Corriere della Sera, 21 agosto 2024
Gaza, doccia fredda sulla tregua. Recuperati i corpi di sei rapiti
GERUSALEMME Antony Blinken ha un bel fare buon viso a cattivo gioco nella speranza che le parole di ottimismo aiutino a superare gli ostacoli sul calvario negoziale, che dovrebbe condurre al rilascio degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas (vivi o morti) in cambio della fine della guerra a Gaza. A meno di 24 ore dalla sua tappa gerosolimitana di domenica, il segretario di Stato americano ieri al Cairo ha potuto verificare che Israele e Hamas restano più distanti che mai e le questioni chiave delle trattative sono bloccate. Qui ha visto il presidente Al Sisi, che continua a proporsi come mediatore e coopera al blocco del Sinai per impedire che Hamas possa rifornirsi di nuove armi. «Con Egitto e Qatar lavoriamo per evitare l’escalation del conflitto», ha detto il segretario di Stato.
Oggi continuerà a trattare con gli emissari qatarioti a Doha, dove era arrivato già ieri in serata. Hamas intanto condanna la nuova sintonia emersa domenica tra Gerusalemme e Washington, ripete che sono stati unilateralmente cambiati i termini delle intese raggiunte in precedenza. «C’è stata una marcia indietro rispetto ai dialoghi degli ultimi mesi», ribadisce in un comunicato. I maggiori commentatori israeliani si dimostrano estremamente scettici.
Per comprendere le difficoltà ancora aperte sul tavolo è sufficiente guardare alle cronache delle ultime ore. Ieri mattina i soldati israeliani hanno recuperato dai tunnel di Khan Younis, una delle zone più bollenti della battaglia nella Striscia, i corpi di sei ostaggi, poi consegnati alle famiglie. Sono uomini per lo più anziani, ex professionisti, alcuni leader dei kibbutz dove risiedevano, parte integrante della storia del Paese. I loro sono volti noti, li si vede nelle fotografie esposte nei memoriali grandi e piccoli che costellano l’intero Israele per «non dimenticare» le loro sofferenze. Incontrando alcune delle famiglie degli ostaggi che da mesi contestano la politica del governo chiedendo si facciano più sforzi per la loro liberazione, lo stesso premier ha ammesso candidamente di non essere affatto certo che si possa concretamente raggiungere un’intesa con Hamas, senza mettere – con le sue parole – «a repentaglio la sicurezza dello Stato».
Boschi in fiamme
Hezbollah ha sparato ieri almeno 55 razzi verso l’alta Galilea provocando incendi
Ma alcuni tra i leader delle comunità ferite dalla violenza del 7 ottobre continuano a condannare e adesso progettano di boicottare le cerimonie commemorative che il governo sta preparando in vista dell’anniversario del primo anno del massacro perpetrato da Hamas. Netanyahu comunque non pare colpito più di tanto. A suo dire: «Il nostro obbiettivo principale è preservare la nostra sicurezza strategica di fronte alle minacce che ci ritroviamo nel nostro territorio e dall’estero». Sembra che Blinken abbia infatti accettato la condizione imposta da Israele negli ultimi mesi di mantenere i propri militari sul corridoio lungo oltre 12 chilometri che separa Gaza meridionale dal Sinai egiziano. Oltre a ciò, Netanyahu adesso impone di regolare i passaggi tra Gaza Sud e Nord lungo il corridoio di Netzarim. Hamas si trova a dovere fare i conti con un accordo che contempla la presenza militare israeliana dentro Gaza a tempo indeterminato. Sembra che anche gli egiziani non concordino e ciò complica ulteriormente le cose.
Intanto, a Gaza continuano senza sosta i bombardamenti israeliani, che causano vittime tra la popolazione palestinese. Ieri i missili hanno colpito la scuola Mustafa Hafez nel campo profughi di Deir el Balah, dove sembra fossero rifugiati 700 civili. Il ministero della Sanità locale, controllato da Hamas, riporta almeno 10 morti. I portavoce militari israeliani replicano che la scuola viene utilizzata da una colonna armata di Hamas. Bombe sono cadute anche sul vicino campo profughi di El-Burej. Il reporter locale della Ap segnala che i cadaveri di una giovane madre e dei suoi 5 bambini sono poi stati ricomposti nell’ospedale locale dei Martiri di Al-Aqsa. Pare che il padre dei bambini, Alaa Abu Zeid, si trovi in un carcere israeliano da circa 9 mesi.
La nuova sintonia tra Usa e Israele riporta all’attenzione il rischio di attacchi di disturbo ispirati dall’Iran. La milizia sciita libanese filoiraniana dell’Hezbollah ha sparato ieri almeno 55 razzi verso l’alta Galilea, senza causare vittime, ma provocando nuovi incendi tra la fitta vegetazione lungo il confine.