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 2024  luglio 18 Giovedì calendario

Biografia di Brian May

Brian May, nato a Londra (Gran Bretagna) il 19 luglio 1947 (77 anni). Chitarrista. Dei Queen.
Titoli di testa «Sono una persona dalle troppe passioni».
Vita Nasce a Twickenham, sobborgo di Londra • Figlio unico di Harold e Ruth Irving Fletcher ─ lei scozzese, entrambi incontrati durante la militanza nella Royal Air Force ─ ha iniziato il lunghissimo percorso didattico alla Cardinal Road Infants School e poi alla Hanworth Road Junior School.• a cinque anni incomincia a suonare il pianoforte poi passa all’ukulele-banjo o banjolele, strumento che il padre gli portò dalla guerra: «Mio padre mi insegnò circa sette accordi con cui suonare l’ukulele. Quando mi regalarono la prima chitarra acustica, io li ho convertiti in accordi per chitarra. In pratica ho inventato gli accordi che usavo». • «Quando avevo circa 11 anni, trovavo dei giocattolini nelle scatole di cereali – è un vero peccato che i bambini oggi non abbiano questo stesso piacere – e nelle confezioni di Weetabix potevi trovare delle piccole carte stereo. Pagai la mia sterlina e 6 centesimi per avere il visore, che mi arrivò per posta. Misi la carta nel visore e all’improvviso… me lo ricordo come se fosse oggi. Mi sono sentito come potessi attraversare la finestra e toccare l’immagine dell’ippopotamo. Ho pensato: “Perché mai la gente insiste a volere fotografie piatte quando può fare delle foto che hanno una vera profondità?”. La magia e la gioia di quel momento rimasero con me per tutta la vita». La passione per le foto stereoscopiche lo porteranno nel 2017 ha inventari un nuovo visore e a pubblicare il libro Queen in 3d • I suoi genitori, Harold e Ruth May, non sono in grado di acquistargli una costosa Fender Stratocaster, così nel 1963, con l’aiuto del padre ingegnere, il sedicenne May incomincia a costruire la sua Red Special con l’utilizzo del legno di un architrave e una parte in legno del camino. Usano bottoni in madreperla trovati in casa, la lama di un coltello, le valvole di una vecchia motocicletta Panther del 1928. Solo le meccaniche e le parti elettroniche vengono acquistate e installate esternamente. La chitarra viene ultimata nel 1965. Il costo finale dello strumento è di 17 Sterline e 43 cent. May la suona ancora oggi • «Durante l’adolescenza andavo nei locali da ballo e non sapevo cosa fare. Avevo paura delle ragazze. Guardando i musicisti sul palco, pensavo: se fossi lassù starei bene, sarei una specie di eroe e non dovrei preoccuparmi di nulla» • Nel 1963 si trasferisce a Londra, dove incomincia a frequentare la facoltà di fisica e astronomia dell’Imperial College London. «Dietro ad alcune delle melodie più belle dei Queen si cela un “Bachelor of Science” in fisica e matematica. Di più, un ricercatore mancato, già alle prese con un dottorato presso l’Imperiale College di Londra sulla rifrazione della luce da parte della polvere interstellare • Nel frattempo suona con Tim Staffell, un bassista e cantante, con i 1984, con cui apre il concerto di Jimi Hendrix all’Imperial College e fonda gli Smile, nei quali suona il giovane batterista Roger Taylor. Tim Staffell presenta a May un compagno di studi. Si chiama Farrokh Bulsara che presto cambierà il suo nome in Freddie Mercury: «Già allora era una star, anche quando non aveva un centesimo in tasca. Ci aveva seguito assiduamente quando suonavamo come Smile e trovava sempre nuovo entusiasmo nel darci suggerimenti prima e dopo dei concerti. In effetti per lui deve essere sembrato naturale farsi avanti quando Tim lasciò la band, ma né io né Roger avremmo mai pensato che lui sapesse cantare» • Freddie, Brian e Roger fondano un nuovo gruppo: i Queen • «Volevamo tutto e sentivamo che potevamo riuscirci. L’incontro con Freddie è stato fondamentale, senza di lui non saremmo mai partiti. I Queen sono stati la mia famiglia. Mi sembra incredibile che sia successo davvero» • Nel 1971 dopo anni di ricerca dell’ultimo componente si aggiunge a loro il bassista John Deacon. Dopo i primi due album Queen e Queen II May, laureato in Fisica abbandona il dottorato • Per la precisione dopo l’uscita del terzo album, Sheer Heart Attack, il cui singolo Killer Queen raggiunse la seconda nelle classifiche inglesi e spalancò al gruppo capitanato da Freddy Mercury le porte di un successo mondiale (si stima che i Queen abbiano venduto a oggi tra i 100 e 150 milioni di dischi, mentre in Inghilterra sono secondi solo ai Beatles in quanto a “culto” popolare). Tra la carriera accademica e quella musicale Brian May sceglie la seconda. Non prima di aver lasciato qualche traccia onorevole di sé, peraltro. Un breve intervento apparso sulla rivista Nature il 15 dicembre 1972, dal titolo MgI emission in the Night Sky Spectrum, porta la firma del chitarrista e di due suoi colleghi. Così come un articolo pubblicato nel 1974 sul Monthly Notes of the Royal Astronomical Society, dal titolo An Investigation of the Motion of Zodiacal Dust Particles (Radial Velocity Measurements on Fraunhofer Line profiles), ancora largamente citato» [Andrea Galli, Avvenire] • L’11 marzo 1974, dopo il sesto show consecutivo dei Queen all’Uris Theatre di New York, Brian May collassa. Aveva contratto l’epatite e rischiava di subire l’amputazione di un braccio. L’origine del grave problema era stato l’utilizzo di un ago infetto nel mese di febbraio, durante le vaccinazioni obbligatorie prima di intraprendere il breve tour in Australia. L’imprevisto impone lo stop del primo tour dei Queen nel Nord America. Durante la convalescenza, Brian viene avvicinato dal gruppo californiano degli Sparks, conosciuti al Marquee tempo prima. Gli chiedono di aggregarsi alla loro band, ma Brian declina l’invito • La svolta arriva nel 1975 con A night at the opera. Sono anni di grandissimo successo, di concerti indimenticabili (qui si legga Live at Wembley), di brani memorabili e che hanno fatto la storia della musica. Non solo con i Queen, ma anche grazie a diversi progetti da solista che lo hanno visto lavorare con alcuni dei migliori artisti in tutto il mondo • Verso metà del 1977 registrano a Londra l’album News Of The World, incidentalmente condividendo il sito di registrazione proprio con i Sex Pistols, paladini del punk. I brani registrati per l’album sono molto più essenziali rispetto a quelli del passato, ma non perdono un solo grammo della potenza trascinante caratteristica della vocazione live della band. Brian contribuisce con la ballata retrò Sleeping On The Sidewalk, la malinconica All Dead (dedicata al suo gatto Squeaky, passato a miglior vita), l’inno da stadio We Will Rock You (nella quale imposta gli echi dello stomp-stomp-clap basandosi sulla sequenza di Fibonacci) e la teatrale It’s Late: «Praticamente si suona mettendo con entrambe le mani sulla tastiera. Ho appreso la tecnica da un ragazzo che diceva di averla presa in prestito da Billy Gibbons dei ZZ Top. Suonava in qualche pub del Texas, facendo questo tipo di cose. Ne ero molto intrigato. Sono tornato a casa e l’ho suonato per un bel po’ e poi l’ho usato in It’s Late. Era una specie di doppio tocco. Sfregavo sulle corde con la mia mano sinistra, colpendole allo stesso tempo con un altro dito della mano destra. Era problematico da fare sul palco; si è rivelato essere un po’ troppo difficile. Si può fare se suoni la chitarra seduto. Se avessi perseverato in questa cosa, forse sarebbe diventato più naturale per me, però non è stata una strada che ho seguito molto a lungo, a mio modo di vedere. È un po’ artificiosa» • Inizialmente non amava la canzone dei Queen Don’t Stop Me Now (1978): «All’inizio il brano non mi aveva preso per niente - ha rivelato May al magazine Guitar Player – e non mi sentivo totalmente a mio agio con quello che Freddy stava cantando in quel momento. Lo trovavo un po’ troppo superficiale, alla luce dei pericoli dell’Aids e roba del genere». Poi però ha cambiato idea: «Con il passare del tempo ho cominciato a rendermi conto che dava alle persone una grande gioia, così mi sono dovuto rassegnare. È una canzone fantastica, nessun dubbio al riguardo. Penso che questo fosse un incredibile talento che aveva Freddie, ovvero far sentire le persone un po’ più vive» [Ascione, Cds] • Nel frattempo arriva dal produttore cinematografico italiano Dino De Laurentiis la proposta di realizzare le musiche per la rivisitazione sul grande schermo della serie Flash Gordon. La band appare scettica, ma infine accetta sotto la garanzia di una totale libertà artistica. Tuttavia, Brian May dichiara poi in un’intervista che: «La vera sfida fu lavorare per un "capo" che non fossimo "noi stessi". C’era il regista [Mike Hodges] presente in ogni momento. L’unico criterio che dovevamo seguire era che il nostro lavoro fornisse un vantaggio al film» • Brian prende molto sul serio il progetto, iniziando a lavorarci insieme al produttore tedesco Reinhold Mack. La produzione dell’intero album è accreditata ai due e ─ per la prima volta ─ non ai Queen. Iniziano a registrare nel gennaio 1980, ma solo in ottobre ─ dopo il tour nord-americano culminato nei tre show consecutivi al Madison Square Garden di New York ─ la band trova sei settimane di tempo utile per ultimare il progetto. I quattro procedono quasi sempre separatamente, usando massicciamente i sintetizzatori come mai in precedenza. John Deacon appare il più entusiasta nei riguardi di questa sperimentazione, anche se è poi Freddie a farne più uso nel lavoro. Alla fine Brian May ha a disposizione tutto il materiale necessario. Non resta altro da fare che integrarlo con le scene del film insieme al compositore inglese Howard Blake. Dal lavoro finito sono isolabili solo due canzoni: Flash’s Theme, la strumentale Football Fight e The Hero (un bel rocker tirato, con sui vengono aperti i concerti dell’Hot Space Tour); la prima e l’ultima sono composizioni di Brian May. Tutte le altre registrazioni sono arie musicali accompagnate dai dialoghi originali dal film; una scelta artistica condivisa dal gruppo. L’album Flash Gordon raggiunge una lusinghiera posizione #10 nella classifica del Regno Unito, dove ottiene lo status di disco d’oro, e la #23 nella Billboard USA. In Italia va più che bene per gli standard dei Queen, con il piazzamento migliore al #15 [Queeniana]• Con i Queen ha partecipato al Festival di Sanremo nel 1984 (memorabile la performance di Freddie Mercury che, in segno di protesta contro il playback, si esibì tenendo il microfono lontano dalla bocca). È tornato sul palco dell’Ariston nel 2012 per duettare - nel corso della terza serata - con Kerry Ellis e Irene Fornaciari • Nel 1991 Freddie Mercury muore: «Quando è morto mi sono sentito perduto, pensavo che non sarei mai più uscito dalla depressione, invece ce l’ho fatta e sono ancora qui, pieno di idee e progetti e non intendo fermarmi» • Nel 1992 il chitarrista dei Queen parla del suo primo album, Back to the light: «è stato un periodo buio, siamo stati circondati dal dolore, dalla morte, abbiamo perso una parte della nostra libertà, e il sentimento di oggi è proprio quello del ritorno alla luce». Perché aspettò fino al 1992 per il suo primo album solista? «Ero completamente immerso nei Queen, ero il primo ad arrivare in studio e l’ultimo ad andare a casa. Ero fiero di essere il “motore” del gruppo, e non avevo tempo di fare altro. Se avevo canzoni personali diventavano materiale per la band o le mettevo da parte. Ci è voluto tanto, perché con i Queen ero soddisfatto, mi piaceva scrivere con e per Freddie, era il veicolo perfetto per certe idee. Ma sapevo che prima o poi avrei voluto fare qualcosa per conto mio» [Ernesto Assante, Rep] • Album ripubblicato nel 2021: «È iniziato tutto in un modo curioso. Ogni tanto uso Instagram e avevo realizzato una piccola clip che volevo pubblicare. Con Instagram potete scegliere la musica da una libreria di brani e quelli di Back to the light non c’erano, solo una canzone, Drive by you. Ho pensato che fosse un peccato, mi sono detto: vado a parlare con la mia casa discografica. Ma mi sono reso conto che non ne avevo una. Allora sono andato alla Universal e con loro abbiamo pensato di ripubblicare i miei album solisti. Ma durante il lockdown, riascoltando il materiale, ho pensato che non mi andava di pubblicare un box con tutto e che avrei preferito affrontare un progetto alla volta, trattare ogni uscita come se fosse un album nuovo. Tanto, il novanta per cento della gente penserà davvero che lo sia, perché non era nemmeno sulle piattaforme streaming...». Non era un periodo facile quello in cui ha concepito l’album, la crisi dei Queen, la malattia di Mercury... «È sempre vero che devi vedere l’oscurità per capire la luce. Ma c’era anche tanto humor, tanta speranza, un nuovo ottimismo e si sente molto ascoltandolo oggi, è quello che lo rende ancora attuale. Mi ricordo quanta fatica ci ho messo per cantare, quanto mi sanguinavano le dita, ed ero orgoglioso di essere sostenuto da quel terremoto di Cozy Powell. La sua è stata un’altra perdita difficilissima da superare. La vita è fatta così, non appena arrivi in cima a una montagna ce n’è un’altra da scalare subito dopo». [Assante, cit.] • Nel dicembre 1993 il chitarrista ritorna in studio con Roger Taylor e John Deacon per Made in heaven, l’ultimo album dei Queen, che contiene le registrazioni finali di Mercury • Nel 1998 a Brian May, che ha conseguito a 60 anni il dottorato in astrofisica (concludendo finalmente gli studi iniziati negli anni Sessanta), la Nasa ha dedicato un asteroide: 52665 Brianmay: «È stata molto dura, lo devo ammettere. Tutti i miei appunti dei vecchi tempi erano scritti a mano, così ho iniziato riscrivendoli sul mio computer portatile. Ho dovuto tagliare i ponti con il mondo intero. Per un anno non ho fatto altro che lavorare a quella tesi». Il risultato è stato A Survey of Radical Velocities in the Zodiacal Dust Cloud • Nel corso degli anni Brian May ha dato vita a numerosi e apprezzati progetti da solista, collaborando con diversi chitarristi come Tony Iommi dei Black Sabbath, Slash dei Guns N’ Roses e con cantanti come Zucchero Fornaciari e Luciano Pavarotti [Ascione, Cds] • Dal 2011 May, insieme a Roger Taylor e al cantante statunitense Adam Lambert, porta avanti il progetto Queen + Adam Lambert. Nel 2019 i Queen + Adam Lambert si sono esibiti alla cerimonia di apertura degli Oscar. Nella scaletta del concerto, oltre ai classici come We Will Rock You e We Are the Champions, ci sono anche un brano di Lambert e uno estratto dal disco solista di May del 1993, Back to the Light. «Siamo tornati elastici come ai vecchi tempi», dice il chitarrista. «Non suoniamo a metronomo o usando delle basi, quindi possiamo cambiare la scaletta come vogliamo. Sappiamo che Adam ce la può fare senza problemi, per questo mi sembra uno dei vecchi tour. Allo stesso tempo, però, è qualcosa di nuovo: suoniamo di fronte ai nipoti del nostro pubblico degli anni Settanta… e anche noi siamo praticamente dei vecchietti. Siamo invecchiati, ma poco» • Nel 2015 collabora alla missione New Horizons per lo studio di Plutone • Nei primi anni 2000 May vuole realizzare un biopic sui Queen. Sasha Baron Cohen che per un periodo si era legato al progetto rivela che uno dei Queen avrebbe voluto far morire Freddie a metà film, per raccontare di come loro erano andati avanti, «Brian May è un gran musicista, non un gran produttore». La risposta di May: «Tutte cavolate. Ignorate questi stupidi piagnucolii». E poi, in un’intervista: «Sacha è uno stronzo. Non sarebbe stato credibile come Freddie». Cohen lascerà il progetto. Nel 2017 a Kory Grow su Rolling Stone ha dischiarato: «La novità su biopic? È che lo faremo sul serio. Ci stiamo lavorando da 12 anni e penso che finalmente riusciremo ad annunciarlo: se lo faremo vorrà dire che Fox avrà finalmente approvato tutto. Si, siamo molto vicini: abbiamo la nostra star (Rami Malek), un attore con una grande presenza e innamorato del progetto. Sta lavorando al personaggio da moltissimo tempo. Il nostro produttore, Graham King, è il miglior indipendente di Hollywood, e ha messo su un grande team. La sceneggiatura, poi… eccezionale. Affrontiamo il progetto come se fossimo dei nonni: ci occuperemo della musica e controlleremo tutto, ma non stiamo facendo il film in prima persona: abbiamo gestito il progetto per 12 anni, vogliamo che sia perfetto per Freddie. Abbiamo solo una possibilità per farlo come si deve» • Bohemian Rhapsody diretto da Bryan Singer è uscito nel 2018 e ha avuto un enorme successo. Sia Brian May che Roger Taylor hanno detto di voler fare un sequel: «Ne abbiamo parlato. Sono stato molto orgoglioso di quel film e di tutti gli attori che ci hanno interpretato sul grande schermo. Sono stati fenomenali. Fare un sequel è una grossa tentazione e ne varrebbe la pena già solo per il fatto che lavorerei di nuovo con quei ragazzi. L’apice di Bohemian Rhapsody era con il Live Aid e, immagino, implicitamente con Freddie che cominciava a dover affrontare l’Aids. Ma tra la fine del film e la fine degli anni gloriosi dei Queen sono successe tante altre cose» • Sta anche per uscire il vostro Monopoli? «Si, e ci abbiamo lavorato un sacco. Volevamo fosse autentico. Lo so che può sembrare una cosa triviale, ma Monopoli è in tutte le case. Penso che sia divertente trasformare un gioco sul commercio in qualcosa di più creativo» [Frow, cit.] • Nel 2020 ha firmato una linea di intimo femminile (reggiseni, ma anche leggings) firmata con il suo marchio «Brian May Guitars» • È stato anche eletto miglior chitarrista di tutti i tempi dall’autorevole rivista inglese Total Guitar. «Sono assolutamente senza parole. Sono senza fiato. Devo dire che è completamente inaspettato. Ovviamente, sono profondamente commosso dal fatto che la gente la pensi così. Immagino che indichi che ciò che ho fatto ha influenzato la gente, e ciò significa molto per me. Non pretenderò mai di essere un grande chitarrista nel senso di essere un virtuoso. Provo a suonare dal profondo del cuore e questo è tutto» [Cds] • Nello stesso anno ha avuto un infarto: «Non ho ancora capito come possa essere successo. Non bevo, non fumo e mi mantengo in forma nuotando e andando in bicicletta. È stata una convalescenza lunga e non è ancora finita» [VirginRadio]. Dopo essersi lasciato tutto alle spalle ha consigliato a tutti i suoi fan sopra i 60 anni di fare dei controlli periodici: «Quel che sembra un cuore sano potrebbe non esserlo» • Animalista – fervido sostenitore dell’Hunting Act che, nel 2004 aveva dichiarato illegale la caccia agli animali selvatici – nel 2019 è diventato vegano • Durante il lockdown ha parlato della sua depressione: «Ci sono delle mattine in cui non ho voglia di alzarmi dal letto. Penso: non sono in grado di risolvere i problemi che mi troverò di fronte» [Daily Telegraph]. • Nel marzo del 2023, a meno di un anno da quando la defunta regina Elisabetta apparve sullo schermo battendo il ritmo di We Will Rock You dei Queen, il chitarrista Brian May, cofondatore della band, ha ricevuto a Buckingham palace il titolo di cavaliere da re Carlo • «Mi diverto così tanto perché non dormo. Dormire è molto difficile».
Amori Dal 1974 al 1988 Brian May è stato sposato con Christine Mullen, da cui ha avuto tre figli: James (1978), Louisa (1981) ed Emily Ruth (1987). In seguito al fallimento del suo matrimonio il chitarrista ha iniziato a frequentare l’attrice Anita Dobson, che lo ha ispirato a scrivere la hit del 1989 I Want It All. I due si sono poi sposati il 18 novembre 2000 • «Alle volte non c’è niente che sia abbastanza ma l’amore è centrale, senza non sarei nulla. Dopo la morte di mio padre e di Freddie, mia moglie Anita allora divenne la mia religione, la mia fede, la connessione senza la quale non avrei potuto vivere» [Assante, Rep].
Titoli di coda «Non siamo pezzi da museo. Siamo ancora vivi».