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 2024  luglio 11 Giovedì calendario

Biografia di Christian «Bobo» Vieri

Christian «Bobo» Vieri, nato a Bologna il 12 luglio 1973 (51 anni). Ex calciatore, di ruolo attaccante (Torino, Pisa, Ravenna, Venezia, Atalanta, Juventus, Atlético Madrid, Lazio, Inter, Milan, Monaco, Fiorentina; Nazionale Under-21, Nazionale Under-23, Nazionale maggiore). Vincitore con la Juventus del campionato 1996/1997, della Coppa intercontinentale 1996 e della Supercoppa Uefa 1996, con la Lazio della Supercoppa italiana 1998 e della Coppa delle coppe 1998/1999, con l’Inter della Coppa Italia 2004/2005; con la Nazionale Under-21 dei Campionati d’Europa Under-21 1994 e 1996. Capocannoniere del campionato spagnolo 1997/1998 e del campionato italiano 2002/2003 (24 reti in entrambi). Detentore, insieme a Paolo Rossi e a Roberto Baggio, del primato italiano di marcature nei Campionati del mondo, con 9 reti complessive. «Nella memoria comune è un ex campione juventino, un ex grande interista e un giocatore a fine carriera nel Milan» (Arianna Ravelli). «Il momento più bello della sua vita? “Quando segnavo un gol, e facevo alzare ottantamila persone che urlavano il mio nome. Il bello non era tanto fare gol, ma sentire la gioia che davo al pubblico. È un’adrenalina che, quando smetti di giocare, non hai più. Nessuno può capire: solo un attaccante, solo un bomber”» (Sara Faillaci) • «Posso chiamarla Christian? “Mi ci chiamano in pochi…”. È un bel nome. Bobo […] non è un soprannome da eterno bambino? “A me piace: è divertente”. Come è nato? “Mio padre Roberto era Bob. A soprannominarmi Bobo ha iniziato Alessandro Brunetti nelle giovanili del Torino. Venivo dall’Australia, parlavo poco italiano. Da Bob a Bobo il passo è stato breve”» (Gaia Piccardi) • Primo dei tre figli (con Massimiliano, già calciatore di scarsa fortuna, e Veronica, stilista di abbigliamento per bambini) dell’italiano Roberto «Bob» Vieri, ex calciatore (Prato, Sampdoria, Juventus, Roma, Bologna), e della francese Christiane «Nathalie» Rivaux. «Roberto Vieri era un numero dieci, fin troppo. Inventava e sprecava. […] L’anno in cui concepì Christian giocava a Bologna. […] Quando in Italia non riuscì più a sorprendere nessuno, partì per l’Australia» (Gabriele Romagnoli). A Sydney, dove aveva trasferito definitivamente la famiglia nel 1977, Roberto Vieri giocava nei Marconi Stallions, squadra calcistica della locale comunità italiana, mentre il primogenito si dedicava soprattutto al cricket. «E molta atletica, molto nuoto. Tutto, pur di non andare a scuola. Una volta ho saltato tre mesi di fila. Telefonavano i professori e io dicevo che dovevo badare ai fratellini, che avevo il morbillo, che avevo gli orecchioni. Poi un giorno mio padre l’ha scoperto e me ne ha date un sacco e una sporta» (a Gianni Mura). «Papà Bob: “L’ho menato una sola volta nella vita: quella. Gliene diedi tante che quando alzo il braccio, ancora oggi, mi fanno male le costole. Per punizione lo confinai in macchina fino all’alba…”. Maglietta e bermudini stirati la mattina, tagli in faccia e ginocchia sanguinanti la sera. Ogni sera. Mamma Nat: “Sfasciava tutto, una peste. Sette vetri rotti a settimana. Una volta lanciò Massimiliano, suo fratello, fuori dalla portafinestra, un’altra gli spaccò l’arcata sopraccigliare”. E lui? “Da ragazzino era alto e magrino, ma non si rompeva mai”. Quella volta del vaso di spine: “Ci s’infilò cadendo. Passammo tre ore dal medico per togliergli gli aculei, uno a uno”. O delle scarpe: “Gliele tiravo in testa. Rimbalzavano”» (Piccardi). Finalmente innamoratosi del calcio, dopo un’esperienza nei Marconi Stallions Christian Vieri decise di rimpatriare, potendo contare sull’ospitalità dei nonni paterni a Prato. «“A 14 anni ho voluto tornare in Italia per fare il calciatore: da allora ho sempre vissuto la vita e ho deciso con la mia testa cosa fare”. […] Il ritorno in Italia da ragazzino come è stato? “Mi facevo capire, con il mio accento australiano. Giravo sempre in ciabatte e pantaloncini, in stato pietoso. Mi chiedevano dove andavo così conciato e io rispondevo con delle parolacce: in inglese”. […] Si è mai sentito straniero o fuori posto nei primi anni italiani? “Sì, perché al bar sentivo dire che io giocavo a calcio per mio papà, che ero un raccomandato. Ero un bambino, vivevo da solo coi nonni e sentivo l’invidia: mi sono dovuto fare forza, difendermi. Anche con qualche ‘vaffa’ dei miei”» (Mirko Graziano e Paolo Tomaselli). «Introverso, chiuso, diffidente, andò a giocare nel S. Lucia di Prato e si accordò col nonno Enzo per il primo premio partita della sua carriera: 5 mila lire a gol. Siccome ne segnò quattro all’esordio, anche se inizialmente era terzino sinistro, e poi altri in successione algebrica, il nonno passò da 5 mila lire a mille» (Maurizio Crosetti). Nel 1990 il trasferimento nel settore giovanile del Torino. «Per combattere la nostalgia di una casa dall’altra parte del mappamondo, Vieri quand’era nel Toro si diede alle pizzette dello Sweet Bar, il buco di via Filadelfia, ritrovo degli Ultras granata. Ne ingoiava a decine, dopo gli allenamenti» (Crosetti). «“A Torino è stata dura. Guadagnavo 300 mila lire al mese e ne pagavo 100 di rate per televisore e videoregistratore”. Aveva la stanza piena di film porno, ho letto. “Ce n’era anche qualcuno normale. Quand’ero al Torino ho scambiato la maglia con Van Basten e ho pensato: Bobo, un po’ di strada l’hai fatta”» (Mura). Nel 1991 il passaggio tra i professionisti, nel Torino allenato da Emiliano Mondonico: il 30 ottobre l’esordio in Coppa Italia contro la Lazio (con tanto di gol), il 15 dicembre il debutto in Serie A contro la Fiorentina. Seguirono tre stagioni di consolidamento in Serie B. «I 20 anni, li ha fatti tra Pisa e Ravenna. Era ancora un bomber di provincia. “E neanche tanto bomber: a Pisa avevo fatto appena due gol, con partite orribili, senza scusanti. Il presidente Anconetani faceva bene a insultarmi. Poi a Ravenna mi sono innamorato della Romagna, purtroppo siamo retrocessi ma volevo restare anche in C: stavo troppo bene”. Invece va a Venezia, dove incontra Maifredi. “Il Maifer, l’ho avuto sei mesi, ma lo sento ancora. È di una simpatia enorme”» (Graziano e Tomaselli). Nel 1995 il ritorno in Serie A con l’Atalanta allenata da Mondonico; l’anno successivo, il passaggio alla Juventus di Marcello Lippi. «Mondonico l’ha piallato come un pezzo di legno grezzo, se l’è portato a Bergamo, gli ha dato la scuola calcistica che Vieri non ha mai avuto. Il resto, l’ha fatto Lippi» (Crosetti). «Per lui, Gianni Agnelli fece la peggior figura mediatica della sua vita, colpa di Luciano Moggi. “Vieri non è sul mercato, come Brigitte Nielsen: me l’ha assicurato il nostro direttore generale”. Pochi giorni dopo, la Juve cedette il centravanti all’Atlético Madrid» (Crosetti). «È andato in Spagna, ha segnato 24 reti e conquistato il titolo di miglior attaccante con la maglia dell’Atlético nella Liga, che non è un campionato di brocchi. Poi s’è preso l’azzurro, sbaragliando la concorrenza di Casiraghi e Ravanelli» (Andrea Galdi). «Ho lasciato l’Australia e la famiglia a 14 anni con due sogni: giocare in A e vestire la maglia della Nazionale. Quasi mi scoppiava il cuore quando Cesare Maldini, un secondo padre per me, mi chiamò in Under-21: prima di ogni gara andavo in bagno e piangevo fra gioia e tensione. Rappresentare il proprio Paese è la cosa più eccitante per me» (a Mirko Graziano). La sua esperienza nella Nazionale maggiore parve iniziare sotto i migliori auspici: al suo esordio, infatti, il 29 marzo 1997 (Italia-Moldavia 3-0), segnò il millesimo gol della storia degli Azzurri. In maglia azzurra però Vieri non riuscì ad alzare alcun trofeo, nonostante le buone prestazioni personali, soprattutto ai Mondiali del 1998 e del 2002 (rispettivamente 5 e 4 reti in altrettante partite). Nel 1998, «quando la Francia ci eliminò dai Mondiali ai rigori, Bobone andò a piangere sulla spalla di Zidane, letteralmente, e Zizou gli disse: “Dài, non fare così, sei il mio fratellino”. Infatti erano stati sempre insieme, in quell’anno bianconero di Vieri, a sommare i loro silenzi» (Crosetti). Tornato in Italia nel 1998, fu ingaggiato prima dalla Lazio e poi, un anno dopo, dall’Inter. «Una stretta di mano tra Cragnotti e Moratti ha chiuso l’affare più costoso della storia del calcio. Christian Vieri, 26 anni ancora da compiere, lascia la Lazio per giocare nell’Inter e diventare così il calciatore più pagato del mondo. A Moratti sono bastate ventiquattr’ore per trovare l’accordo. È stato sufficiente dire sì su tutto e a tutti. Ha accontentato Cragnotti presentando un’offerta di sessantanove miliardi in contanti da versare in tre rate da 23 ciascuna. Ha accontentato Mancini, che nella doppia veste di dirigente e uomo di fiducia di Eriksson [all’epoca allenatore della Lazio – ndr] chiedeva una contropartita tecnica: alla Lazio Moratti spedisce Diego Simeone, valutato 21 miliardi. E alla fine ha accontentato anche Vieri, che per la più classica delle “scelte di vita da giocatore” ha pensato bene di cambiare il suo nono club in otto anni e strappare così un contratto di cinque stagioni, a scadenza nel giugno 2004. Un accordo che gli farà guadagnare fino a venti miliardi lordi a stagione» (Giulio Cardone e Gianluca Moresco). «“Ho sempre detto di aver scelto l’Inter per poter giocare con Ronaldo, il Fenomeno. Sono stato sei anni a Milano. Anni importanti, belli, sofferenti, di cui non cambierei nulla. Anzi, sì, solo un risultato alla fine”. Il riferimento è al 5 maggio 2002, quando l’Inter di Cúper e Vieri perse all’ultima giornata per 4-2 in casa contro la Lazio, ex squadra di Vieri, e per questo perse lo scudetto, vinto al fotofinish dalla Juventus» (Matteo Albanese). «Quella sconfitta ci ha distrutti perché eravamo stati in testa dall’inizio. E subito dopo l’Italia è stata eliminata al Mondiale dalla Corea. Due botte così ravvicinate hanno lasciato il segno. Però sono state anche un incentivo per ripartire meglio» (ad Alessandro Bocci). «Nella stagione successiva trascinò l’Inter fino alla semifinale di Champions League… “A proposito di rimpianti, segnai i due gol qualificazione con il Valencia, poi proprio al Mestalla mi feci male al ginocchio e addio doppia sfida col Milan. Ancora oggi non perdono Materazzi e Carew (ride, ndr): mi cascarono addosso e mi ruppero. Incredibile, infortunio assurdo. Eravamo maturi per quella Coppa e io stavo benissimo. Potevamo vincerla”» (Graziano). Conclusa all’Inter la fase migliore della sua carriera, tra il 2005 e il 2009 si diede a un’incessante peregrinazione, tra Milan, Monaco, Atalanta, Fiorentina e ancora Atalanta, segnata da una lunga serie di infortuni e di polemiche per le sue presunte distrazioni extracalcistiche (principalmente donne e discoteche), rassegnandosi infine al ritiro, a 36 anni. «Due Mondiali, il terzo svanito per poco. “Lippi nel 2006 mi voleva portare in Germania. Ma avrei dovuto giocare, e al Milan stavo in panchina. Così a gennaio ho scelto di trasferirmi al Monaco, in Francia, però mi sono rotto il ginocchio e tutto è svanito. Il calcio è così”» (Bocci). «Sicuramente la delusione più profonda a livello professionale. […] Ho metabolizzato il non partecipare ai Mondiali del 2006 con gli anni. All’inizio non riuscivo neanche a rivedere le partite: soffrivo troppo» (a Nicola Mirenzi). «Nell’autunno 2006 seppe dai giornali che, nell’ambito dell’inchiesta Telecom, era stato trovato un dossier su di lui dal quale emergeva che era stato pedinato e che, altrettanto illegalmente, erano stati acquisiti i suoi tabulati telefonici. […] Un fascicolo che, secondo l’accusa, sarebbe stato formato da Emanuele Cipriani, titolare dell’agenzia investigativa Polis d’Istinto, su richiesta dell’Inter, che voleva capire come mai il rendimento atletico del bomber fosse precipitato ai minimi. […] Bobo è “amareggiato e deluso”, prima di tutto dal comportamento del presidente Massimo Moratti. “Con lui avevo un rapporto ottimo, quando segnavo. Poi le cose sono cambiate”» (Giuseppe Guastella). Per tale ragione il calciatore fece causa alla Telecom e all’Inter, chiedendo complessivamente un risarcimento di oltre 21 milioni di euro: ottenne inizialmente un milione di euro, somma che nei successivi gradi di giudizio fu drasticamente ridotta, fino alla condanna di Vieri al risarcimento delle spese legali sostenute dalle due società. Dopo il ritiro, tra le altre cose, Vieri ha costituito alcune società (in buona parte fallite), ha prestato il suo volto a varie campagne pubblicitarie (Tim, Gillette, Fonzies), ha partecipato a Ballando con le stelle (Rai 1, 2012), è stato commentatore sportivo per emittenti statunitensi (Bein Sports, Paramount+) e italiane (Italia 1, Rai 1), ha conseguito la licenza da allenatore «Uefa A», ha firmato un’autobiografia (Chiamatemi bomber, Rizzoli 2015, scritta con Mirko Graziano) prodiga di dettagli sulle sue imprese amatorie, ha organizzato tornei di beneficenza di footvolley e di padel e, da ultimo, ha ideato e condotto la Bobo Tv, sorta di trasmissione calcistica a base di «chiacchiere in libertà con gli amici, aneddoti, cazzeggio» che, nata su internet ai tempi del confinamento causa pandemia, riscosse grande successo grazie alla formula basata sull’interazione tra Vieri e altri tre ex calciatori suoi amici (Nicola Ventola, Lele Adani e Antonio Cassano), che però nel novembre 2023 ne sono stati improvvisamente estromessi • Nel 2019, dopo una lunga serie di frequentazioni femminili per lo più occasionali («dai diciotto anni in avanti i giorni di astinenza sono stati davvero pochini», «c’erano gnocche dappertutto», «facevo quello che deve fare un bomber»; unici due rapporti definiti importanti quelli con Elisabetta Canalis e con Melissa Satta, ex veline di Striscia la notizia), ha sposato Costanza Caracciolo (classe 1990, ex velina anch’essa), da cui ha avuto le figlie Stella (2018) e Isabel (2020), «la gioia più grande della vita». «Ci ho messo un po’ di tempo, però va bene. Ho fatto quello che dovevo fare, mi sono divertito» • Da anni si divide tra Miami (Florida, Stati Uniti), dove risiede principalmente, e Milano. «Cosa le hanno lasciato gli anni in Australia? “La libertà di fare quello che uno vuole. So l’inglese meglio dell’italiano, quindi posso girare tutto il mondo, viaggiare”» (Graziano e Tomaselli) • Tra le sue passioni, le automobili di grossa cilindrata (tra cui una Porsche Cayenne che prima gli fu rubata a Milano da un finto parcheggiatore e poi, recuperata dopo anni, gli fu deliberatamente rigata con una chiave dalla Canalis dopo una lite), i tatuaggi, le spiagge di Formentera e il padel • «Lei ha sempre giocato all’attacco? “Sono partito da terzino sinistro, e anche in quella posizione facevo abbastanza gol. Quando s’è fatto male un attaccante ho chiesto al mister di provarmi di punta, e lì sono rimasto”» (Mura) • «Il centravanti più giovane e più antico del nostro calcio, uno che sembra uscito dalla costola di Chinaglia, dal seme di Boninsegna, dal calco di Graziani, dall’ombra di Pulici. […] Un giocatore prezioso perché quasi estinto. Più dei fantasisti, sono scomparsi quelli come Christian Vieri, i camion dell’area, i tori con passo di farfalla» (Crosetti, nel 1997). «La sua grande forza è soprattutto nel fisico mostruoso e nella capacità di sopportare critiche e pressioni. […] Vieri è in grado di dare forza e motivazioni speciali ai compagni persino nei momenti più disperati. Uno come lui è capace di vincere la partita anche all’ultimo minuto, è un cuneo che apre la quercia più vecchia e più solida» (Aldo Serena a Fabio Monti, nel 2002). «Il gigante di cristallo del calcio italiano. […] Una carriera particolarmente ricca di gol, alcuni molto belli e importanti, ma anche di infortuni, arrivati con sistematicità nel suo girovagare da squadra a squadra» (Gianni Piva) • «L’edonismo non era dei calciatori. Loro erano ragazzi di fatica. Anche belli. Anche molto molto ricchi. Ma a un certo punto la tv incontra loro e loro la tv. La sua storia con Elisabetta Canalis […] fu il primo feuilleton calcistico-sentimentale mediatico. E aprì alla letteratura del calciatore con la velina» (Concita Borrelli) • «Una volta i giornalisti le attribuirono una lite con Buffon. Era falso. Lei andò in sala stampa e disse: “Sono più uomo io di tutti voi messi insieme”. Che significa essere uomo, per lei? “Avere sempre il coraggio di dire quello che si pensa, soprattutto di fronte a evidenti ingiustizie e bugie. In queste situazioni, mai nascondersi dietro alla diplomazia”» (Mirenzi). «Che carattere abbia, bisogna chiederlo a Lippi, che […] venne appeso da Bobo Vieri nell’armadietto dello spogliatoio come una gruccia, dopo una sostituzione inspiegabile (Juve-Atalanta). Seguì lite furibonda, poi una pace da uomini, una cosa dura da infilarsi negli occhi e lasciarla lì» (Crosetti) • «È vero che in camera a Sydney aveva i poster di Vialli, Mancini e Baggio? […] “È vero. Tenevo alla Samp e mi piaceva Baggio: quando stavo a Prato andavo sempre in curva Fiesole per veder giocare lui”» (Mura). «Chi è stato il bomber più forte di sempre? “Io metto Messi davanti a Maradona e Ronaldo, il Ronaldo dell’Inter”. […] E, Vieri, dove lo piazza? “Non scherziamo: io con questi fenomeni non avevo niente a che fare”» (Piccardi) • «Io devo quasi tutto a Mondonico, che mi forgiò fra Toro e Atalanta, oltre che a Rampanti, maestro nella Primavera granata» • «Da calciatore, ho vinto tanto. […] Avrei potuto vincere altro, ma il calcio è questo. A volte si vince, a volte si perde». «Avrebbe potuto fare di più senza, diciamo così, la bella vita? “Ho sempre fatto ciò che ritenevo giusto. Sono i giornali che hanno sempre parlato di me come di uno che facesse la bella vita, ma non c’è niente di più falso. […] Non nascondo di essere uscito, ma il lavoro ha sempre avuto la precedenza su tutto il resto”» (Mirenzi) • «Ha rimpianti? “Zero”. Nemmeno per il Mondiale saltato nel 2006? “Era destino. Io posso solo dire grazie al calcio”. […] Un sogno per i prossimi 50 anni? “Stare bene e vedere crescere le mie figlie”» (Graziano e Tomaselli).