.505 omicidi


BERLINO Due anni con la condizionale. Anche se in tribunale arrivava su una sedia a rotelle, la testa coperta da un fazzoletto a fiori o un basco bianco, la mascherina sulla bocca come ai tempi del Covid per nascondere di sé quanto poteva, Irmgard Furchner, 99 anni – Irmgard F. per la legge tedesca, che tutela l’anonimato – è stata ritenuta colpevole. Di complicità nella morte di 10.505 persone nel lager di Stutthof, vicino a Danzica. Era la segretaria del campo, all’inizio solo 17enne, e questa è per la Corte di Giustizia tedesca una colpa che né il tempo né l’età possono cancellare. E così Irmgard F. sarà, con ogni probabilità, l’ultima cittadina tedesca a essere condannata per i crimini nazionalsocialisti.
Quello di ieri a Karlsruhe, dove i giudici hanno confermato la sentenza emessa 2 anni fa a Itzehoe da un tribunale minorile – perché lei, quando i fatti iniziarono, era minorenne – è stato l’ultimo grado di giudizio. Nel 2021, chiamata infine a comparire in tribunale, Irmgard F. ha preso un taxi nella casa di riposo ed è scomparsa. La più anziana latitante di sempre. Ma non è stato difficile rintracciarla. 
Dei suoi anni di guerra sono rimaste alcune foto: una ragazza in vestito lungo appoggiata al muro di mattoni, sicura, quasi spavalda. Fu dal giugno 1943 all’aprile 1945 l’unica dattilografa e segretaria di Paul Werner Hoppe, il comandante di Stutthof. Sul suo tavolo transitavano le sue lettere, era lei a battere tutti gli ordini. Incluso quello del 1944, quando Hoppe scrive che è arrivato il «dispositivo antigas», e che quindi le camere della morte potevano aprire. Era lei a richiedere i carichi di Zyklon B. 
Per questo quando ha sostenuto che ignorava cosa davvero succedesse a Stutthof, non è stata creduta. Ammissioni non ne ha mai fatte, una sola volta, a processo in corso, ha detto di «rimpiangere di essersi trovata lì». Il procuratore Maxi Wantzen ha avuto gioco facile nel sostenere che dalla sua scrivania si vedeva il camino del crematorio. «Nessuno può dimenticare l’odore dei corpi bruciati». Paradossalmente, è stata lei stessa a incolparsi: negli anni Cinquanta aveva reso delle testimonianze nei processi contro i gerarchi, spiegando in cosa consistesse il suo lavoro.
Stutthof, sulla costa baltica, non fu dall’inizio un campo di sterminio. Ma di concentramento, di smistamento – anche verso Auschwitz – e di lavori forzati. Lo diventò solo nel 1944, quando si era ormai entrati in quella che Goebbels chiamò «guerra totale». Vi morirono prigionieri polacchi, russi e anche migliaia di ebrei: in tutto, secondo il centro di documentazione Archivi Arolsen, 65 mila persone. In quella macchina infernale Irmgard non aveva ruoli di comando, né era un ufficiale SS: era l’addetta alla burocrazia del Reich, l’impiegata.
Ma è dal 2011, quando è andato a processo l’ucraino-americano Ivan Demjanjuk, il «guardiano di Sobibor», che la giustizia tedesca ha ristretto le sue maglie. Non sono perseguibili più solo i comandanti, ma quanti hanno partecipato come «complici» a far funzionare i lager. 
La sentenza ha altre implicazioni, scrive Reinhard Muller della «Faz». Chi partecipa a crimini contro l’umanità, in Bosnia o in Siria o in Ucraina, anche solo come membro della macchina repressiva dello Stato, sul suolo tedesco non è più immune. Quanto agli ultimi criminali hitleriani superstiti, ve ne sono altri tre noti alla giustizia. Hanno tra 99 e 101 anni, in tutti e tre i casi è improbabile che si arrivi in aula. E così Irmgard Furchner che per oltre settant’anni ha messo una barriera tra sé e i ricordi, trascorrerà i suoi rimanenti anni, o mesi, o giorni nella casa di riposo come l’ultima criminale nazista.