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 2024  luglio 06 Sabato calendario

Biografia di Carlo Buccirosso

Carlo Buccirosso, nato a Napoli il 7 luglio 1954 (70 anni). Attore. Commediografo. Regista teatrale. Al cinema nei film di Carlo Vanzina, in ruoli fondati «sull’antropologia dell’uomo napoletano medio o piccolo borghese» (Rodolfo Di Giammarco, Rep 23/11/2021) • Anni di sodalzio con Vincenzo Salemme • Due film con Paolo Sorrentino. In La grande bellezza (Paolo Sorrentino, 2013) è l’amico di Jep Gambardella «che danza sudato e non nasconde testosterone e dialettale aspirazione primitiva: “Te chiavasse…”» (Malcom Pagani, Fatto 22/5/2013). In Il Divo (2008), su Giulio Andreotti, interpreta Paolo Cirino Pomicino, celebre la scena in cui prende una ricorsa e fa una scivolata nel bel mezzo del Transatlantico. «Una scivolata in realtà mai avvenuta, ma perfetta per descrivere un desiderio onirico di potere assoluto» (Fabrizio Roncone, CdS 9/11/2021) • Un Nastro d’Argento per Song’e Napule (Manetti Bros., 2013) • Un David di Donatello, per Noi e la Giulia (Edoardo Leo, 2015), in cui era un camorrista che in un primo momento chiede il pizzo ai tre protagonisti, ma poi li aiuta in una rocambolesca fuga • Da ultimo: è stato Alessandro Vitali, il capo della procura di Matera che tiene sulla scrivania una statuetta di Pulcinella nella fiction Imma Tataranni - Sostituto procuratore (Rai 1, 2019-2023) • Riservatissimo. Non si sa nulla della sua vita sentimentale. Rilascia pochissime interviste, usa i social solo per fare pubblicità ai suoi spettacoli • Benché sul palcoscenico o davanti alla telecamera interpreti spesso il ruolo dello stronzo, tutti lo descrivono come un uomo buono, al massimo un po’ pignolo • L’attrice Barbara De Rossi lo ha definito «un napoletano inglese» • Lui dice: «Sono un comune mortale. Vivo tra paure, ansie, preoccupazioni e insicurezze». Solo quando deve spiegare come mai ha scelto di fare la vita che ha fatto, si mostra privo di ombre: «La mia era una vocazione, simile a quella di chi vuole diventare prete».
Titoli di testa «Ero di natura timido, quindi la sofferenza è stata tanta: diventavo rosso, le orecchie viola, parlavo freneticamente, non pensavo, allora balbettavo. Il teatro mi ha dato la tranquillità. Eppure mi dicevano che ero bravo» (Alessandro Ferrucci, Fatto 7/1/2024).
Vita Origini nella Napoli più popolare. «Sono cresciuto nel periodo migliore, del benessere da conquistare, delle prospettive, dei sogni». Dice che la città della sua infanzia ha un rumore particolare. «La voce di un tizio che vendeva la ricotta di fuscella: girava per le vie con un cesto in testa; e poi la Napoli dei contrabbandieri di tabacco: quando arrivava la Finanza sentivo sempre qualcuno che ripeteva “u cafè, u cafè”» • «Ho compiuto tutta la vecchia trafila, a partire dal militare, quello serio, pesante: mesi e mesi a Novara in mezzo al nonnismo […]». Nonnismo? «Cazzo, mi hanno ucciso». È salvo. «All’inizio no, poi ho capito come sopravvivere: mi trovavano simpatico, quindi sono diventato una mascotte. Erano terribili. C’era il jukebox: chiudevano le matricole in un armadietto di ferro, poi buttavano dentro cento lire ed eri costretto a cantare quello che chiedevano». Lei cantava? «No, prestavo le cento lire» […] «Quando sono tornato era il 1980. C’era stato il terremoto, ma non sapevo nulla, i miei me l’avevano nascosto; ricordo la metropolitana di Napoli invasa da sfollati, ci dormivano, ma i miei camminavano per casa senza preoccuparsi delle scosse continue». E lei? «Morto di paura; però quella Napoli lottava, oggi per alcuni aspetti è troppo frivola ed egoista» • Si iscrive a giurisprudenza, pensa di fare l’avvocato. «Ho lasciato quando mancava un solo esame, ma non c’era più la voglia, già lavoravo in teatro. Avevo la media del 28» • Carlo ha debuttato al San Ferdinando a 24 anni: in Ballata e morte di un capitano del popolo. Per il resto, mai stato all’Accademia, mai frequentato nemmeno una scuola di dizione. «Mi è bastato stare due anni nella compagnia di Umberto Orsini» • Orsini, classe 1934, pezzo grosso del teatro italiano, ha recitato con la compagnia Morelli-Stoppa, con Sarah Ferrati e con Gabriele Lavia, è stato direttore artistico del Teatro Eliseo di Roma • «È stato come andare in Inghilterra per studiare l’inglese; con lui ho imparato l’italiano». La rimproverava? «Moltissimo ed ero l’unico napoletano della compagnia; mi prese dopo avermi visto al Piccolo di Milano per un ruolo da marchese misantropo; (ci ripensa) mi riprendeva anche perché dopo lo spettacolo non andavo a cena con lui ma con i tecnici». Si sentiva snobbato… «A me piace cambiare: magari in un pub, mentre lui sempre al ristorante; quando mi ha chiamato tremavo, eppure non ero un ragazzino, era il 1992» […] «Quando mi ha chiamato Orsini, non sapevo se accettare, poi nel momento in cui scoprii la paga rimasi a bocca aperta e un “o cazzo” sulle labbra». Quanto? «Paga quadruplicata. Andavo in scena con il cuore in gola e il pensiero: la devo meritare» […] Ha girato il sequel di Febbre da cavallo. «(Ride) L’ho reso più bello; (cambia tono) da quel film è forse iniziata la vera carriera». Cioè? «Quelli della Warner Bros vennero alla prima e dopo la proiezione mi fermarono: “È talmente bravo che potrebbe diventare la nostra mascotte al posto di Willy il Coyote”; (pausa) me lo dissero in inglese, neanche capii». E poi? «Mi contattarono per un contratto di tre film, ma è intervenuto uno che mi ha fatto saltare l’offerta». A quell’uno l’ha giurata. (Cambia tono) «Certo». Resta che ha lavorato con Proietti. «Prima delle riprese alcuni mi avevano allarmato: “Occhio che Gigi è complicato, difficile, se non si trova bene sono cavoli”. Invece tra di noi c’è stato un rispetto clamoroso» • Dice di sentirsi più vicino a Eduardo De Filippo che a Totò. «Con lui sono stato comparsa, ma solo nel primo atto, così restavo dietro le quinte per vedere il secondo; quando Eduardo passava mi vedeva e chiedeva al direttore: “Chi è questo?”. E mi mandava via. Passavano due minuti e tornavo». Ci ha mai parlato? «Una volta. Era meglio evitare». Perché? «Chiesi al figlio Luca: “Secondo te posso fare la comparsa in televisione?”. E lui: “Parla con papà”. “No, no”. “Tranquillo, si sta truccando”. Mi avvicino, e allora non c’erano le porte, ma le tendine. Aspetto qualche minuto per calmarmi, quindi busso sul muro. “Chi è?”. “Direttore, sono una comparsa…”. “Ma chi è?”. “Sono una comparsa…”. “Ma lei, chi è?”. In realtà intendeva: chi è per presentarsi qui». Bell’approccio. «Però mi disse di sì» (Ferrucci).
Amori Dice che per seguire la sua vocazione ha rinunciato a una fetta di libertà. «E poi vivi con i bagagli in mano, solo alberghi, è difficile mantenere una relazione sentimentale o i rapporti con i parenti. E poi avere o pensare ai figli».
Curiosità Nel mondo dello spettacolo ha pochi amici. «In primis Sabrina Ferilli, donna vera, sincera, persona rarissima; poi Nancy Brilli e Giorgio Panariello» • «In questo mondo l’amicizia lascia un po’ il tempo che trova. Ci provai all’inizio ma presto mi accorsi che era una causa persa. Durante la costruzione di uno spettacolo si viene inevitabilmente a creare una sorta di complicità che però svanisce una volta terminata la rappresentazione. Gli amici veri sono quelli sconosciuti che conosci da tutta la vita e che farebbero qualunque cosa per te come tu per loro senza la pretesa di ricevere nulla in cambio» • «Credo che Sorrentino m’abbia voluto per schizofrenia, napoletanità e surrealtà» • Sorrentino, dopo Il Divo (2008) e La grande bellezza (2013), aveva pensato a lui anche per È stata la mano di Dio (2021). «Ho ringraziato ma era un ruolo con due o tre passi indietro rispetto ai due film precedenti» • Le piace la tv? (Ci pensa) «C’è il regista che ti dà i tempi, ti taglia, gli sceneggiatori che ti dicono quello che devi o non devi dire. La trovo complicata, più del cinema» • «Ho capito una cosa: nella vita non bisogna perdersi in troppi progetti. Invece oggi gli attori pretendono pure una carriera da cantanti, showman, giullari in tv. Vogliono apparire ovunque. Li vedo dappertutto. E alla fine perdono credibilità». Invece? «L’attore si deve nascondere il più possibile e poi stupire» Lei è un comico-serio. «Davvero? La ringrazio» (Ferrucci)
Titoli di coda E Pomicino? «Mi chiamò appena uscito dal film per lamentarsi di come ballavo durante la scena della festa a casa sua: “Non sono così”. “E io cosa ne so?”; poi mi invitò al suo compleanno». Siete diventati amici? «No, mai più sentito» (ibid.).