La Stampa, 22 agosto 2024
Kamala Harris, per gli Obama: «Yes she can»
Questa sera Kamala Harris terrà il discorso di accettazione della nomination democratica chiudendo la Convention e portando il partito (e forse l’America il 5 novembre) in una nuova dimensione. Il presidente Joe Biden è in California a trascorrere le vacanze. Le sue lacrime di lunedì sera sembrano un lontano ricordo, la sua presidenza è zoppa, nonostante le promesse di portare a termine il lavoro. Ma è evidente che il partito democratico ha voltato pagina, i delegati con i cartelli “We Love Joe” nel floor dello United Center hanno omaggiato e salutato l’anziano condottiero. «Amo il mio lavoro, ma il Paese è più importante», ha detto lunedì sera quando ha rivendicato la scelta di Kamala Harris come vice, la migliore presa.
Quello che si mostra fra musica rock, rap e ballate a Chicago è invece un partito in cui regnano gli “Obamas”. Le mosse del candidato vice Tim Walz – che ieri ha tenuto il suo discorso introdotto da Amy Kloubachar e da un suo ex studente e attuale vicino di casa, Ben Ingman – e di Kamala Harris, ragionava ieri la National Review, avvengono dentro il perimetro dell’ex coppia presidenziale. Loro hanno lanciato Kamala Harris e martedì sera hanno tenuto due discorsi potenti che hanno dimostrato come siano loro i principali azionisti del Partito.È stato affilato e forte con una chiamata alla mobilitazione nel nuovo slogan “do something”, fai qualcosa, quello di Michelle, il migliore sinora; dottorale, pedagogico e articolato quello di Barack. Entrambi capaci di alternare momenti in cui la folla è rimasta ad ascoltare in religioso silenzio e a prendere appunti ad alcuni in cui boati, slogan, applausi hanno fatto tremare le tribune.Otto anni dopo aver lasciato la Casa Bianca, gli Obamas hanno rispolverato antichi fasti rimettendo al centro della politica la parola “hope”, “la speranza che torna” con Kamala; e aggiornato al femminile il celebre slogan, ora è “lei che può farcela”, “she can”, ritmato dalla gente in visibilio. Gli affondi contro Trump sono stati ficcanti, le battute sagaci, sottilmente ironiche e talvolta perfide, ma è come se il mondo democratico avesse capito che forse potrebbe servire più una risata a seppellire il tycoon piuttosto della stantia gravitas della minaccia alla democrazia cui Biden infarciva discorsi che anche l’altra sera non tutti gli spettatori ascoltavano per intero, preferendo prendere la via di casa.La lezione di Tim Walz, l’uomo che ha coniato lo slogan dei “tipi strani” ("weirds") per descrivere JD Vance e Donald Trump, è applicata da molti oratori. Barack Obama ha ricordato che il film di Trump alla Casa Bianca l’abbiamo già visto e che «i sequel sono spesso ben peggiori». Ha ironizzato sull’ossessione di Trump «per la grandi folle», imitandone la gestualità, quelle due mani avanti che si muovono sincronizzate misurando lo spazio. Ha ricordato che la Convention ama dare la nomination a persone «con nomi buffi», Obama e Kamala, lanciando la vicepresidente a scrivere un «nuovo capitolo» perché «l’America è pronta per una storia migliore». «Kamala è pronta per questo compito». Michelle ha dipinto Trump come un uomo dalle vedute «limitate e ristrette» che «si sente minacciato dall’esistenza di due persone altamente istruite, che lavorano sodo e di successo che guarda caso sono pure black». E «chi gli dirà che il lavoro a cui ambisce potrebbe proprio essere uno di quei lavori da neri?» (black jobs, ndr). Loro ci sono arrivati prima di lui, loro, gli Obamas hanno vissuto a Pennsylvania Avenue prima di Trump.Ieri sul palco è salito anche Bill Clinton, 78 anni, in una serata caratterizzata da diversi big (come Nancy Pelosi, Pete Buttigieg e Hakeem Jeffreis) e dalle performance di Stevie Wonder e di John Legend che con Sheila E. ha omaggiato Prince l’artista del Minnesota, lo Stato di cui Tim Walz è governatore. Era anche attesa Amanda Gorman, la poetessa diventata celebre nel giorno dell’insediamento di Biden il 20 gennaio 2021.Bill Clinton è stato il primo a ricevere la telefonata – il 21 luglio – di Kamala Harris che gli annunciava avrebbe corso per la presidenza e gli chiedeva sostegno. E lui e la moglie Hillary – a proposito di ironia lei lunedì ha esaltato la risata di Kamala, oggetto di scherno di Trump invece – sono stati i primi big a schierarsi pubblicamente con la vicepresidente.Negli anni ’90 Clinton, governatore dell’Arkansas privo di esperienza politica a Washington, era riuscito nell’impresa di chiudere 12 anni di reaganismo e plasmare la sinistra americana attorno alla globalizzazione e alla forza della classe media. Ora ai democratici ha chiesto di mobilitarsi e votare il ticket Harris – Walz per difendere l’America da Trump e aiutare la classe media di cui sono emanazione.