Corriere della Sera, 21 agosto 2024
Intervista Alfredo Meza. Parla di Maduro e del suo Venezuela
Studio il narcotraffico in Venezuela da molti anni e questo mi ha permesso di conoscere diversi giornalisti che stanno rischiando la vita per raccontare il regime di Maduro e il potere della criminalità organizzata. Alfredo Meza è uno dei reporter venezuelani più noti al mondo. Vive in esilio, scappato dal suo Paese dopo che sulla piattaforma giornalistica Armando.Info era riuscito a dimostrare l’implicazione di Alex Saab, imprenditore colombiano vicino a Maduro, in una vasta operazione di riciclaggio e corruzione realizzata speculando sulle pelle della popolazione venezuelana. Meza mi risponde dall’esilio e parto da una constatazione amara: perché per molti studenti e militanti di sinistra che si battono per una società libera e per il rispetto dei diritti una narco-dittatura come quella di Maduro, che perseguita le opposizioni, diventa un modello da difendere? Come si può criticare il capitalismo liberale perché è una società ingiusta e poi solidarizzare con un modello assai peggiore? «Beh sai, con Maduro simpatizza quella che Teodoro Petkoff chiama la “sinistra borbonica”, che “non impara né dimentica”. Questa sinistra ha dato per scontato che la retorica anti-statunitense, prima di Chávez e poi di Maduro, unita alla strategia di espropriazione, soprattutto tra il 2007 e il 2012, abbia fatto entrare il chavismo nel club dei grandi movimenti di sinistra, e ha mostrato scarso interesse a studiarne la deriva».
Non credi quindi che il regime bolivarista di Chávez e poi di Maduro sia ascrivibile alla tradizione dei Paesi comunisti?
«Tutt’altro. Il chavismo è un movimento fascista, guidato da leader carismatici e manipolatori che impongono le loro politiche con la violenza, attraverso la gestione discrezionale delle immense risorse del tesoro pubblico venezuelano per mantenere una clientela politica attraverso la distribuzione diretta di denaro. Quando questo non bastava, hanno utilizzato il controllo istituzionale e la costruzione di una sofisticata architettura elettorale per mantenere le aree di potere più importanti».
Davvero basta dire che l’opposizione è pagata dalla Cia per liquidare qualsiasi critica?
«Il chavismo, e quindi anche Maduro, hanno etichettato i loro oppositori come traditori e fatto approvare una serie di leggi che impedivano il finanziamento pubblico dei partiti politici. La costruzione di uno Stato-partito ha lasciato l’opposizione in netto svantaggio».
C’è in Venezuela una stampa indipendente?
«Oggi sopravvive un piccolo ma resistente ecosistema di media digitali, con molte difficoltà non solo a lavorare, ma anche a farsi conoscere dal grande pubblico. Così il chavismo ha costruito quella che uno dei ministri di Chávez definì “l’egemonia comunicativa”».
Però questa egemonia non è riuscita questa volta a Maduro, il suo mentire sul risultato elettorale senza prove non ha convinto.
«La gente è scesa in massa nelle strade proprio perché ritiene che il governo abbia ignorato la volontà popolare nelle elezioni del 28 luglio. La grande tragedia per Maduro è che l’opposizione è stata molto efficace nel dimostrare la teoria dei brogli, che si è consolidata nella misura in cui si rifiuta di mostrare i risultati dettagliati per urna e seggio elettorale. I suoi stessi alleati di sinistra – Lula, Petro – non hanno riconosciuto la sua vittoria. Le informazioni alla popolazione sono arrivate proprio dal giornalismo in esilio, che non ha smesso il suo lavoro di indagine».
Tra il 2004 e il 2022 sono state ammazzate decine di giornalisti: molti erano oppositori. In Venezuela occuparsi di narcotraffico è molto pericoloso. Tu hai scritto un libro, «Ciudadano Wilmito», che è la storia di Wilmer J. Brizuela, un boss leader delle carceri e una sorta di ministro della giustizia in pectore del regime. Pubblicato da Editorial Dahbar, casa editrice venezuelana coraggiosa, racconta dei rapporti tra governo e narcos. Che prove abbiamo?
«Nel processo del 2016 che si è svolto a New York contro i nipoti di Maduro (Efraín e Francisco Flores, condannati a 18 anni per traffico di droga) è stata documentata la stretta relazione tra l’entourage del presidente Maduro e il narcotraffico. C’è anche un’accusa importante contro di lui come parte di una strategia per “inondare” gli Usa di cocaina: naturalmente, ha incolpato gli Stati Uniti di aver inventato tutto, ma dinanzi a prove su prove è difficile difendersi. Ormai i rapporti di Maduro con i narcos sono oggettivi».
Ma la magistratura?
«È impossibile che una sentenza della Corte Suprema venezuelana vada contro gli interessi del governo. La magistratura è completamente condizionata dal governo».
Eppure, tutti sembrano considerare gli Usa responsabili della miseria del Paese...
«Il chavismo ha sprecato la più grande abbondanza petrolifera della storia in investimenti sbagliati e cattiva gestione. Ha imposto controlli sui cambi per prevenire presumibilmente la fuga di capitali, che alla lunga si sono trasformati in un meccanismo di ritorsione politica; ha vessato il settore privato, sottoponendolo a controlli sui prezzi e all’esproprio di beni che considerava di interesse nazionale, un concetto vago che andava da ciò che poteva essere considerato come tale a un volgare tributo da pagare per il risentimento sociale».
Come può fallire uno Stato che ha le maggiori riserve petrolifere del mondo?
«Chávez ha gettato le basi del caos non sfruttando le immense entrate petrolifere del primo decennio degli anni 2000 per diversificare l’economia. Decise, invece, di finanziare ogni sorta di progetto faraonico che finì per diventare profondo nido di corruzione e poi, quando si dichiarò socialista, decise di vessare il settore privato. Gli obblighi dello Stato sono cresciuti a tal punto che sono implosi molti anni dopo; le spese colossali per ottenere la rielezione nel 2012 hanno peggiorato tutto».
Dopo le elezioni del 28 luglio la gente è scesa in massa nelle strade perché ritiene che il governo abbia ignorato la volontà popolare
I risultati per urna e seggio? Mai mostrati
Maduro ha continuato questa politica?
«Avrebbe potuto correggere la rotta tagliando la spesa pubblica, generando fiducia tra gli investitori, ma ha preferito continuare con la visione del mondo del suo predecessore e avviare un’epurazione all’interno del suo stesso movimento. Le sanzioni prima e la pandemia poi hanno dato il colpo di grazia al Paese».
Il potere Maduro lo deve tutto a Chávez, che tu consideri un caudillo fascista. Un fascista rosso?
«Chávez è salito alla ribalta nel 1992 dopo aver comandato un colpo di Stato contro Carlos Andrés Pérez. Ha trascorso due anni in prigione poi è stato graziato nel 1994 e ha iniziato la sua vita politica. Nel 1998 è diventato un fenomeno popolare, sfruttando il discredito della democrazia dei partiti e il senso di stanchezza della popolazione nei confronti dei governi di centrosinistra e centrodestra che si erano spartiti il potere dal ’58. Ha promesso di distruggere tutto e costruire un paradiso eterno dove le diseguaglianze sarebbero scomparse. Ancora il substrato fascista: il caudillo provvidenziale che ci avrebbe portato tutti verso un destino da sogno finché lui, uomo della provvidenza, fosse stato al timone della nave».
Chávez convinse milioni di venezuelani vincendo le elezioni nel 1998. Anche Maduro?
«Nei suoi discorsi elettorali Chávez ha promesso un cambiamento radicale che ha entusiasmato i venezuelani. Maduro è salito al potere esclusivamente perché Chavez stesso ha chiesto di votare per lui nel caso in cui non fosse sopravvissuto alle cure contro il cancro. La macchina del regime ha imposto Maduro».
Prima della rivoluzione o, come lo descrivi tu, del colpo di mano di Chávez, non è che il Venezuela fosse un Paese privo di miseria, favelas violente, crimine e politica corrotta.
«Vero, il Venezuela era una democrazia corrotta (ma non come ai livelli attuali) basata su una società diseguale e violenta (non in miseria come oggi), ma era perfettibile, c’erano un’economia viva e una democrazia che permettevano alla società civile di esistere, partecipare, denunciare i crimini».
Potrà nascere una democrazia in Venezuela? Maduro riuscirà a reggere?
«È una domanda alla quale non esiste una risposta univoca. Maduro e il suo gruppo si sentono sicuri forse solo perché sanno che le richieste di lasciare il potere hanno una data di scadenza. C’è però il caso di Pinochet, per esempio, e quello di Miloševic. È francamente un enigma a cui non so dare una risposta. E ora mi sembra che il Venezuela stia andando più nella direzione del Nicaragua».
Quando è stato il momento in cui voi di Armando.Info avete rischiato di più?
«Siamo stati sottoposti a un brutale accanimento con la minaccia di farci finire in carcere solo perché il sito ha rivelato che Saab era il prestanome che gestiva i soldi di Maduro. Aveva orchestrato l’importazione di alimenti di bassa qualità e scaduti destinati a pacchi alimentari sovvenzionati dal governo venezuelano per i più poveri, riciclando così milioni di dollari. Lui e i suoi soci hanno gonfiato i prezzi e guadagnato cifre enormi, aggravando la crisi alimentare. Avevamo solo due possibilità...».
Quali?
«O restare e subire la persecuzione giudiziaria e mediatica, o andare via».Tu cos’ hai scelto?«L’esilio, per continuare a vivere, scrivere e per far arrivare queste storie il più lontano possibile».