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 2024  luglio 22 Lunedì calendario

Biografia di Michele Emiliano

Michele Emiliano, nato a Bari il 23 luglio 1959 (65 anni). Politico. Presidente della Regione Puglia (dal giugno 2015). Già sindaco di Bari (2004-2014). Segretario del Pd in Puglia. Magistrato (in aspettativa).
Titoli di testa «Io sono sempre stato l’elefante nella stanza del Pd»
Vita «Io avevo un padre nostalgico del Fascismo. Anzi, diciamo un fascista dai...». Figlio di Francesca Lattarulo (1934-2023) e Giovanni Emiliano (1929-2013), piccolo imprenditore e fondatore di una delle principali aziende baresi specializzate nella logistica e nel design, con un passato da calciatore. «Credo che tutta la vita rimarrò un magistrato, perché a quel lavoro devo tutto e perché provengo da una famiglia nella quale poter dire di avere un figlio magistrato è quasi più importante di poter dire che è sindaco. I miei da una parte erano ferrovieri, dall’altra erano militari. Per noi lo Stato è sempre stato tutto» • Dal 1962 al 1968 vive a Bologna per poi rientrare a Bari • Gioca a pallacanestro e dove da ragazzo si dedica soprattutto alla pallacanestro e si diploma al liceo classico Quinto Orazio Flacco. Laurea in giurisprudenza nel 1983. Inizi da avvocato ma a 26 anni lascia la pratica e supera il concorso in magistratura • In quel periodo di mattina fa l’uditore apprendista magistrato e di pomeriggio lavora come tuttofare dal padre. Si trasferisce quindi ad Agrigento, dove lavora in Procura e incontra Giovanni Falcone e Rosario Livatino. Dal 1990 al 1995 lavora presso la Procura di Brindisi e si occupa di lotta alla mafia. Nel 1995 ritorna a Bari, come sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia: conserva questo incarico fino al 2003, quando accetta di candidarsi a sindaco di Bari per la coalizione di centro-sinistra • Soprannominato lo sceriffo perché su Facebook posta foto di netturbini che si grattano la pancia anziché lavorare ma anche scatti delle macchine dei suoi assessori parcheggiate male • «Il fascino di Emiliano risiede in quella che si potrebbe chiamare la caratterizzazione della schiettezza. Grande grande, tombolotto, con la faccia piena e l’aria simpatica, è un uomo impetuoso, il che s’inquadra nella psicologia meridionale, e possiede un senso istintivo dell’umorismo nonché un curvo senso del potere. Da pubblico ministero di Bari si fece sindaco della città in cui aveva indagato, abile e ammiccante a ogni istinto, ogni umore, ogni elettorato, da D’Alema a Ingroia e De Magistris, fino a Renzi. Sgominò le gang della sacra corona unita nel gigantesco quartiere Japigia, lì dove poi, da candidato sindaco, bussava a tutte le porte per cercare i voti, proprio lì, nel quartiere al limite della legalità. E mise sotto inchiesta la missione Arcobaleno di Massimo D’Alema, ma poi di D’Alema divenne un beniamino politico» [Merlo, Foglio] • Nel marzo 2008 organizzò la Giornata della memoria per le vittime della mafia con don Ciotti e l’associazione Libera • Da sindaco «si prese diciotto deleghe, non essendo esente, diciamo così, da qualche tentazione di protagonismo. Dettata da quello spirito traducibile soltanto nel veneto “fasso tuto mi”» [Gian Antonio Stella, Cds] • «Io sono dell’idea che se gli italiani votano Berlusconi e non noi, la colpa non è degli italiani ma nostra, del Partito Democratico» • Nel 2013 firmò un’ordinanza che vietava di «sostare in strada con atteggiamento di sfida, presidio o vendetta», pena una multa compresa tra i 25 e i 500 euro • Il sondaggio Governance Poll del Sole 24 Ore lo collocò al terzo posto tra i sindaci più amati d’Italia nel 2012 e al secondo nel 2013 • Per qualche tempo renziano, neppure una settimana dopo l’insediamento del Rottamatore a Palazzo Chigi giunse a definirlo «Matteo Bonaparte»: «Renzi, come energia e come voglia di cambiare il paese, ricorda il primo Napoleone, e non mi stupirei se quella che è cominciata la scorsa settimana fosse la prima tappa di un nuovo ventennio. (…) Un sindaco al governo è l’unico modo per far marciare il governo e la forza di un sindaco al governo che non conosce bene la macchina è quella di fottersene della macchina, di fottersene degli ingranaggi e di fare politica anche con un pizzico di incoscienza» [a Claudio Cerasa, Foglio]. Dopo che, però, Emiliano ebbe visto sfumare prima la prospettiva di un ruolo nel nuovo governo e poi, all’ultimo momento, persino il posto di capolista del Pd per il Sud alle Europee 2014 (a vantaggio di Pina Picierno, preferitagli da Renzi in quanto donna), il rapporto tra i due s’è fatto assai più teso, e persino competitivo: «Col bimbaccio di Rignano sull’Arno la guerra per ora è a tweet e schicchere. Dicono che Emiliano si immagini suo successore, tanto da mettergli un dito nell’occhio persino sulla riforma della scuola: “Io non devo niente a nessuno. Ma Renzi lo sostengo con lealtà, è un Napoleone della politica. E io voglio governare la Puglia cinque anni”. Cinque, attenzione. Un mandato, poi vedrà» [Goffredo Buccini, Cds] • «Così come diceva peste e corna di Berlusconi, infiammato da una tensione che lo aveva spinto persino a presentarsi come testimone dell’accusa al processo contro Marcello Dell’Utri, ma da politico seppe invece sorprendere e insidiare carezzevolmente il recinto elettorale della destra, quando nel 2013, di fronte a una piazza in cui avrebbe dovuto parlare il Cavaliere, srotolò un manifestone sulla facciata del comune, con i colori e lo stemma della città: “Caro Silvio, bentornato a Bari”. E così via, fino a marzo del 2015, in clima nazarenico, quando dopo l’assoluzione di Berlusconi in Corte di Cassazione disse che la procura di Milano avrebbe dovuto scusarsi con il Cavaliere» [Merlo, Foglio] • Suggerì al Pd un’organizzazione simile ad al Qaeda: «Orizzontale. Ogni gruppo autonomo e capace di autoespandersi all’infinito. Come una cellula del corpo umano. La gerarchia verticale non serve. I partiti finora si sono organizzati come Cosa nostra» • «Emiliano non molla. Mai. “Poche idee ma lottatore formidabile”, ammettono anche i nemici. Sul gippone ha una scritta: “I politici non sono tutti uguali”. Ringhia: “Vacci in giro a Napoli con uno slogan così e vedi che ti fanno!”. La sua gente la rampogna, la piglia a mazzate, la perdona. Se davanti gli passa un ceffo in moto, gli strilla: “Il cascooo!”. Capita che quello, suo vecchio imputato, si giri e lo riconosca, “scusate, dotto’”. Michele lo guarda come plancton, un sorriso e si pappa pure lui» [ibidem] • Nel febbraio 2014 viene eletto segretario regionale del Partito Democratico pugliese. Dopo aver vinto le primarie del Partito Democratico in Puglia, vince anche le elezioni regionali del 31 maggio 2015, con il sostegno del PD, del Partito Comunista d’Italia, dei Popolari per l’Italia e delle liste civiche Emiliano Sindaco di Puglia (Sc - Idv - Partito del Sud), Noi a Sinistra per la Puglia (Sel - La Puglia in Più), Popolari (Udc - Cd - Realtà Italia), La Puglia con Emiliano (Iniziativa Democratica per la Puglia) e Pensionati e Invalidi Giovani Insieme riuscendo ad essere eletto alla presidenza della Regione Puglia con il 47 per cento dei voti. • Eletto governatore della Puglia nel 2015: «Se il primo atto di Michele Emiliano come governatore della Puglia è nominare la sua compagna come addetto stampa. Elena Laterza, giornalista professionista dal 2009, è la sua portavoce da undici anni. Il legame è prima professionale che affettivo: la relazione sentimentale arriva dopo (lui è separato, ha avuto tre figli dalla ex moglie). Ma ora che è presidente della regione, come sottolineano i grillini, il suo ruolo sembra “inopportuno”» [Renato Benedetto, Cds] • «Inizialmente tra Michele Emiliano e Matteo Renzi scorreva buon sangue. Dopo la nomina del 2015 da Presidente della Regione Puglia, inizierà a criticare pubblicamente il suo leader di partito, attuando anche politiche regionali contro. La rottura definitiva tra i due si raggiungerà in corrispondenza del referendum sulle concessioni per l’estrazione di idrocarburi in zone di mare promosso, sostenuto da Emiliano e osteggiato da Renzi. Durante la campagna Emiliano ha più volte accusato il Governo di aver introdotto la norma in questione unicamente come favore alle aziende petrolifere e Renzi ha invece accusato il governatore di aver promosso il referendum solo a fini personali. Emiliano entra nuovamente in contrasto con Renzi negli ultimi giorni del suo governo per il mancato stanziamento nella legge di bilancio di circa 50 milioni di euro destinati alla sanità tarantina per far fronte all’aumento di patologie dovuto all’inquinamento ambientale derivante dagli impianti dell’Ilva» [Merlo, Foglio] • Appena eletto governatore della Puglia, «ha tentato subito di aprire al Movimento Cinque Stelle: “A loro l’assessorato all’ambiente”. E ha aggiunto: “Siamo certi che la politica italiana, lo dico dalle ultime elezioni politiche, possa prendere un indirizzo diverso se il Pd e il M5S si rendono conto fino in fondo del potenziale di cambiamento che in essi è contenuto”. Ma dalla candidata grillina sconfitta da Emiliano, Antonella Laricchia, è arrivato un secco rifiuto» [Rep] • «Emiliano mette le pezze, manda baci ed è prudente, non appena esce dal Palazzo invece si trasforma in un televenditore. E allora si fa venire in mente quindici sparate pubbliche e diciotto trovate a effetto per i giornali e le televisioni, locali e nazionali, che ovviamente stravedono per questo serbatoio ambulante di paradossi, trapezista provetto capace di volteggiare nello stesso tempo sulle parallele dello sviluppo meridionale e della guerra allo sviluppo meridionale, dal canottaggio della lotta alla clientela al motocross del reddito di cittadinanza (con quali fondi?), dalla maratona contro gli sprechi al tiro al piattello d’un referendum sulle trivelle che tuttavia costerà 300 milioni d’euro (e non serve a niente), fino al salto in lungo da Renzi a Grillo, e viceversa, a seconda di come conviene. Pare che in Puglia – genio – lui abbia così assorbito e neutralizzato i cinque stelle, con i suoi discorsi dal tono tra il pugnace e il furbesco, un po’ Chávez e un po’ Totò. D’altra parte non parla ma spumeggia, trabocca, e va a Piazza Pulita come Carlo Conti va a Sanremo, o si fa intervistare dal Fatto, giornale che un giorno sì e l’altro pure gli recita un panegirico così esagerato che sembra quasi un’epigrafe in memoria. E insomma Emiliano è sempre lì dove è più facile fare populismo da rotocalco: l’Ilva e il Gasdotto che non s’ha da fare, gli untori della Xylella e il petrolio cattivo, fino alla proposta di un assegno regionale da staccarsi a tutti i professori pugliesi assunti dal governo e costretti a trasferirsi al nord per guadagnare il pane. E i soldi? “Mo’ vediamo” [Merlo, Foglio] • Il 16 ottobre 2019 viene resa nota la sua iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura di Foggia. Al governatore pugliese viene contestato il fatto di aver ricevuto pressioni da un consigliere regionale per una nomina riguardante una Asp (Azienda per i Servizi alla Persona). Con lui è indagato anche Salvatore Ruggeri, assessore regionale al Welfare. Il procedimento è stato poi archiviato nei confronti di Emiliano e Ruggieri perché il fatto non sussiste su richiesta della stessa procura di Foggia che l’aveva accusato • Nel 2020 è stato ricandidato dal centrosinistra alla presidenza della sua regione. Rieletto con il 70 per cento dei voti. Dal 2021 è Vicepresidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome • Caos lo scorso maggio per la vicenda del voto di scambio in Puglia. Michele Emiliano, la accusano di aver messo nei guai Antonio Decaro, il sindaco chiamato a difendersi non solo dagli attacchi del centrodestra, ma anche dai ricordi del suo mentore politico. «I miei ricordi sono puntuali, esatti. Antonio, allora mio assessore, stava per impiantare le telecamere e chiudere al traffico i vicoli di Bari Vecchia. Per chi era dedito al contrabbando e allo spaccio, al furto e all’estorsione le telecamere avevano il senso di una pugnalata mortale, un atto ostile, definitivo». Ma un sindaco dell’antimafia non va dal mafioso a dirgli: ti affido il mio assessore. Altrimenti trasforma i Capriati da gangster in tutor civici.
«Possiamo discutere intorno all’appropriatezza del verbo, ma non posso concedere legittimità alla violenta mistificazione che si sta facendo di quell’incontro. Io vado lì perché conosco anche il colore degli occhi di quella gente in ragione del fatto che fino a qualche mese prima il sottoscritto li faceva arrestare, mica li conduceva a teatro. E vado lì perché una città si amministra anche con azioni di moral suasion. Ho teorizzato la costruzione di una rete antimafia sociale convinto come sono che il codice penale da solo non basta a piegarla». Però affida il sindaco alla sorella del boss. «Dico alla sorella del boss di capire e far capire che le misure che stava attuando l’assessore erano anzitutto provvedimenti a tutela della pubblica incolumità. E lì c’erano figli piccoli. Come sindaco mi facevo carico delle azioni del mio assessore e della responsabilità politica di coinvolgere chi è ai margini, farlo venire dentro al circuito civile».
Chi vive ad Aosta ha capito che anche il Pd s’imbuca con i mafiosi, viene a patti con loro. «Io stavo parlando a Bari e infatti la città non crede a una parola di quel che dice la destra. E l’episodio, per la verità, due anni fa l’ho rievocato in un bel dibattito fatto a Telenorba con i maggiorenti del centrodestra. Né D’Attis né Gemmato, né Sisto in quell’occasione dissero alcunché, perché conoscevano il contesto».
Amori Sposato con Elena, avvocato. Tre figli (Giovanni, Francesca, Pietro). Nel 2004 conosce Elena Laterza, giornalista: «Non cambio il miglior addetto stampa che abbia mai avuto e che lavora per me da undici anni solo perché ci siamo innamorati. Non sarebbe giusto», disse nel 2015 quando, appena eletto governatore, la nominò sua portavoce.
Titoli di coda «La classe dirigente è meno avveduta di quanto sia la gente comune».